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Estratto del documento

La scrittura è una grande conquista evolutiva e le sue prime forme si presentano 8mila anni prima di cristo

e raggiunsero un certo livello di complessità intorno a 4mila anni prima di cristo. Queste prime scritture

venivano usate principalmente nell’ambito burocratico e amministrativo = strumento contabile (es. per

ricordare informazioni quando si andavano a riscuotere le tasse) ma anche nell’ambito della religione

(divinazione).

Queste origini storiche ci dicono che la scrittura non è stata inventata per scrivere.

La prima ragione è logica = la scrittura non può essere stata inventata per scrivere, perché altrimenti

qualcuno avrebbe già saputo scrivere prima ancora della sua invenzione.

La seconda ragione è storica = è stata inventata come supporto ipomnematico (alla memoria) -> segni che

ci riportano a qualcos’altro.

La scrittura inizia a diventare un medium di comunicazione quando i simboli che si usano per scrivere

raggiungono una certa massa critica – possono essere usati per scrivere su qualsiasi cosa e la scrittura può

essere utilizzata per cambiare la scrittura.

Una delle astuzie della scrittura è che si rende il medium più astratto = più selezione per produrre più

complessità. Più i medium sono omogenei, più sono alte le possibilità di combinazione (alfabeto; pochi

elementi che hanno la stessa importanza).

Questo permettere di rendere il testo indipendente da chi la usa facendola diventare un medium di

comunicazione, a differenza delle prime forme di scrittura dove i segni avevano significato solo per chi li

aveva prodotti.

A differenza del linguaggio, che utilizza un medium acustico, la scrittura lavora con un medium ottico (i

suoni vengono simbolizzati da combinazioni di lettere). Dall’altro lato, troviamo sempre il senso = non

presto attenzione alle lettere, ma al senso di quello che leggo.

Le conseguenze della scrittura sulla società

-maggiore differenziazione del sistema sociale rispetto all’ambiente: i confini della società sono più chiari

(es. gli dèi non possono lasciare testi scritti; chi scrive lo fa nella società e per la società).

-cambia il modo di comunicare: aumenta la complessità della comunicazione

-permette di comunicare in modo asociale (es. leggere un libro nella solitudine, non voglio essere

disturbato): chi scrive e chi legge si isola quindi, la comunicazione che passa per un testo scritto, lo fa a

prescindere dal contatto con i pattern comunicativi, a prescindere dall’interazione. Questa caratteristica è

una profonda devianza rispetto alla comunicazione verbale: in quest’ultima, chi non parla si fa notare ma

nel caso della scrittura vengono spazzati via tutti i criteri presenti nella comunicazione orale.

-la scrittura elimina la necessità di aspettare il proprio turno: quando si parla si evita che tutti stiano zitti ma

anche che tutti parlino contemporaneamente -> la scrittura può essere letta quando si vuole, può iniziare o

essere interrotta a piacere.

-sul piano temporale, illusione delle contemporaneità di ciò che non è contemporaneo (Luman): intende la

situazione che si produce quando si legge un testo -> il futuro dell’autore coincide con il passato del lettore.

Scrittore e lettore non sono contemporanei.

-A differenza della comunicazione orale, chi scrive può interrompersi e rivedere ciò che ha scritto = ha un

controllo pieno sul proprio testo; chi parla, invece, non può avere questo controllo perché è difficile

ricordare parola per parola -> chi scrive può prendersi tempo o interrompere la lettura, chi parla invece è

soggetto alla pressione del tempo. Gli effetti che questo ha sulla comunicazione sono piuttosto importanti

perché lo scrittore è costretto a fare astrazione: deve astrarre dal contesto concreto in cui si trova (es. non

può fare uso di indicatori o indici – “guardate quello che ho scritto alla lavagna”) perché scrittore e lettore

non si trovano nello stesso contesto spazio temporale. A questo livello di astrazione si deve parlare

dell’essenza delle cose, nasce quindi la possibilità di usare ragionamenti molto più astratti rispetto a quelli

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presenti nelle culture orali (questo accade perché i media della comunicazione ristrutturano e cambiano il

nostro pensiero -> accoppiamento strutturale tra coscienza e comunicazione).

La stampa

Inventata in Germania a metà del 1400 da Gutenberg.

La stampa comincia a produrre un bene di consumo che prima non lo era: il libro.

L’avvento della stampa venne definito come una vera e propria rivoluzione mediatica (in termini di

tecnologie comunicative), come lo è stato l’avvento dei media digitali.

Inizialmente, la stampa venne definita come un’arte di scrivere in modo artificiale – questo perché i

contemporanei erano abituati alla scrittura a mano e gli amanuensi copiavano e arricchivano i libri e,

considerati come opere d’arte, non venivano fatte molte copie.

La stampa solleva dalla fatica della scrittura manuale e permette la riproduzione meccanica di prodotti

altamente standardizzati. In Europa, la stampa si collega subito al mercato.

Inizialmente, vengono stampati testi che si pensa la gente voglia comprare (testi classici) ma, a causa della

grande diffusione di questi testi, nel lettore nasce il desiderio di leggere qualcosa di nuovo. Nella società

moderna nasce quindi l’idea che il nuovo è più importante del noto, a differenza del Medioevo -> i libri

vengono prodotti solo se per il lettore sono interessanti = il libro deve essere sorprendente, qualcosa di

nuovo con un valore di informazione. Questo concetto cambia l’orientamento temporale del lettore: la

lettura medievale era caratterizzata da un’oppressione verso il passato (memorizzare il sapere, il testo era

un supporto ipomnematico); con la diffusione dei testi stampati, questi iniziavano a essere considerati

come degli archivi esterni, attrezzati per ritrovare facilmente ciò che è stato archiviato (cambia il rapporto

lettore-testo; il lettore è proteso verso il futuro = vuole leggere qualcosa di nuovo). Ciò veniva fatto

attraverso gli indici ed è la stessa cosa che accade oggi con i motori di ricerca.

La stampa, quindi, incoraggia il desiderio di accrescimento e miglioramento continuo del sapere.

Quando si pongono dei limiti al medium (stampa) possono essere solamente posti al di dentro = la stampa

limita sé stessa, si stampa solo quello che si può vendere.

Attraverso la censura, si è tentato di porre dei limiti alla stampa dal di fuori in particolare da parte della

Chiesa, che aveva paura di perdere il controllo sulla comunicazione (indice dei libri proibiti) -> chi usa media

della diffusione perde il controllo su ciò che mette in circolazione.

Inizialmente la Religione risponde positivamente alla stampa, che vedeva una possibilità di evangelizzazione

del mondo ma con l’arrivo di Lutero si rende conto che potevano essere stampate anche le eresie -> i

media sono indifferenti al proprio contenuto, non sono stati inventati per scrivere solo su un determinato

tema ma su qualsiasi cosa.

Poco alla volta, attraverso alla stampa si comincia a pensare che la comunicazione possa circolare a

prescindere dalle persone = diventa più chiara la differenza tra l’interazione faccia a faccia e la società. Con

la comunicazione orale è più difficile distinguere coscienza e comunicazione ma, se si può leggere un libro

nella solitudine e nell’isolamento, si inizia a pensare che la comunicazione non dipende dalle persone,

perché per leggere un libro non si deve interagire con l’autore.

Nel momento in cui società e interazione si differenziano, la comunicazione stampata comincia a riferirsi

unicamente a se stessa: i libri creano un universo autoreferenziale di comunicazione (nel momento in cui

l’autore inserisce un pensiero nel libro, questo può essere ripreso all’interno di un altro libro).

Radio e televisione introducono alcune novità: comunicazione asimmetrica tra programma e spettatore e

immagini in movimento. Ciò che diventa rilevante per lo spettatore è il contenuto, che deve essere

informativo.

I media digitali e intelligenza artificiale

Si comincia a parlare di intelligenza artificiale con un articolo di Alan Turing del 1950, “Macchine calcolatrici

e intelligenza”.

Turing parla del gioco dell’imitazione: suppone che ci sia una persona seduta una stanza (interrogatore) che

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ha soltanto un computer sul quale scrive le domande. Ci sono poi altre due stanze, stanza A e stanza B, in

una c’è una donna e nell’altra un uomo. L’interrogatore deve interagire attraverso il computer con l’uomo e

la donna nelle altre stanze (la comunicazione è mediata dal computer). La donna deve convincere

l’interrogatore di essere una donna, mentre l’uomo deve ingannare l’interrogatore sabotando il gioco.

Il gioco comincia quando, al posto dell’uomo, si mette una macchina capace di comunicare (ad oggi sarebbe

una chatbot, un’intelligenza artificiale). La macchina, quindi, deve ingannare l’interrogatore convincendolo

sia di essere un umano, sia di essere una donna.

Turing dice che la macchina supera il test se l’interrogatore commette tanti errori quanti ne farebbe se

dall’altra parte ci fosse davvero un essere umano.

La parola intelligenza appare nel titolo, ma nell’articolo Turing non dà mai una definizione di intelligenza.

Turing parte da una domanda: possono le macchine pensare?

Successivamente, non definisce il pensiero e l’impressione finale dopo la lettura dell’articolo è che la vera

domanda alla base di tutto sia: le macchine possono comunicare?

Ad oggi, si può affermare che i computer hanno raggiunto questa capacità. Inoltre, sapere che dall’altra

parte c’è una macchina è del tutto indifferente per l’utente, che si interessa solamente alla comunicazione

che sta avendo.

Si è iniziato a parlare quindi di comunicazione artificiale; il problema non è se le macchine siano intelligenti

ma se siano in grado di comunicare con noi.

Critiche all’articolo di Turing

-le macchine possono anche simulare una comunicazione abbastanza attendibile ma non sanno di farlo (le

macchine non hanno coscienza). La risposta di Turing è che anche la consapevolezza dell’interlocutore

umano sfugge perché non si può controllare o conoscere la consapevolezza dell’altro, ma solamente

presurre.

-le macchine sono comunque macchine; quindi, non comprendono il senso di quello che stanno facendo (le

macchine non possono elaborare senso). Esistono solo due sistemi che possono elaborare

Dettagli
A.A. 2023-2024
42 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher saraagalaverni di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Cevolini Alberto.