Anteprima
Vedrai una selezione di 14 pagine su 63
Sociologia generale  - Appunti Pag. 1 Sociologia generale  - Appunti Pag. 2
Anteprima di 14 pagg. su 63.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sociologia generale  - Appunti Pag. 6
Anteprima di 14 pagg. su 63.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sociologia generale  - Appunti Pag. 11
Anteprima di 14 pagg. su 63.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sociologia generale  - Appunti Pag. 16
Anteprima di 14 pagg. su 63.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sociologia generale  - Appunti Pag. 21
Anteprima di 14 pagg. su 63.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sociologia generale  - Appunti Pag. 26
Anteprima di 14 pagg. su 63.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sociologia generale  - Appunti Pag. 31
Anteprima di 14 pagg. su 63.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sociologia generale  - Appunti Pag. 36
Anteprima di 14 pagg. su 63.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sociologia generale  - Appunti Pag. 41
Anteprima di 14 pagg. su 63.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sociologia generale  - Appunti Pag. 46
Anteprima di 14 pagg. su 63.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sociologia generale  - Appunti Pag. 51
Anteprima di 14 pagg. su 63.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sociologia generale  - Appunti Pag. 56
Anteprima di 14 pagg. su 63.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Sociologia generale  - Appunti Pag. 61
1 su 63
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

IL MISTERO DELLA SOCIOLOGIA

1937: Talcott Parsons pubblica “la struttura dell'azione sociale, nella quale

sostiene che Weber e Durkheim pur proponendo letture antitetiche dei

fenomeni sociologici mettono in campo due teorie non troppo dissimili tra

di loro, due teorie che finiscono per completarsi.

Nello stesso tempo Josè Ortega elabora una propria teoria partendo

dall'assunto che le due teorie di Weber e di Durkheim sono essenzialmente

inconciliabili, e soprattutto che la definizione di Weber di azione sociale

fosse inadeguata. Infatti la teoria di Weber presuppone che solo l'azione

interindividuale dell'individuo costituisce azione sociale. Una definizione

del genere eliminerebbe qualsiasi distinzione tra sociologia e psicologia,

ma Weber si cura di affermare l'indipendenza della prima dalla seconda,

identificando l'azione sociale come razionale rispetto a uno scopo o a un

valore creando il concetto di “razionalità normale oggettiva”, il primo tipo

di azione viene regolato da una razionalità strumentale, il secondo da una

materiale. A questo punto nasce la domanda che chiede da dove vengano

questi imperativi che inducono l'attore a comportarsi in un dato modo. La

risposta che Weber da è antitetica a quella di Durkheim, infatti insiste

nell'affermare che sulla scena sociale ci sono solo gli individui e i

significati che essi attribuiscono in maniera soggettiva alle proprie azioni,

il senso del sociale di Durkheim è completamente assente dunque. Da qui

l'impossibilità per Weber di vedere che l'oggetto della sociologia è l'azione

tradizionale, ovvero un'azione guidata dalla cultura alla quale l'individuo

appartiene. Ortega riesce a vedere questa incompatibilità tra le due teorie e

giunge alla conclusione che nell'interazione esiste un “terzo personaggio”,

ovvero la tradizione culturale, che non è altro il fatto sociale di Durkhei, al

quale Ortega riconosce di aver compreso che vi sono dei fatti sociali che

sono esterni all'individuo e ne guidano l'azione grazie al potere coercitivo

che esercitano. Ortega li chiama “usi sociali” e la sua analisi sociologica si

basa sul peso che essi esercitano sull'attività umana: per lui la tradizione

culturale non è altro che un sistema di usi che si è sviluppato

spontaneamente attraverso molte vicissitudini e divenuto una struttura

nella quale si svolge l'interazione tra i singoli individui. Si prenda come

esempio l'atto del saluto: esso è effettivamente un gesto meccanico,

compiuto per il semplice fatto che “si fa così”, e anche se si può attribuire

il significato soggettivo di mostrare buone intenzioni, alla realtà dei fatti è

un modello di comportamento imposto, munito di sanzioni. Il saluto non è

che uno dei tanti modelli di comportamento al quale l'uomo si conforma se

vuole interagire con gli altri, da qui Ortega chiama gli usi “vigenze

collettive” poiché fissano le regole di base in base alle quali si svolge la

vita sociale più basilare. Fenomeni come la moda, o la lingua, confermano

come le relazioni interindividuali sono regolate da norme che nessuno ha

esplicitamente creato e alle quali tutti sono assoggettati senza che ci sia

una specifica agenzia deputata al controllo del rispetto di esse: Ortega

arriva a affermare che l'interazione è dominata dal potere impersonale

della gente. L'uomo è un essere sociale dunque, poiché la società si fa

“viva” in lui sotto forma di cultura interiorizzata attraverso il processo di

socializzazione, essere uomo significa “essere in una tradizione” scrive

Ortega. Questa sua teoria non è altro che una riformulazione della teoria di

Durkheim, ma Ortega riesce a sfuggire all'errore che il francese commette,

ovvero quello di non riconoscere alcun ruolo all'individuo se non nel

processo di socializzazione. Ortega è dell'avviso che il carattere fantasioso

dell'essere umano è troppo evidente per essere negato, e affermò che non è

la società ad essere creativa ma l'individuo stesso. Mentre Durkheim tende

a spiegare il sociale con il sociale, Ortega vede nell'azione individuale la

sorgente del mutamento della tradizione. Ricorre a una metafora efficace,

ovvero che la personalità individuale è come una sfera spessa fuori e cava

dentro, lo spessore è dato dallo spirito sociale della persona, saturo di usi e

tradizione, ma il cavo centrale è riempito dall'entità creativa dell'individuo

laddove l'immaginazione è al riparo dalla pressione alteratrice della gente.

Per Ortega nulla entra nella cultura senza essere stato prima elaborato

dall'individuo, non troviamo solo gli individui che agiscono come in

Weber né gli individui e le proprie azioni già programmate dalla cultura

stessa come per Durkheim, arrivando alla conclusione che la realtà è

biforme perchè costituita da questi due elementi fondamentali. Molte usi

sociali sono reiterati solo perchè “lo fa la gente”, ciò fa scadere Ortega

nella concezione di vita inautentica di Heidegger, ma Ortega rifiuta la

negatività della definizione esistenzialista poiché riesce a percepire che

sebbene il sociale sia inautentico senza di esso la vita autentica sarebbe

impossibile, per le principali funzioni degli usi sociali:

1. Essi consentono di prevedere le azioni degli individui estranei e

permettono la convivenza con coloro che non conosciamo.

2. Permettono la tesorizzazione degli esperimenti di vita passati e

rendono possibile il processo materiale e morale della società.

3. Automatizzano molti comportamenti, dando all'individuo possibilità

di concentrarsi su ciò che ritiene di maggior valore.

4. Obbligano l'uomo a vivere all'altezza del suo tempo storico e a fare

riferimento al passato, senza il quale non potrebbe essere

effettivamente uomo del suo tempo.

Fra l'uomo e la società c'è un rapporto dialettico ben definito, poiché la

tradizione mette a disposizione dell'individuo una serie di punti di partenza

con cui fronteggiare la vita, sebbene stia all'uomo rinnovare questo

repertorio di usi sociali. Senza tradizione l'uomo non potrebbe essere

effettivamente tale.

LA LIBERTA' DEI MODERNI

Constant è colui che primo ha dato la definizione di “libertà dei moderni”

e l'individuazione dei suoi contenuti avendola paragonata con la “libertà

degli antichi”. Quest'ultima consisteva nell'esercizio pubblico di molte

funzioni della sovranità politica ed era compatibile solo con l'asservimento

totale dell'individuo all'autorità dell'insieme, e di tutt'altra natura è la

libertà dei moderni nella quale questa sottomissione non è presente in

quanto essa si basa nel pacifico godimento della propria indipendenza

individuale, presupponendo la distinzione tra pubblico e privato, concetto

assente nelle civiltà antiche.

Libertà degli antichi:

• libertà politica

• asservimento dell'individuo all'autorità

Libertà dei moderni:

• distinzione pubblico/privato

• nomocrazia

• garanzia dei diritti fondamentali

Constant ha inoltre proposto una spiegazione sociologica della nascita

delle due libertà. La prima era legata a una situazione storica che

presupponeva la guerra permanente tra le poleis, identificando la figura del

cittadino con quella del soldato: da qui l'assunto che le poleis erano

organizzate come caserme, palese l'esempio di Sparta, con il risultato che

ai liberi cittadini fu imposto una rigida gabbia istituzionale dalla quale non

potevano uscire. La libertà dei moderni per contro nasce dall'esercizio

dell'attività mercantile. Nei tempi moderni (ma anche per Atene)

l'allocazione delle risorse scarse non è più avvenuta per mezzi militari ma

attraverso il commercio a largo raggio, il quale ispira negli uomini un forte

desiderio per la libertà. Attraverso il commercio infatti è nato un nuovo

tipo antropologico, l'uomo borghese, un uomo che è orientato verso il

godimento privato dei propri diritti e teso a evitare qualsiasi ingerenza

statale nei propri affari privati. Questo fa in modo che la base della società

liberale sia la società borghese stessa, ovvero una società centrata sul

mercato e le istituzioni da esso portate, è il primato dell'economia che ha

fatto emergere questa particolare organizzazione sociale, entro la quale la

società liberale è nata e si è sviluppata. L'analisi di Constant si inserisce

nel dibattito ottocentesco tra Sparta e Atene come archetipi di due diversi

tipi di libertà, e Constant si schiera decisamente dalla parte di Atene che

ritiene rappresenti la prima incarnazione storica della libertà dei moderni.

Atene fu una città sui generis, poiché nessuna delle poleis del tempo

possedeva una tale nozione di libertà individuale, neanche la Repubblica

Romana, in quanto ad Atene il commercio fu in grado di far sparire tra i

cittadini le differenze che distinguono la libertà degli antichi da quella dei

moderni, proprio perché si era aperta al mercato. Essa istituzionalizzò la

“tradizione dell'anti-tradizione”, ma con la sua sconfitta nella guerra del

Peloponneso bisognerà aspettare il basso medioevo e la rivoluzione

comunale affinché lo spirito moderno della libertà potesse riemergere.

Riemerse attraverso quell'istituzione che l'aveva fatto nascere, ovvero la

città stato autonoma, e l'istituzionalizzazione dei diritti in queste ultime è

la chiave per comprendere l'origine della parabola storica che ha consentito

la nascita del capitalismo. La comparazione dei cittadini dei comuni

medievali con i cittadini loro contemporanei nel Dar-al-Islam o nei

sultanati Indiani fa risaltare molto che il nesso tra libertà e mercato è

essenziale per comprendere l'origine di questi fenomeni, in quanto mentre

l'Europa era ormai una “società distributrice di diritti” i paesi sopraelencati

erano imprigionati nella gabbia d'acciaio, che non poneva limiti ai poteri

arbitrari ma ne poneva all'economia di mercato e alle libertà individuali.

L'Europa riuscì a far nascere il capitalismo proprio per l'assenza della

megamacchina mumfordiana, e anche se gli stati nazionali soppressero le

autonomie compresero il valore della loro innovazione istituzio

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
63 pagine
5 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher GiuMerc di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università internazionale degli studi sociali Guido Carli - (LUISS) di Roma o del prof Pellicani Luciano.