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WELFARE STATE
L'idea di uno Stato che si prende cura dei suoi cittadini, garantendo un minimo di benessere e sicurezza, è un
concetto relativamente recente nella storia.
Radici e fondamenta del welfare state
1. Riforme prussiane (anni ’80 del XIX secolo)
Le radici dello Stato sociale, o welfare state, possono essere rintracciate nelle riforme prussiane
dell'Ottocento, promosse da Otto von Bismarck. Queste prime iniziative, focalizzate principalmente
sui lavoratori industriali, segnarono una svolta epocale introducendo il concetto di assicurazione
sociale obbligatoria per infortuni sul lavoro e malattie. Queste riforme segnano l'inizio di un percorso
che avrebbe portato a profonde trasformazioni nei sistemi socioeconomici di molti paesi.
2. Piano dell’economista Beveridge (1942)
Il XX secolo ha visto un'accelerazione significativa nell'espansione del welfare state. La Prima
Guerra Mondiale e la Grande Depressione hanno evidenziato la fragilità dei sistemi economici e
sociali, spingendo molti Paesi a implementare politiche di protezione sociale più ampie. Il moderno
welfare state, così come lo conosciamo oggi, trova, infatti, le sue fondamenta nel rapporto Beveridge
del 1942.
William Beveridge, economista britannico, delineò un ambizioso piano che prevedeva la creazione
di un sistema di protezione sociale per tutti i cittadini (universalismo).
Sara Crespi e Alessandro Artuso 74
L’intenzione era quella di:
Sconfiggere il “bisogno” tramite la distruzione della miseria, della malattia e dell’ignoranza.
Sconfiggere la povertà assoluta tramite l‘assunzione da parte dello Stato di un ruolo attivo di
politica sociale
Istituire un vasto programma di protezione sociale, la creazione di un servizio sanitario
nazionale e l‘incentivo alla piena occupazione
Questo modello influenzò profondamente le politiche sociali di molti paesi nel dopoguerra.
3. Contributo della Svezia (1948)
La Svezia, nel 1948, fece un ulteriore passo avanti introducendo la pensione popolare basata sul
diritto di nascita, rendendo i diritti sociali alla pari di quelli politici e civili. Da quel momento, il
concetto di welfare state si diffuse rapidamente, diventando un pilastro delle democrazie occidentali.
Fasi dello sviluppo del Welfare state
Lo sviluppo del Welfare State può essere suddiviso in due fasi principali.
1. FASE DI ESPANSIONE (fine anni ’40 – metà anni ‘70)
La prima fase, di espansione, si colloca tra la fine degli anni Quaranta e la metà degli anni Settanta del XX
secolo, ed è caratterizzata da una notevole crescita economica, bassa disoccupazione e un ampio consenso
politico a favore dell'ampliamento delle prestazioni sociali.
2. FASE DI DECLINO (fine anni ’70 – fine anni ’90)
La seconda fase, iniziata alla fine degli anni Settanta e protrattasi fino alla fine degli anni Novanta, è invece
segnata dal declino del modello universalistico, influenzato da correnti neoliberiste e dalla "New Labour".
Questo periodo è caratterizzato da una crisi e da una conseguente riprogettazione del Welfare, dovute a
diversi fattori:
- cambiamenti demografici: l'invecchiamento della popolazione e la bassa natalità;
- mutamenti sociali, legati al ruolo della famiglia e all'occupazione femminile;
- trasformazioni economiche, con la diminuzione della produzione di ricchezza e del gettito fiscale.
Si è quindi creato uno squilibrio tra l'aumento dei bisogni sociali e la diminuzione delle risorse disponibili,
con l'incapacità del sistema di adattarsi alle nuove esigenze, come ad esempio il ricorso ai servizi da parte
delle classi più abbienti, che ne riducevano la capacità redistributiva.
Regimi di welfare
La crisi e la conseguente necessità di riprogettare il welfare universalistico hanno portato alla definizione di
diverse categorie di Welfare State, o “regimi di welfare”, che si distinguono in base alle politiche adottate
per sviluppare lo Stato sociale.
Si possono individuare tre grandi categorie di “regimi di welfare”:
regime liberale: fondato sulla libertà dell’individuo, con un’interferenza minima da parte dello Stato
regime conservatore: tende ad enfatizzare tradizione, famiglia, ceto sociale e ordine.
regima socialdemocratico: si basa sull’idea che i problemi sociali causati dal capitalismo possono
essere ridotti o eliminati attraverso i mezzi della democrazia parlamentare, ma conservando la
struttura di base del sistema capitalista.
Secondo Esping-Andersen gli Stati non si dividono nettamente nelle categorie suindicate, ma possono essere
suddivisi in raggruppamenti a seconda delle proporzioni tra caratteri liberali, conservatori e
socialdemocratici
- Welfare state liberali: USA e Canada
- Welfare state conservatori: Austria, Francia, Germania, Italia
- Welfare state socialdemocratico: paesi scandinavi
Welfare state liberale
Il Welfare State liberale si distingue per la predominanza dell'assistenza basata su rigidi criteri di selezione,
la scarsità di sussidi universali e un modesto piano di assicurazioni sociali -> i servizi sono quindi rivolti
principalmente alle fasce di reddito più basse. In questo modello, il progresso delle riforme sociali è limitato
dai valori liberali tradizionali, le regole di accesso ai benefici sono molto rigide e lo Stato incoraggia il
mercato sia passivamente, fornendo un sostegno minimo ai richiedenti, sia attivamente, sovvenzionando
sistemi di welfare privati.
Welfare State conservatore
Sara Crespi e Alessandro Artuso 75
Il Welfare State conservatore, al contrario, pur non mettendo in discussione il mantenimento dei diritti
sociali, si caratterizza per la conservazione delle differenze di ceto e per una forte influenza della Chiesa, che
si traduce nel sostegno alla famiglia tradizionale. I sussidi, in questo modello, incoraggiano soprattutto la
maternità e si applica il principio di sussidiarietà, secondo il quale lo Stato interviene solo quando la famiglia
non è in grado di occuparsi dei propri membri.
Welfare State socialdemocratico
Il Welfare State socialdemocratico si fonda sulla massima estensione dei principi di universalità e
demercificazione dei servizi pubblici. Questo sistema non tollera la contrapposizione tra Stato e mercato, né
tra classe lavoratrice e classe media, e promuove una distribuzione equa di servizi di alta qualità. A
differenza del modello conservatore-corporativo, che interviene solo quando la famiglia non è più in grado di
provvedere, il modello socialdemocratico socializza preventivamente i costi della gestione familiare, con
l'obiettivo di massimizzare l'indipendenza individuale e non la dipendenza dalla famiglia. Questo modello
rappresenta una commistione tra liberismo e socialismo, realizzando una vera e propria fusione tra lavoro e
welfare.
Critiche al welfare
Le critiche al welfare state sono numerose e provengono da diverse correnti di pensiero, ognuna con una
propria prospettiva e argomentazioni specifiche. Possiamo raggrupparle principalmente in tre categorie:
critiche conservatrici, neoliberiste e socialiste.
1. Critiche conservatrici – Stato permissivo e indebolimento della famiglia: Il Welfare State viene
accusato di minare la struttura familiare tradizionale, promuovendo dipendenza dallo Stato anziché
autosufficienza e responsabilità familiare. Si critica l'offerta di servizi e sussidi che, secondo questa
prospettiva, sostituiscono il ruolo della famiglia nella cura dei suoi membri, indebolendo i legami
intergenerazionali. Alcuni conservatori ritengono che il Welfare favorisca comportamenti devianti
rispetto ai valori tradizionali.
2. Critiche neoliberiste – Stato "bambinaia" e distorsione del mercato: Il Welfare State è visto come
un'eccessiva interferenza dello Stato nel libero mercato, che limita la libertà individuale e crea
inefficienze economiche. Si sostiene che la spesa pubblica riduca gli investimenti privati e che i
sussidi disincentivino il lavoro, creando una "trappola della povertà". Si contesta anche l'idea che lo
Stato debba occuparsi di "ingegneria sociale", ovvero di interventi volti a modificare la società
attraverso politiche pubbliche.
3. Critiche socialiste – Stato borghese e sostegno al capitalismo: Il Welfare State è criticato per essere
funzionale al sistema capitalista, in quanto si limita a mitigare gli effetti negativi del capitalismo
senza affrontare le cause strutturali delle disuguaglianze. Si sostiene che serva principalmente gli
interessi della classe media e del capitale, garantendo la pace sociale e la riproduzione della forza
lavoro, ma non realizzando una vera redistribuzione della ricchezza a favore delle classi subalterne.
CAPITOLO 13
COMUNICAZIONE POLITICA
Mass media
Il modello di comunicazione, nel contesto politico e sociale, vede i mass media come canali capaci di
raggiungere un vasto pubblico, ovvero i membri della comunità politica.
Questo processo comunicativo si articola attraverso:
- un emittente che produce un messaggio, veicolato tramite un determinato canale
- un destinatario, a cui il messaggio è indirizzato, con un conseguente impatto.
Tra i media più diffusi troviamo quotidiani, settimanali, mensili, la radio, la televisione e, più recentemente, i
social media.
Evoluzione recente dei media
L'evoluzione recente dei media è caratterizzata da diverse tendenze.
Commercializzazione: ha trasformato i contenuti mediali - sempre più creati, distribuiti e monetizzati in
ottica di profitto.
Sara Crespi e Alessandro Artuso 76
Frammentazione del pubblico: suddiviso in nicchie sempre più specifiche a causa della proliferazione di
canali e piattaforme, come la TV via cavo, lo streaming online e i podcast.
Globalizzazione: permette la diffusione e il consumo di contenuti mediatici oltre i confini nazionali.
Crescente interazione tra i diversi tipi di media: – stampa, broadcast, digitale – che si influenzano
reciprocamente in un ambiente mediatico integrato.
Questa evoluzione solleva interrogativi sulla tenuta del pluralismo informativo, soprattutto alla luce del ruolo
assunto dai social media.
Struttura e impatto dei media
Analizzando la struttura dei media, si possono individuare alcuni criteri fondamentali, come la diffusione dei
quotidiani, la professionalità dei giornalisti, i legami tra media e politica e l'intervento dello Stato.
Sulla base di questi criteri, sono stati identificati diversi modelli di struttura mediatica:
1. modello anglo-americano: caratterizzato da alta diffusione e professionalità, bassi legami tra media e
politica e scarso intervento dello Stato
2. modello nordeuropeo: presenta alta diffusione e professionalità, ma anche forti legami tra medi