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Le dimensioni delle comunità di pratiche

Quali sono le dimensioni delle comunità di pratiche? Wenger dice che le comunità di pratiche hanno 3 dimensioni:

  1. Un impegno reciproco, che risponde alla domanda: "Perché siamo qui?"
  2. Un'impresa comune, che risponde alla domanda: "Che dobbiamo fare?"
  3. Un repertorio condiviso, che risponde alla domanda: "Cosa già conosciamo?"

Impegno reciproco vuol dire che il fatto di appartenere ad una certa comunità non è dato dal condividere una certa caratteristica (essere tutti alti oppure essere tutti studenti) né dalla vicinanza spaziale o geografica (ad esempio, stare in una stessa sala di attesa o in una stessa aula magna), ma dal condividere con gli altri uno stesso impegno, anche emotivo, verso le cose da fare e organizzare le proprie interazioni pratiche e comunicative attorno a questo impegno comune.

La reciprocità

comune implica un impegno reciproco e una partecipazione attiva da parte di tutti i membri della comunità. Non si tratta solo di avere un obiettivo comune formalmente stabilito, ma di condividere un'attività comune e negoziare collettivamente le scelte, le azioni, le opinioni e i modi di agire. Non è necessario essere tutti d'accordo su tutto, ma è fondamentale che ci sia un accordo su ciò che si sta facendo. In questo modo, le azioni di ciascun individuo sono interconnesse e coordinate con quelle degli altri membri della comunità.

comune è il prodotto di un'attività collettiva, che è un prodotto unico, che non ha altre situazioni uguali o uniformi. Ecco che ad esempio, possiamo avere aziende che hanno lo stesso mandato organizzativo, gli stessi obiettivi ma che poi lo realizzano in modo diverso. Oppure, dei gruppi di studenti, che devono realizzare lo stesso compito: lo stesso compito viene realizzato in modi molto diversi. Tutto ciò è frutto dell'impegno reciproco che c'è fra i membri: questo perché se non tutti i membri si interessano allo stesso modo, il prodotto sicuramente ne risentirà, non sarà tanto comune questa impresa. Ecco che dunque potrebbe non essere una comunità di pratiche. Gli obiettivi del lavoro e gli aspetti procedurali delle cose da fare possono essere "dati" o "assegnati", ma anche in quel caso sono sempre ricostruiti e rinegoziati a livello locale e interattivo dai membri del

gruppo.

Repertorio condiviso

Il repertorio di una comunità di pratiche è un concetto abbastanza ampio, e include routines, lessico, cioè il modo di parlare (linguaggio tecnico, specialistico, gergo…), strumenti, modi di fare le cose, storie, gesti, azioni o concetti che la comunità ha prodotto o adottato nel corso della sua esistenza e che sono diventati parte delle sue partiche (Wenger).

Questo repertorio è da un lato la precondizione dell’attività interattiva fra i membri, nel senso che fornisce dei pezzi per poter fare le cose, ma è anche il prodotto dell’attività interattiva tra i membri, quindi non è un archivio statico, ma in continuo divenire.

Nel caso del linguaggio, elemento essenziale del repertorio, esso non viene solo condiviso all’interno della comunità, ma anche progressivamente ridefinito nel corso dello sviluppo della comunità stessa. Questo linguaggio segnala appartenenza e non.

appartenenza (esempio, igerghi specializzati, che sono un modo per riconoscersi appartenenti o meno).

Noi apparteniamo a più di una comunità di pratiche contemporaneamente, parliamo una pluralità di lingue da questo punto di vista (uno allo stesso tempo può essere: studente, amica, figlia, sorella, compagna di squadra, fidanzata…).

Naturalmente si mette in gioco queste lingue e identità a seconda delle situazioni e a seconda dei gruppi in cui ci si trova a interagire. Questo aspetto segnala la varietà della nostra vita sociale e segnala il fatto che noi partecipiamo a numerosissime comunità di pratiche all'interno della nostra vita quotidiana.

Le comunità forniscono repertori di attività pratiche e usi del linguaggio che sono indissolubilmente legati ad attività sociali e culturali. Quindi, grazie all'accesso che ogni partecipante ha a questi repertori, è possibile partecipare in modo competente a

queste attività sociali significative.

PARTECIPAZIONE E IDENTITÀ

C’è una relazione tra partecipazione e identità. Partecipazione vuol dire: essere un membro di comunità ed essere coinvolto nelle sue attività. Attraverso questa partecipazione si sviluppa una identità. Identità vuol dire: qualcosa che le persone fanno, non qualcosa che le persone sono. È una concezione dinamica dell’identità. L’identità viene vista come la somma delle molteplici partecipazioni che popolano la nostra vita quotidiana. Ecco che noi disponiamo di un repertorio di identità che è costruito attraverso molteplici esperienze di partecipazione.

LE COMUNITÀ DI PRATICHE “ESISTONO”?

Una comunità di pratiche non può essere determinata in astratto. Una famiglia è una comunità di pratiche? Un gruppo di lavorati? Un’orchestra? Una classe? Non essendo un costrutto

che ci circonda in modo più approfondito e complesso.

comestrutturato dalla partecipazione alle pratiche e dall'apprendimento informale che ne consegueinvece che definito da strutture formali come, ad esempio, i confini istituzionali.

LE APPLICAZIONI

Questo costrutto ha trovato diversi tipi di ambiti applicativi. Le comunità di pratiche sonoun'unità di analisi che combina le prospettive teoriche che danno importanza alla struttura(storia, cultura e società) con le prospettive teoriche che danno importanza all'esperienzaimmediata (interazioni locali).

Un'altra cosa importante è che questo costrutto permette una più stretta connessione fra fare eapprendere. In tempi di globalizzazione e disaggregazione, si creano connessioni fra le personeattraverso i confini istituzionali.

COMUNITÀ DI PRATICHE E APPRENDIMENTO

In questa prospettiva, le comunità di pratiche e apprendimento sono intrinsicamente legati.Una conseguenza è che i contesti sociali non sono più luoghi

privilegiati dell'apprendere, masono parte di un più apio di apprendimento. Per questo motivo, si impara sempre e attraverso la partecipazione a specifiche comunità dipratiche.
  1. ORGANIZZAZIONI E GRUPPI
Un'organizzazione è una realtà sociale, che ha funzione sociale di routinizzazione eallestimento di attività produttive complesse. Ogni organizzazione ha poi una sua funzione specifica (costruire automobili, produrre pasta, fararrivare la posta o far circolare i treni, offrire servizi per la salute, offrire servizi educativi ecc.). C'è una grande varietà di forme e dimensioni (quindi si parte da grandi multinazionali fino apiccoli negozi a conduzione familiare e ci sono organizzazioni no profit ma anche quellefinalizzate al profitto). Le organizzazioni sono entità relativamente stabili, sebbene alcune scompaiono, evolvono ocambiano nel tempo. Le organizzazioni sono progettate come sistemi di

Attività strutturate al loro interno e coordinate in relazione con l'ambiente esterno (ad esempio, sono in contatto con fornitori, clienti, concorrenti, utenti).

Due tipi di visioni

Che cos'è un'organizzazione? Esistono due visioni: approccio classico e visione post-moderna dell'organizzazione.

Approccio classico

Tradizionalmente, l'organizzazione è vista nei suoi aspetti formali, ad esempio negli aspetti di struttura (gerarchia, regole), tecnologie e strumenti utilizzati, gli scopi (qual è la mission) e attori (le persone che incarnano il ruolo organizzativo assegnato dall'organizzazione).

Questo approccio classico è descritto attraverso la metafora che vede l'organizzazione come una macchina. Questo modo di vedere e far funzionare l'organizzazione assume che ci sia una certa omogeneità interna e che quindi ci sia un consenso rispetto agli obiettivi da perseguire e quindi non tiene conto tanto delle visioni.

Diverse anche in contrasto fra loro all'interno dellastessa organizzazione (modi diversi di lavorare ad esempio).

Visione post-moderna

Visione post-moderna dell'organizzazione. Qui si considera l'organizzazione come una comunità di comunità. Quindi gruppi coordinati fra loro, linee di attività, tra cui ci possono essere delle dinamiche di negoziazione, collaborazione o disaccordo. L'organizzazione è vista come un'azione collettiva reiterata, quindi prolungata nel tempo, in continua evoluzione.

Parliamo di un'organizzazione post-moderna, vista un po' come un esito continuamente mobile e dinamico del lavoro pratico e sociale, che viene svolto dagli attori organizzativi per dare forma e sviluppo al mondo organizzativo. Queste pratiche sociali, situate e distribuitite tra i diversi attori, contribuiscono a configurare le organizzazioni che sono un prodotto emergente da queste pratiche, piuttosto che avere origine da queste.

organizzazioni.L'organizzazione è vista come un risultato provvisorio delle pra

Dettagli
A.A. 2022-2023
22 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/05 Psicologia sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher giuliapanaginii di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Giacomantonio Mauro.