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COMPLESSITÀ DEL SÉ

Il numero e la diversità degli aspetti del sé che le persone sviluppano in relazione ai diversi ruoli, le diverse attività e i diversi rapporti ricoperti. È meglio avere una complessità del sé elevata perché il tema della complessità del sé è come un ammortizzatore: questo avviene quando la persona ha molteplici e indipendenti aspetti del sé, rispetto a chi ha una complessità del sé scarsa con aspetti molto simili tra loro. Più elementi della propria identità sostengono sé stessi. Spesso le nozioni di Sé e di Identità vengono usate in modo interscambiabile. Il termine sé viene usato maggiormente negli Stati Uniti, mentre il termine identità ha più una matrice europea grazie a Tajfel: nel concetto di identità racchiudono più elementi presenti anche nel concetto di sé ed è più strutturata.Parlandodi identità parliamo di componenti del sé che sono organizzate e strutturate in modo permanente all'interno della persona. Ci sono due processi di base che portano alla costruzione della nostra identità: processo di appartenenza e processo di differenziazione. Si affidano entrambi la funzione a qualcuno al di fuori di noi che ci riconosce. Il processo di appartenenza è data dalla nascita e per scelta: l'appartenenza per nascita (oper categorie sociali), che la persona voglia o no perché nasce in un certo genere, in un ceto socio-economico-culturale; il processo di uscita dell'appartenenza per nascita sarebbe molto difficoltoso e complesso e implicherebbe costi per la mia identità. Allo stesso tempo posso scegliere di appartenere a un gruppo sociale per scelta: cambiano in relazione a specifici momenti dello sviluppo (dal gruppo dei pari a gruppi religiosi, politici, culturali) e mi possono descrivere la mia identità. Invece,processi di differenziazione partono dall'imposizione del nome sin dalla nascita e sono diversamente strutturati nell'ambito di culture diverse (ad esempio ruoli, schemi di sé...). Questi processi di identità si attivano se c'è qualcuno al di fuori di noi che ci riconosce come tali. L'AUTOSTIMA La valutazione positiva o negativa che una persona dà di se stessa; la percezione del proprio valore. Per fare una valutazione posso utilizzare la teoria del confronto sociale. L'autostima è utilizzata dagli psicologi come un indicatore di benessere: la scala di Rosenberg (1965) usata per misurare il benessere delle persone. La scala è usata per misurare qualcosa con gli accordi soggettivi. Sul tema dell'autovalutazione, ci sono degli standard che ci formuliamo a partire dalle esperienze che facciamo: Higgins propone le guide del sé (1987) per spiegare come ci si autovaluta. Queste guide del sé sonocanoni personali a cui le persone tendono a conformarsi. Parla di tre tipi del sé: - Sé reale: come sono, dice il mio essere in un determinato contesto; - Sé ideale: rappresenta quella persona in virtù di quello che vorremmo essere; - Sé imperativo: come io mi sento di dover essere. Tory Higgins parla di questi tre sé perché formula la teoria della discrepanza del Sé: le persone valutano se stesse sulla base di canoni interiori "ideali" o "imperativi", ne conseguono delle conseguenze emotive. Il fallimento nel corrispondere alle aspirazioni (Sé ideale) consegue delusione, tristezza e frustrazione e in casi estremi depressione: verifica anche nei suoi studi che c'è una diminuzione dell'attivazione fisiologica, condizione nella quale il sistema nervoso è più reattivo; fino a un funzionamento mediocre del sistema immunitario. Il fallimento nell'adempire agli obblighi.(Sé imperativo) fa provare sensazioni di colpa e di imbarazzo, accresciuta attivazione fisiologica fino a provare ansia. Questo studio ci aiuta a comprendere per esempio che l'autostima, cioè questa valutazione che noi diamo di noi stessi, deriva anche da informazioni di questo tipo: come io sono/sento di essere ora ma anche rispetto a chi potrei, vorrei o sento di dover essere. L'autoconsapevolezza (self-awareness) è uno stato di intensificata coscienza di Sé durante il quale ci misuriamo con i nostri canoni interiori: quando le persone pensano a questi canoni, si mettono in uno stato di concentrazione rispetto a chi sono o vorremmo essere. Questo stato di consapevolezza serve per l'incipit del processo per capire quali sono le discrepanze del Sé. Meno siamo auto-consapevoli, meno siamo in grado di capire di essere in questo stato e ci porta alla de-individuazione (stato dove non si conosce se stessi). Ci sono degli esempi di item per.

misurare l'autoconsapevolezza:

  • Cerco sempre di figurarmi come sono;
  • Rifletto molto su se stesso;
  • Non scruto mai dentro me stesso;
  • Sono attento ai cambiamenti del mio umore;
  • Esamino costantemente le mie motivazioni.

Wicklund formula la teoria dell'autoconsapevolezza (1975): rende evidenti le discrepanze del sé. Ci deve essere qualcosa che mi attiva l'autoconsapevolezza: o sono una persona che più di altre sosta all'interno di uno stato di consapevolezza e quindi attiva pensieri autofocalizzanti (vado a domandarmi una serie di cose) oppure ci sono delle situazioni autofocalizzanti (guardarsi allo specchio, guardare i propri like e visualizzazioni...). Questo è il primo passaggio dell'autoconsapevolezza per accedere a quel calcolo di scarto fra il nostro sé reale, ideale o imperativo: mi rendo conto di eventuali discrepanze del sé. L'accesso alla discrepanza cioè a questa misurazione di eventuali scarti tra

Il mio sé reale e gli altri due guida del sé può attivare una serie di aspettative di riduzione delle discrepanze: quando sono motivato o quando mi aspetto di poterle ridurre queste discrepanze cioè far avvicinare il mio sé reale all'ideale/imperativo. Se una persona ha delle alte aspettative, quindi pensa ed è motivato e sente di avere le competenze per ridurre le discrepanze, allora attuerà tutta una serie di comportamenti che vanno nella direzione di avvicinare sempre di più il reale al sé ideale/imperativo. Se invece io ho delle basse aspettative di riduzione delle discrepanze: le persone possono evitare di avere coscienza su di sé e accedere a queste discrepanze, cioè evito di mettermi in una situazione di autoconsapevolezza, cioè in quello stato che mi permette di accedere a questi miei canoni interiori. Cercando di capire quanto ci autovalutiamo, le persone si giocano i bias: sono degli

errori, in modo da mantenere un'immagine positiva di noi stessi. Inoltre, siamo inclini a sovrastimare le nostre abilità e competenze, attribuendo i successi al nostro talento e le sconfitte a circostanze esterne. Un altro fenomeno correlato è l'effetto di autocompletamento, che si verifica quando tendiamo a completare automaticamente le informazioni mancanti o ambigue in modo da confermare le nostre aspettative o convinzioni preesistenti. In generale, questi errori di attribuzione a favore del sé possono influenzare il nostro giudizio e comportamento, portandoci a essere meno obiettivi e a prendere decisioni basate su percezioni distorte. È importante essere consapevoli di questi bias cognitivi e cercare di mitigarli, ad esempio cercando feedback e opinioni esterne, valutando criticamente le nostre performance e considerando anche le cause esterne dei risultati.

fallimenti.Sempre sugli stili attributivi a favore del sé, può succedere che si ha una tendenza del "falso consenso": è la tendenza delle persone a sopravvalutare la diffusione delle proprie opinioni e dei comportamenti fallimentari indesiderabili. Giustifico in modo generale un comportamento come molto frequente che compiono tutti ma che in realtà è un comportamento brutto, indesiderabile. Mentre la "falsa unicità" è la tendenza a sottovalutare la diffusione delle proprie capacità e dei propri comportamenti soprattutto quelli di successo: faccio la raccolta differenziata e la faccio così bene che ritengo che nessun altro la fa così bene come lo faccio io. Questa è falsa unicità perché probabilmente è pieno di gente che fa la differenziata in modo corretto ma penso di essere unico.

- Better-than-average effect- Ultimate self-serving bias

La scala

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dell'automonitoraggio di Snyder o Gangestad (1986): compilare lo strumento segnando vero o falso a fianco di ogni affermazione. Si misura il costrutto dell'automonitoraggio, ossia essere consapevoli di come vada presentato il proprio Sé in una data situazione tanto che modifico il modo di presentarmi per adattarmi alla situazione.

- Chi ha un alto automonitoraggio significa una persona è sensibile alle esigenze situazionali e agisce conforme alle richieste contingenti tanto che si adatta socialmente (sensibili agli indizi sociali emotivati a volersi adattare socialmente alla richiesta sociale del momento)

- Chi ha un medio automonitoraggio: la persona è sensibile alle informazioni del contesto sociale e ci si può aspettare che tengano in considerazione o meno gli indizi del contesto sociale a proprio favore.

- Chi ha un basso automonitoraggio, è una persona che orienta il proprio agire seguendo più una propria caratteristica personale.

evidenziando coerenza, a prescindere dalle caratteristiche che la situazione ci sta presentando (meno sensibili agli indizi sociali e non si adatta a certi contesti). Alcuni considerano questo automonitoraggio come l'effetto camaleonte, cioè si comportano come camaleonti sociali, regolando e aggiustando il proprio comportamento in risposta a situazioni e sollecitazioni esterne. L'automonitoraggio viene considerato anche come indicatore dell'intelligenza sociale. L'autopresentazione è la motivazione a scegliere dei comportamenti che creano nell'altro un' impressione di sé che loro desiderano di noi, cioè sono come tu mi vuoi. Chi ha alto automonitoraggio è in grado proprio di autopresentarsi secondo questa definizione, a seconda del contesto riesce ad adattarsi: detto anche effetto camaleonte. L'autoespressione è la motivazione a scegliere dei comportamenti che riflettono bene il mio concetto di sé.sì, cioè sono quello che sono. Le persone con un basso monitoraggio sono persone che sono più motivate ad esprimere se stesse e a mostrarsi così come sono.

LA PERCEZIONE SOCIALE - SPIEGATO DA DOTT. CARLO PISTONI

La percezione sociale ci serve perché noi abbiamo bisogno di comprendere e interpretare il comportamento degli altri, così come gli altri hanno bisogno di comprendere e interpretare il nostro comportamento. La percezione sociale ci permette di attribuire significato alle azioni e alle parole degli altri, e di costruire una rappresentazione della realtà sociale che ci circonda.

Dettagli
A.A. 2022-2023
66 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/05 Psicologia sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher luciamajdancic di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia sociale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Oggioni Maura.