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IL POTERE DI DISPORRE DELL’INTERROGATORIO LIBERO DELLE PARTI
L’interrogatorio libero o non formale prevede che, anziché tendere alla confessione, tende
(attraverso un colloqui libero e spontaneo) a facilitare il giudice e a permettergli - sentite
entrambe le parti - di formare un suo convincimento.
dall’articolo
Tale potere viene definito 117 del codice di procedura civile.
→ che “il giudice può trarre argomenti
ARTICOLO 116 del codice di procedura civile Dispone
di prova dalle risposte che le parti gli danno [in sede di interrogatorio libero], dal loro rifiuto
ingiustificato a consentire le ispezioni che egli ha ordinato e, in generale, dal contegno delle
parti stesse nel processo” che talora possono costituire unica fonte del suo convincimento.
L'articolo 116 contiene una regola importante, cioè fermo restando il vincolo assoluto a
conoscere i soli fatti allegati ed a servirsi delle sole prove offerte dalle parti, il giudice ha il
“secondo il suo prudente apprezzamento”, salvo che la legge non
potere di valutare le prove
disponga altrimenti. Si tratta del principio della libera valutazione delle prove. La norma stessa
contiene tuttavia una clausola di salvezza per le cosiddette prove legali, la cui valutazione è
vincolata.
Infine, altra regola in tema di prove è la regola dell'onere della prova, contenuta nell'articolo
2697 del codice civile che riguarda la preventiva determinazione delle conseguenze
dell’eventuale mancata prova delle circostanze del fatto affermate dall’una o l’altra parte. Nel
procedimento di fronte al giudice monocratico l'articolo 281TER del codice di procedura civile,
attribuisce al giudice il potere di disporre d'ufficio la prova.
Principi alla base del processo: Disponibilità della tutela giurisdizionale e della tutela del processo
La distinzione tra sistema a impulso di parte e sistema a impulso d’ufficio non è tanto simmetrica e
netta quanto quella tra sistema dispositivo e sistema inquisitorio. Considerato come la disponibilità
della tutela giurisdizionale discenda dalla disponibilità dei diritti, appare evidente che, la scelta per
il sistema ad impulso di parte non abbia alternativa, se non con riguardo a situazioni particolari o
marginali che devono considerarsi legati alla riserva per la prestazione della tutela giurisdizionale
d’ufficio prevista dall’articolo 2907 codice civile o con riguardo ad iniziative interne al processo
che sono pronunce d’ufficio (articolo 99 del codice di procedura civile). Tutto il nostro sistema
della tutela giurisdizionale non può che essere dunque, ispirato al principio dell’impulso di parte.
Questo significa che quando i diritti, oggetto del processo, sono indisponibili perché coordinati con
interessi pubblici, si configura un soggetto che opera nel processo come parte ed esercita impulso di
parte nell’interesse pubblico (adattamento della tutela dei diritti indisponibili alla tecnica
dell’iniziativa di parte). Tale soggetto è il Pubblico Ministero che esercita interesse pubblico,
sottraendo alle parti l’esclusiva sul “come” ed eventualmente sul “se” far valere tali diritti in
giudizio. Il pubblico ministero svolge, nel processo civile, una funzione specifica: presente nel
divorzio, nella separazione e sul gruppo della famiglia in generale. Il PM non può iniziare d’ufficio
una causa, ma può, in altri casi cominciare il processo come fosse su istanza di parte.
Lo strumento del PM quindi:
- Da un punto di vista funzionale, può essere ricondotto alle finalità proprie del processo ad
impulso d’ufficio.
Da un punto di vista tecnico, s’inquadra interamente negli schemi del processo ad impulso di
- parte.
Possiamo quindi concludere, dicendo che nel nostro sistema, il processo ad impulso d’ufficio
sussiste solo quando si tratti di far valere diritti indisponibili e nella misura della loro
indisponibilità.
Il problema di cominciare una causa di tutela d’ufficio è che il giudice introduce dei fatti a cui da
maggiore espressività ma anche le parti vogliono introdurre dei fatti nel processo. In questo caso
l’attore introduce dei fatti mentre altri verranno introdotti dal convenuto, che deciderà se opporsi o
meno ad un fatto (definito come impeditivo perché ha impedito la produzione di effetti di fatti
costitutivi) piuttosto che un fatto modificativo (ha modificato gli effetti del fatto) o un altro fatto.
Qualora poi si chiedesse una sentenza di mero accertamento ed il giudice pronuncia sentenza di
condanna, perché ritenuta più adeguata, c’è comunque vizio.
In questo caso cosa deve fare il giudice?
Mentre le parti dispongono i fatti e come operare per gli effetti degli stessi, il giudice deve
pronunciarsi su tutta la domanda e non può pronunciarsi d’ufficio su eccezioni proposte solo dalle
parti (articolo 112 del codice di procedura civile). Tale disposizione enuncia una serie di principi da
cui si deducono una serie di obblighi del giudice. Quando si propone una domanda nasce il potere
decisorio del giudice, a meno che manchino le condizioni del processo; e se non ci sono le
condizioni dell’azione, il potere decisorio del giudice deve pronunciarsi sul merito. In ogni caso, nel
momento in cui si deve presentare una domanda ed il giudice non si pronuncia in merito perché
manca una condizione del processo, il giudice deve comunque pronunciarsi; in quanto sennò
commette un vizio tale per cui la sentenza sarà viziata con difetto in pronuncia o ultrapetizione. In
questo caso il giudice non prevede interesse ad agire e ferma la pronuncia. Quando la sentenza è
viziata, il vizio viene denunciato dalle parti, perché ne hanno interesse; se invece le parti non
denunciano il vizio, la sentenza (decorsi i termini per la revisione concessi per impugnazione)
diventa inoppugnabile perché passa in giudicato. Allo stesso modo si incorrerebbe in un vizio nel
momento in cui il giudice, anziché pronunciarsi su tutta la domanda si concentri solo su una parte di
essa. Diverso è il caso in cui il giudice argomentasse la sua pronuncia. Nel momento in cui la
domanda si ritiene assorbita dalle parti, non c’è difetto di pronuncia.
Oltre che a pronunciarsi sulla domanda, il giudice si deve pronunciare anche sulle eccezioni della
Qualora non sia prevista la possibilità di procedere d’ufficio ad una tutela di diritto, il
controparte.
giudice non può introdurre dei fatti che sono esterni al processo. Se i fatti non vengono allegati alle
parti e non vengono introdotte nel processo, il giudice non può tenerne conto.
Secondo quanto disposto dall’articolo 113 del codice di procedura civile, il giudice può inoltre fare:
–
- Obbligo di decidere secondo diritto (articolo 101 2° comma della Costituzione). Da questo
deriva lo schema del sillogismo del giudice. In questo caso la norma che dev’essere individuata
dal giudice, lo stesso non è vincolato a quelle che sono le norme da applicare. Il giudice è libero
di scegliere come interpretare nella norma ma non è libero di scegliere i fatti introdotti dalle
parti ed accerta che i fatti siano quelli. Piramide delle sentenze anche se non ci sono vertici. Ci
sono dei casi in cui il giudice di primo grado deve sottostare all’interpretazione di diposizioni
che hanno dato altri giudici. Quando non è chiaro sull’interpretazione dei fatti, le parti possono
richiedere ricorso alla Corte di Giustizia dell’UE o alla Corte Costituzionale.
Disposizione d’interpretazione difforme.
-
PRINCIPIO DEL CONTRADDITTORIO. DIRITTO COSTITUZIONALE ALLA DIFESA
Per completare l’esame delle regole che riguardano la posizione del giudice rimane la regola
fondamentale codificata all’articolo 101 del codice di procedura civile: il principio del
contraddittorio secondo il quale il giudice non può statuire sopra alcuna domanda se la parte contro
la quale è proposta non è stata regolarmente citata e non è comparsa. La disposizione ha riguardo,
anzitutto, al soggetto passivo cioè colui che dovrà subire le conseguenze del richiesto
provvedimento del giudice. La norma dunque impone al giudice il divieto di pronuncia senza che
sia stato realizzato un preciso adempimento: la regolare citazione del soggetto passivo, attraverso la
consegna ufficiale dell’atto di citazione, contenente le indicazioni delle relative modalità di tempo e
luogo, in modo che si possa consentire al soggetto passivo di comparire innanzi al giudice e
contrastare la richiesta dell’attore con l’eventuale proposizione di una contro domanda. Da questa
regola si risale al principio dell’uguaglianza formale delle parti, secondo cui chi subirà gli effetti del
processo deve poter assumere in quel processo un ruolo attivo che possa influire sull’esito dello
stesso; il processo infatti è uno strumento di giustizia e non di sopraffazione di una parte sull’altra
metà. Lo strumento per attuare in concreto questo ruolo attivo è la difesa considerata dall’articolo
24 della Costituzione come un diritto inviolabile in ogni grado e fase del processo, la cui portata è
allargata da un’altra norma della Costituzione l’articolo 111, secondo cui ogni processo si svolge
nel contraddittorio delle parti, in condizioni di parità davanti a un giudice terzo ed imparziale.
Il convenuto deve essere posto oltre che in condizioni di uguaglianza rispetto all’attore anche in
condizione di difendersi e per difendersi occorre che sappia cosa si chiede contro di lui e quando,
come e quale giudice esaminerà la domanda e cosa deve fare per contrastare quella domanda.
Queste sono le ragioni per cui l’esercizio del potere – dovere di giudicare del giudice è subordinato
alla regolare citazione del convenuto. L’articolo 101 del codice di procedura civile, dopo aver
precisato la necessità della regolare citazione della controparte, dice che la comparizione è
considerata come un requisito sostitutivo, rispetto alla regolarità della citazione. Il principio del
contraddittorio non tollera eccezioni, così come non tollera il diritto inviolabile della difesa.
Concludendo l’articolo 101 del codice di procedura civile è dettato con specifico riferimento al
processo civile, mentre il principio costituzionale a cui tale regola si ispira (diritto alla difesa)
investe ogni tipo di processo.
CAPITOLO 5 – La situazione giuridica globale del soggetto
contro il quale è chiesta la tutela: Il convenuto
Il principio del contraddittorio, dell’uguaglianza formale e sostanziale ed il diritto alla difesa non
possono che implicare una simmetria di posizioni tra attore e convenuto. Il convenuto interviene
quand