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E L'IMPRESA?
Nell'economia neo-classica l'impresa in realtà non è considerata (è piuttosto una funzione di produzione).
- L'impresa massimizza il profitto (problema tra breve e lungo periodo = somma tra brevi periodi) e produce fino a quando il costo marginale non è uguale al prezzo
- L'imprenditore è anche il proprietario
- Non esiste incertezza
- L'impresa possiede un unico tipo di impianto e produce un unico tipo di prodotto
Le imprese diventano enti teorici astratti (Machlup, 1966) ed è considerata un sistema di scambi e contratti individuali esattamente identici a quelli che avvengono fuori. Le sue azioni sono la somma delle azioni degli individui che la costituiscono.
L'imprenditore neo-classico può decidere su:
- Entrata sul mercato: decidere se iniziare l'attività
- Dimensione d'impresa: quale impianto, tra gli infiniti a disposizione
- Livello di output
Quanto produrre con l'impianto scelto. La realtà è complicata, non complessa. In una realtà del genere la razionalità completa è accettabile.
- L'oggetto di analisi è l'individuo.
- Le variabili in gioco sono solo quantitative (prezzi e quantità), non ci sono contenuti qualitativi da interpretare.
LA RISPOSTA DEGLI ECONOMISTI ALLE CRITICHE
La validità di una teoria non si misura in base al realismo delle ipotesi ma alla sua capacità previsiva. Non importa se gli attori non ne sono consapevoli, comunque coloro che sopravvivono sono i più efficienti, anche se non ne hanno cognizione.
ANNI '20 E '30 DEL 900
- L'analisi dell'impresa si apre a nuove prospettive:
- Kaldor introduce il fattore produttivo organizzativo (anni '20)
- Chamberlin (1930) introduce la concorrenza monopolistica e la differenziazione
- Knight (1921) introduce il concetto di rischio
LE TEORIE MANAGERIALI DELL'IMPRESA (ECONNEOCLASSICA)
Negli anni '60 verrà riconosciuto il ruolo del manager:
- Baumol (1959): i manager massimizzano le vendite sotto un dato vincolo di profitto.
- Williamson (1964): i manager agiscono con una certa discrezionalità nel perseguire la propria utilità, mantenendo un certo tasso di profitto.
- Marris (1964): la funzione di utilità dei manager è legata alla crescita dell'impresa e alla sicurezza del posto di lavoro (politica finanziaria prudente e alto valore azionario).
Le teorie manageriali dell'impresa hanno un debito (riconoscenza) con:
- la tesi di Berle e Means sulla separazione della proprietà (percepiscono un dividendo) dal controllo (azioni)
- le teorie organizzative di H. Simon (razionalità limitata, incertezza, decisione)
studiano i fatti aziendali e i problemi di organizzazione e gestione.
La capacità degli economisti di prevedere i momenti di svolta degli andamenti economici è estremamente limitata. Si è capito con la domanda della regina Elisabetta non era stata prevista la crisi del 2008.
LE TEORIE DELL'IMPRESA sulle quali si fonda la prospettiva manageriale/aziendale:
- Teoria dei costi di transazione
- Teoria dell'agenzia
- Teoria degli stakeholder
- Teoria evolutiva
L'IMPRESA
L'analisi dell'impresa costituisce una componente della teoria dei prezzi e dell'allocazione delle risorse e di fatto non esiste nella prospettiva neoclassica (e in particolare nel modello dominante di Walras) alcuna teoria dell'impresa in senso proprio.
MODELLO DI WALRAS:
I principali postulati dell'economia neoclassica:
- La ricerca di condizioni di equilibrio in situazioni di concorrenza e di disponibilità di informazioni perfette e in
- da un lato l'impresa intesa come luogo di coordinamento di agenti
- dall'altro come luogo di gestione dei conflitti e degli interessi degli agenti stessi.
- Come spiegare l'esistenza di due forme di coordinamento e soprattutto l'esistenza dell'impresa, quando la teoria economica si era prodigata fino ad allora a spiegare l'efficacia del mercato?
- Come si fa la scelta tra i due meccanismi alternativi di coordinamento?
- i costi di "scoperta dei prezzi adeguati";
- i costi di "negoziazione e di conclusione di contratti separati per ogni transazione";
- i costi legati all'incertezza.
- i costi di organizzazione;
- lo spreco di risorse;
- l'aumento dei prezzi degli input.
Ai costi di organizzare un'impresa diversa... TEORIA DEI COSTI DI TRANSASIONE ← WILLIAMSON
La definizione della teoria dei costi di transazione si deve a Williamson che nel suo libro "Gerarchia e Mercato" del 1975 scrive di voler superare la divisione tra economisti e studiosi di management. Per far ciò egli riprende gli studi di Coase sui costi di transazione, quelli di Simon sulla razionalità limitata ed il concetto di opportunismo.
- Il mercato non consente di regolare le transazioni in modo esclusivo.
- L'impresa è un'alternativa tanto più efficiente quanto più elevati sono i costi di transazione.
- Il management deve trovare le soluzioni organizzative più adeguate. (MAKE OR BUY?) L'organizzazione è la risposta al fallimento del mercato come struttura di governo delle transazioni, che si verifica a causa dell'incertezza, della razionalità limitata e dell'opportunismo.
delle parti.- l’incertezza impedisce di definire contratti esaustivi (completi)- la razionalità limitata impedisce di prevedere come i contratti si evolverannoin futuro- l’opportunismo spinge i contraenti a tenere nascosti alcune dettagli dellarelazione (asimmetria informativa)ciò fa aumentare i costi di transazioneTuttoL’OPPORTUNISMO può essere di tipo pre-contrattuale (adverse selection) opost-contrattuale (moral hazard).• Nel caso della stipula di un contratto uno dei due contraenti può conosceredelle informazioni rilevanti (asimmetria informativa) non comunicatevolontariamente all’altra parte (opportunismo). Ciò causerà una scelta nonottimale (adverse selection) aver concluso il contratto, un contraentedoposarà tentato di perseguire i propri interessi