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POLITICHE MIGRATORIE ITALIANE ED EUROPEE

In questi ultimi 20 anni le politiche libiche si sono estese anche nel resto dell'Africa, sempre più a sud, dove sono state replicate. I migranti, dunque, non partivano più solo dal nord Africa ma anche dal sud Sahara.

Per questo motivo, le politiche migratorie europee sono cambiate nel corso del tempo; l'idea che si diffonde in Europa è inizialmente quella di controllare e bloccare le rotte del Mediterraneo e poi, quando si comprende che la Libia non è un paese di provenienza ma di transito/destinazione, anche le aree del Sahara.

Le politiche di contenimento dei migranti rispondevano tutte ad un principio di fondo: non bisognava permettere a queste persone di arrivare in Italia e in Europa. Tuttavia, non riuscendo a bloccare le partenze, l'Italia si trova nella condizione di dover imporre le condizioni per il vaglio dei migranti in Europa.

Le prime politiche elaborate partono, dunque, dal contesto italiano:

Per immigranti irregolari impossibilitati dall'ottenere lo status di rifugiato furono previsti i respingimenti, ovvero il ritorno al paese d'origine. Non si tratta di procedure individuali, ma di gruppo, tanto è vero che l'Italia fu anche condannata dalla Corte internazionale dell'Aja per l'utilizzo di questo strumento in maniera spropositata.

L'idea del rimpatrio, tuttavia, presentava una problematica: si trattava di uno scambio politico, quindi vi era bisogno del via libera da entrambe le parti. Ciononostante, vi erano dei paesi con cui era impossibile firmare questo accordo, in quanto bloccati in una situazione di guerra (es. la Somalia) - la Convenzione di Ginevra rendeva impossibile rimandare delle persone al proprio paese di origine se questo era belligerante.

I primi accordi italo-libici

La Libia è un caso evidente di come questa politica viene progressivamente contrattata; l'approccio italiano è sempre più

quello di chiedere alla Libia di regolamentare l'accesso al territorio e al mercato del lavoro, oltre che di trattenere sul suolo libico gli ipotetici migranti che volevano venire in Italia. Per farlo, inizia a fornire una serie di materiali e ad occuparsi dell'addestramento delle forze di polizia locali. Durante il governo di Romano Prodi (2006-2008), la Farnesina guidata da Massimo D'Alema riuscì a intavolare i principali punti di una trattativa con la Libia per giungere alla firma di un trattato per la normalizzazione dei rapporti. Per il governo di Tripoli l'unica condizione che avrebbe reso possibile l'accettazione delle posizioni italiane era che la controparte tenesse fede ai contenuti della Dichiarazione Congiunta sottoscritta dal Ministro degli esteri Lamberto Dini nel 1998, la quale collegava la normalizzazione ad un "Grande Gesto" riparatore. Nel 2008 rientra Berlusconi a Palazzo Chigi. Per Berlusconi, la Libia era concettualmente connessa.alla sicurezza di Israele e alla politica africana dell'Italia. Il governo voleva: Sfruttare la normalizzazione dei rapporti con Tripoli come volano per la propria presenza nell'Africa subsahariana Legittimare uno dei principali oppositori dell'Arabia Saudita e del Qatar all'interno della Lega Araba Nel 2007 erano stati firmati dei protocolli con cui si programmava un pattugliamento congiunto del mare e delle coste libiche. Nel 2008 arriva la svolta: la firma del trattato di cooperazione e partenariato tra Libia e Italia. Quello del 2008 è un trattato internazionale, approvato dal Parlamento italiano e ratificato. Tuttavia, al suo interno non vi è alcun riferimento alle migrazioni. In questo modo si limita al minimo il controllo parlamentare. Data non casuale, che ricordava non solo la rivoluzione di Gheddafi ma corrispondeva anche alla giornata della vendetta nei confronti dell'Italia, diventata in futuro data dell'amicizia, celebrata

tutt'oggi.43 border-linein quanto si tratta di strumenti molto nel dirittointernazionale.L'Italia, nel firmare questo trattato di dimensioni molto ampie (cooperazione a360 in qualsiasi aspetto della cooperazione bilaterale), ammette anche lesofferenze impartite al popolo libico negli anni della colonizzazione.Il riconoscimento dei crimini coloniali era, infatti, un delle richiesteavanzate da Gheddafi all'Italia per quarant'anni, che fino a quel momento nonera mai stata soddisfatta in maniera esplicita. Invece nel 2008 non soloBerlusconi con il viaggio in Libia ammette apertamente le colpe dell'Italia, ma ilgoverno italiano versa, inoltre, una somma ingente al governo libico, destinataalle riparazioni previste a seguito dei danni causati dal colonialismo.Questa ammissione da parte italiana aveva chiaramente un secondo fine,ovvero:Approfittare dei giacimenti di petrolio e gas (la Libia si trovava in piena- crescita economica)Aumentare gli investimenti

italiani sul territorio libico- Garantirsi il controllo dei flussi migratori verso l'Italia (l'Italia chiede un impegno molto forte alla Libia in questo campo)

Quali sono le conseguenze di questo scambio politico?

  1. Un'ingerenza molto forte dell'Italia in Libia
  2. La cessazione dell'embargo nei confronti di quest'ultima e la suariapertura al sistema e al commercio internazionale

L'inizio della cooperazione italo-libica nel Mediterraneo

Il trattato del 2008 viene ratificato a fine 2009; è proprio allora che hanno inizio, quindi, i pattugliamenti in mare, con cui la guardia costiera libica insieme alle forze dell'ordine italiane si impegnano a trovare le navi in mare e riportarle sulla costa libica.

Il Ministro dell'Interno Maroni presenta questa cooperazione con la Libia come la più avanzata tra le politiche di contenimento dei migranti; vengono fatte, dunque, ampie assicurazioni affinché questo meccanismo dei

respingimenti inmare si consolidi. Perché la Libia non si fa problemi ad occuparsi dei respingimenti? Perché non aveva mai firmato la Convenzione di Ginevra. Sempre nel 2009, Gheddafi era stato invitato nell'Aula Magna della Sapienza per tenere una lezione sulla Jamahiriya; alla domanda riguardante la questione delle migrazioni, Gheddafi specifica che:

I migranti africani non avevano diritti politici- La Libia non riconosceva la Convenzione di Ginevra. In una prospettiva politica, quindi, Gheddafi è disposto a scambiare il controllo delle migrazioni con il ritorno della Libia nel sistema internazionale; però non c'è nessuna intenzione a farsi carico del peso politico di questa cosa, ovvero la questione dei diritti umani dei migranti.

Attraverso i protocolli del 2007 e il trattato attuativo del 2008 si crea un meccanismo complesso che non riguarda solo i pattugliamenti in alto mare, ma prevede un vero e proprio ciclo: i migranti vengono intercettati,

riportati in Libia ed internati in dei campi di transito (o meglio di detenzione) dove è previsto che restino finché non possono essere riportati nei paesi di origine, in quanto si trovano in stato di arresto. Il meccanismo si blocca quando si tratta di spostare i migranti dai campi di detenzione al paese di origine, in quanto Gheddafi non ha il minimo interesse a fare ciò e non vi sono accordi di rimpatrio tra Libia e paesi africani. L'unico modo per uscire dai campi è quello di pagare una certa somma alla polizia libica. Questa politica migratoria non ferma i flussi migratori nel Mediterraneo, ma aumenta in modo considerevole la corruzione del sistema e lo sfruttamento dei migranti. Talvolta alcuni di loro vengono addirittura portati nel deserto e abbandonati al confine con il Niger. Rivedi accordi Minniti 23.11.2022 LA GUERRA DI LIBIA Tra il 2009 e il 2010, le premesse per la caduta del regime erano tutte già presenti; le rivolte arabe finirono per

accelerare il disfacimento del regime.

Quando parte la missione internazionale della NATO, per l'Italia si pone il problema di optare o meno per un intervento in Libia; sicuramente aveva tutti gli interessi per fermare la guerra, ma non possedeva il peso politico necessario per farlo.

L'Italia alla fine non solo darà le proprie basi alla NATO, ma parteciperà anche militarmente alla missione, scegliendo target meno sensibili e impattanti, pur sempre in contrasto con l'accordo appena firmato, secondo cui non vi sarebbe stata più guerra, ma solo alleanza politica tra le parti.

Sarà infine la stessa Italia a sospendere il trattato di cooperazione con la Libia, ricevendo da parte di Gheddafi l'accusa di essere ancora dei vecchi colonizzatori.

L'effetto della guerra del 2011 è quello di spaccare il paese in tre:

  1. Un governo a Tripoli (riconosciuto da USA, Francia, Italia ecc.)
  2. Un governo nell'est del paese (riconosciuto da paesi arabi,
  3. Turchia, Russia)

    3) Un controllo molto aleatorio nella regione a sud

    Inoltre, nella prima fase del conflitto, tutti gli stranieri presenti nel paese vengono confinati nei campi di detenzione sotto il controllo del governo di transizione nazionale, in attesa di verificare se questi fossero solamente lavoratori stranieri oppure appartenenti a qualche corpo militare straniero presente in Libia.

    Quando alcuni di questi campi tornano sotto il controllo della polizia libica e del Ministero dell'interno - a seguito del Memorandum del 2012 -, la situazione cambia. O meglio, le persone internate sono cambiate: le persone si trovano nei campi da meno tempo, il che significa che nel 2013 è stato riattivato il circolo di deportazione e detenzione dei migranti.

    La condanna dell'Italia

    Nel 2012, l'Italia viene condannata dalla Corte internazionale dell'Aja per queste operazioni congiunte con la Libia, nello specifico per il non rispetto del divieto di respingimento di

    Formattazione del testo

    Una persona senza prima aver verificato che questarientrasse nella fattispecie dei famosi richiedenti asilo. L'Italia viene condannata proprio perché sulle navi libiche che intercettano le imbarcazioni di migranti e le portano in Libia ci sono anche ufficiali di polizia italiana. Subito dopo la condanna, il governo Monti si impegna per la sospensione di questo tipo di politiche.

    Verso il nuovo accordo del 2017

    Nel 2014 ha luogo il processo di Khartoum, che tendeva a trasferire sui paesi terzi (in questo caso Corno d'Africa), di transito e di origine, il compito di "difendere" le frontiere europee di fronte ad un crescente afflusso di migranti. L'Unione Europea rispose alle stragi del Mediterraneo (le più grandi il 3 novembre del 2013 davanti Lampedusa ed il 18 aprile del 2015 nel Canale di Sicilia) con politiche di con

Dettagli
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A.A. 2022-2023
57 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/04 Scienza politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher luciapasp di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Politica, conflitto e migrazione nel mediterraneo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pavia o del prof Morone Antonio Maria.