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Appunti di Storia della famiglia nel Mediterraneo (riassunto teorie di Banfield, Laslett, Hejnal, Signorelli, Capello) Pag. 1
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Storia della famiglia nel Mediterraneo: Edward Banfield

Nella disciplina dell’antropologia del Mediterraneo, lo studio della famiglia è stato tra le basi

fondatrici della disciplina.

Fin dagli inizi, analizzando gli studi di Pitt­Rivers in Spagna, e successivamente quelli di John

Davis a Pisticci, si nota che la struttura prevalente è quella della famiglia nucleare.

Chi, su questo, ci ha costruito una intera tesi, ancora oggi molto controversa, è Edward Banfield.

Banfield, politologo statunitense, attorno al 1955, si trasferisce nel paese originario della moglie,

Chiaromonte, in Basilicata e qui studiò il modello di famiglia ed il suo comportamento (nel suo

libro questa località è chiamata Montegrano). Nel suo soggiorno, in cui non impara l’Italiano, ed

attraverso i dati raccolti con dei test, osserva un’arretratezza insita ed incontrovertibile all’interno di

questa società. Arriva ad elaborare la teoria del familismo amorale che renderà nota tramite la

pubblicazione del suo libro The Moral Basis of a Backward Society uscito nel 1958. Banfield

disegna una società costituita da familisti amorali, individui volti a massimizzare i guadagni

immediati e materiali per la propria famiglia (costituita solamente dal padre, la madre ed i figli non

sposati) e non in grado di collaborare tra loro per costituire una società più avanzata e moderna ed

uscire dalla povertà. Per Benfield, l’ethos del familismo amorale, insito nella popolazione

meridionale, sarebbe la causa della povertà e dell’arretratezza di queste comunità.

Elabora anche una sorta di “vademecum” del familista amorale: 17 punti in cui descrive il

comportamento modellizzato di questa figura, tra cui il disinteresse per tutto ciò che è a vantaggio

della comunità e non direttamente proprio, e l’incapacità di ribellarsi dal proprio status quo.

Benfield sostiene che non è solamente il familismo amorale la causa della povertà di Montegrano,

poiché individua altri problemi quali l’alta mortalità, l’assetto fondiario e l’inesistenza della

famiglia estesa.

Questa tesi di Banfield ha comportato uno strascico di polemiche che è giunto fino a noi

Banfield e le edizioni italiane

La prima edizione italiana risale al 1961 ed ha un titolo differente da quello che si otterrebbe con la

semplice traduzione: infatti si chiama Una comunità del mezzogiorno. È un titolo, per così dire,

edulcorato e politicamente corretto.

Nonostante questo volume venga espunto dal canone dell’antropologia del Mediterraneo, nel 1976

esce una nuova edizione italiana del libro, intitolato Le basi morali di una società arretrata, a cura

di Domenico De Masi e con molti saggi molto critici rispetto alle tesi del politologo statunitense. Lo

stesso De Masi, nella prefazione, critica duramente Banfield, accusandolo perlopiù di culturalismo

ed etnocentrismo.

Nel 2006, infine, esce un’ulteriore edizione con prefazione di Arnaldo Bagnasco. Qui viene evitata

una critica esasperata, ma si cerca di riprendere alcuni aspetti dei suoi studi che non devono essere

gettati insieme agli errori.

Probabilmente il punto nodale che ha scatenato i critici (Davis allude a questo libro come il

peggiore mai scritto) è la diversa concezione di “cultura” che ha un politologo rispetto ad un

antropologo. Banfield ritiene la cultura una serie di norme strutturali rigide, mentre gli antropologi

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
2 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher optical_lens di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia del Mediterraneo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Viazzo Pier Paolo.