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DNA.
Questo passaggio, non avvalendosi di una sequenza modello da copiare, può inserire un
numero ed una sequenza random di nucleotidi capace di scombinare completamente il
codice genetico ed inserendo un segnale prematuro di blocco della trascrizione.
L’mRNA prodotto viene rapidamente individuato da un meccanismo di sorveglianza cellulare,
che lo riconosce come un errore nell’espressione genica potenzialmente deleterio e lo
degrada.
Si ottiene dunque un knock-out, ossia lo spegnimento permanente dell’espressione del gene.
Homologous recombination (HR)
Se il DSB avviene in presenza di una sequenza di DNA omologa da copiare come modello, la
cellula attiva preferenzialmente il pathway di HR.
L’HR consiste nel taglio di nucleotidi danneggiati dal DSB, la copia della sequenza di DNA
omologa per colmare la regione di taglio, e la riparazione delle estremità per richiudere la
struttura.
La sequenza di DNA omologa può essere disegnata in modo tale da contenere una mutazione
nella porzione ricopiata dalla cellula. Quest’ultima, incorporata nel DNA tramite l’HR, dà
luogo ad una modifica permanente, finalizzata alla inattivazione di un gene, alla correzione di
una mutazione o all’inserimento di un gene.
In generale il genome editing tramite HR è più laborioso e meno efficiente del knock-out
genico tramite NHEJ, ma permette di apportare un maggiore ventaglio di modifiche.
Nucleasi ingegnerizzate
Il DSB è introdotto da nucleasi, ingegnerizzate in modo da essere indirizzate ad una sequenza
di 16-18 paia di basi, lunghezza che permette di riconoscere un sito unico nel genoma.
Le nucleasi ingegnerizzate ai fini di genome editing sono costituite da due componenti
strutturali: porzione di legame al DNA e porzione nucleasica.
Ci sono due problematiche, il legame a sequenze così brevi può risultare subottimale o
aspecifico, necessità di veicolare una proteina molto ingombrante e di difficile costruzione.
CRISPR/Cas9
Clustered Regularly Interspaced Short Palindromic Repeats/CRISPR associated 9.
Meccanismo di difesa nei confronti di virus. Le nucleasi Cas9 tagliano brevi sequenze virali e
le inseriscono nei genomi. La presenza di tali sequenze esogene nel
genoma dei microorganismi ne blocca
l’infezione da parte dei corrispettivi virus,
formando una memoria immunitaria.
La struttura del CRISPR/Cas9 è composta
da guideRNA che permette la formazione
del complesso con la Cas9 e lo guida sulla
sequenza target; Cas9, nucleasi che induce
il taglio nel sito individuato dal gRNA.
Il DSB introdotto dalla Cas9 nel sito target
può essere risolto dalla cellula attraverso
NHEJ come knock-out o HR se si fornisce
anche una sequenza omologa.
Le possibilità del gRNA di riconoscere sequenze non perfettamente complementari, o
complementari alla porzione con funzione strutturale, comporta il rischio di effetti off-targets.
Il sistema può essere implementato in svariati modi:
- Una forma tronca del gRNA, con una ridotta sequenza complementare al sito target,
conserva una buona efficienza nel localizzare il taglio nel sito voluto e diminuisce di
5000 volte la possibilità di appaiamento a sequenze off-target;
- L’induzione di un single strand break invece di un DSB tramite Cas9 modificata. Ciò
stimola l’HR, senza attivare il meccanismo NHEJ e un non desiderato knock-out.
Le nucleasi possono essere
introdotte nelle cellule coltivate
in vitro tramite trasfezione di
plasmidi di DNA, mRNA e
proteine purificate.
La trasduzione di virus non integranti e non replicanti è possibile sia in vitro che in vivo. Sono
utilizzati per trasferire con maggiore efficienza DNA alle cellule bersaglio, riconosciute in
maniera specifica e selettiva dalle particelle virali.
Seppur raro, è necessario considerare la possibilità di riattivazione del virus, che può indurre
in vivo una risposta immunitaria.
Esempi di applicazioni dell’ingegneria genetica
Trattamento di malattie genetiche monogenetiche: come anemia falciforme ed emofilia. Si
estraggono cellule ematopoietiche dal midollo osseo del paziente, se ne modifica il genoma
ex vivo, si eliminano le cellule malate dal sistema e si reintroducono le corrette.
In tutti i casi è possibile agire in vivo sull’organo affetto tramite virus ingegnerizzati o
riprogrammare ex vivo le cellule del paziente e reiniettarle.
Trattamento di infezioni virali: Il NHEJ è il principale meccanismo attraverso il quale operano
le nucleasi ingegnerizzate, tramite effetto sul virus (introduzione di mutazioni specifiche per
contrastare la tossicità) ed effetto sull’ospite (prendendo di mira i fattori chiave cellulari che
sono essenziali per l’ingresso, la replicazione o la riattivazione del virus).
Il targeting del genoma virale non interferisce con l’ospite e rappresenta l’approccio più sicuro
ma è ancora sotto studio.
Targeting di cellule tumorali: Virus ingegnerizzati, tecnologie di genome editing e impiego di
cellule staminali per rigenerare i tessuti. Si possono iniettare specifici geni alle cellule
tumorali per scopi specifici, come correggere l’errore genico che inibisce l’apoptosi.
Altri usi:
- Sviluppo di farmaci, ingegnerizzando precursori del farmaco.
- Biocarburanti ingegnerizzando le alghe o la pianta del mais.
- Studio di variazioni genetiche animali in modelli.
- Nuovi materiali sintetici modificando i pathway biologici di organismi organici.
- Alimenti, ingegnerizzando le culture agricole, rendendole più resistenti e proliferanti,
oltre che renderle resistenti alle infezioni patogene.
Modelli organ on chip Le piattaforme organ-on-chip consentono di
simulare importanti segnali fisiologici, come la
vascolarizzazione e il flusso del fluido
interstiziale che rende migliore l’emulazione
delle condizioni fisiologiche in vivo per lo studio
di moltissimi processi biologici.
Vantaggi dati dalla fabbricazione: alta varietà e versatilità di materiali, tecniche e design,
altamente riproducibili e personalizzabili. Inoltre si possono integrare sensori al chip per un
maggiore controllo.
Vantaggi della microscala: imitazione dei segnali a livello delle singole cellule, creare un
ambiente controllato e dinamico, ricreare l’interfaccia aria-liquido, creare un ambiente
complesso simile ad un tessuto con diversi tipi cellulari e riproduzione di condizioni
fisiologiche e patologiche.
I processi di creazione sono rapidi ed economici, si possono testare farmaci e tossine e si
possono simulare facilmente condizioni di malattia.
Si possono creare da:
- Tessuti ex vivo
- Linee cellulari primarie o immortalizzate
- Staminali pluripotenti
Modelli organ on chip da tessuti ex vivo
Preservano l'architettura originale del tessuto con tutti i tipi di cellule presenti nella loro
disposizione funzionale, consentendo una rappresentazione in vitro molto fedele della
risposta fisiologica in vivo.
Questo modello in vitro è spesso indispensabile per studiare malattie legate all'ambiente e
all'età la cui patogenesi è ancora sconosciuta. Un dispositivo microfluidico per colture ex vivo
a lungo termine dovrebbe fornire gli stimoli necessari del microambiente che circonda il
tessuto estratto in vivo al fine di mantenere la medesima funzionalità in vitro. Sebbene la
disponibilità di biopsie umane sia certamente limitata, l'attuale limitazione per la coltura di
organi ex vivo è la capacità di preservare il tessuto in coltura a lungo termine.
Complessivamente, gli attuali sistemi che integrano i tessuti ex vivo sono più simili ai
dispositivi di test funzionali a breve termine (2-3 giorni di coltura) che ai sistemi di coltura.
Modelli organ on chip da cellule primarie
Dopo le linee cellulari, le cellule primarie rappresentano la fonte cellulare più comune
utilizzata per sviluppare sistemi organ-on-chip. Come i tessuti ex vivo, sono derivati da
biopsie e sono stati sviluppati diversi protocolli per mantenerli in vita in coltura per settimane
dopo l'isolamento.
Sebbene possano subire variazioni fenotipiche nel tempo durante l'espansione in vitro,
mostrano comunque una maggiore disponibilità. Inoltre, nonostante il fenotipo a singola
cellula assomigli a quello in vivo, la mancanza di architettura e gerarchia dei tessuti
compromette la risposta funzionale cellulare rispetto a quella in vivo a livello di tessuti e
organi.
Modelli organ on chip da cellule immortalizzate
L'immortalizzazione cellulare, o più propriamente l'ottenimento di linee cellulari immortali, è
un processo attraverso il quale le cellule normali, che normalmente hanno un numero
limitato di divisioni, vengono manipolate per acquisire la capacità di replicarsi
indefinitamente. Questo processo, spesso coinvolgendo mutazioni genetiche che riattivano
la telomerasi (un enzima che ricostruisce i telomeri, le estremità dei cromosomi), permette
alle cellule di superare il limite di riproduzione e di diventare "immortali".
Ad esempio un modello in vitro 3D in cui vengono utilizzati insieme neuroni, astrociti e
microglia in una piattaforma microfluidica 3D, allo scopo di rappresentare la risposta neuro
infiammatoria, una componente chiave delle malattie neurodegenerative comunemente
indotte attraverso l’attivazione di microglia e astrociti. Viene utilizzata per studiare
l’Alzheimer. Le cellule neuronali e astrociti sono differenziati da cellule primarie di paziente
con Alzheimer, mentre le microglia da paziente adulto.
Modelli organ on chip da cellule staminali pluripotenti
Partendo dalle cellule staminali pluripotenti di
embrioni allo stadio di blastocisti. Possono
essere mantenute in uno stato indifferenziato e
pluripotente mediante coltura in presenza delle
citochine e fattori di crescita che mimano
l’ambiente dell’ICM.
Poiché le cellule embrionali si differenziano, alcuni geni vengono attivati mentre altri vengono
silenziati. Questi eventi di attivazione e silenziamento sono selettivamente coordinati con
l’allocazione dei lignaggi cellulari.
La possibilità di differenziare le cellule staminali pluripotenti indotte in tutte le cellule del
nostro corpo rende questo approccio molto promettente nel campo della ricerca biomedica.
La disponibilità in letteratura di molti protocolli di differenziamento rendono inoltre questo
approccio molto solido.
Le cellule hES e hiPS mostrano una notevole plasticità legata alla loro capacità di rispondere
prontamente ai segnali provenienti dall’ambiente circostante, consentendo differenziamenti
in diversi tipi cellulari.
Tuttavia, molti protocolli di differenziazione danno luogo a cellule strutturalmente e
funzionalmente immature, che assomigliano a fenotipi fetali anziché adulti. Bisogna quindi
prestare