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LGBTQ.
Capitolo 12, che cosa può dirci l’antropologia sulla disuguaglianza sociale.
Le società stratificate sono società in cui si riscontra una gerarchia permanente, che accorda a una parte
dei suoi membri accesso privilegiato alla ricchezza, al potere e al prestigio. La disuguaglianza può
emergere da molteplici categorie ordinate secondo a gerarchie di stratificazione differenti e
contraddittorie. Ogni categoria è un’invenzione culturale e non ha niente a che fare con suddivisioni
biologiche all’interno della specie umana.
Le categorie sono:
• Genere: Costruzione culturale di credenze e comportamenti considerati appropriati per ciascun sesso.
La ricerca è focalizzata sulla questione della disuguaglianza di genere. Dagli anni ‘70 le antropologhe
femministe, insoddisfatte della disuguaglianza di genere presente nelle loro stesse società, cominciarono
ad analizzare con attenzione i dati etnografici per stabilire se il dominio maschile fosse una caratteristica
costante di tutte le società umane.
Sherry Ortner avanzò l’ipotesi che tale predominio fosse radicato in una forma di pensiero
o culturale binario che opponeva il maschio alla femmina. I maschi godevano di un rango
superiore rispetto alle femmine perché queste erano “più vicine alla natura”, visto che erano
loro a partorire e ad occuparsi della prole. Tuttavia altre antropologhe furono in grado di
dimostrare che i ruoli di uomini e donne all’interno della famiglia variava sul piano storico e
interculturale. Ne conclusero che la famiglia nucleare fosse ben lontana dall’essere un modello
universale e che potesse essere meglio compresa come una conseguenza storica dell’ascesa del
capitalismo industriale nelle società.
L’importanza della storia spinse Eleanor Leacock a sostenere che la subordinazione delle donne
o agli uomini non fosse affatto inevitabile, ma connessa con l’affermazione delle proprietà private
e lo stato. Si servì di prove etnografiche e storiche per dimostrare come la colonizzazione
capitalistica avesse trasformato le relazioni di genere di tipo egualitario vigenti nei popoli
indigeni nel periodo precoloniale in relazioni diseguali e dominate dai maschi.
Marrilyn Strathern definisce come “genere” quelle categorizzazioni di persone, artefatti,
o successioni di eventi che attingono all’immaginario sessuale, in altre parole qualsiasi cosa può
essere un genere. Ann Stolet ha constatato che i colonizzatori stabilirono un divario “razziale”
fra colonizzatori e colonizzati, ponendo sé stessi maschi “bianchi” al di sopra dei maschi
indigeni che avevano sottomesso. E reprimevano con violenza qualunque coinvolgimento fra
maschi indigeni e donne “bianche”, mentre si concedevano liberi accessi sessuali con le donne
indigene. In questa maniera gli uomini indigeni venivano rappresentati come non propriamente
maschi, perché non erano stati capaci di difendere le loro terre e le loro donne.
Opera di Mitrael su Skuola.net
• Classi: gruppi sociali ordinati gerarchicamente e definiti su base economica. Il concetto ha seguito due
diverse linee di sviluppo nella antropologia moderna:
Europei: gli studiosi di scienze sociali vivevano in stati caratterizzati da una lunga storia di
o divisioni in classi sociali chiuse che risaliva al Medioevo. La rivoluzione industriale portò con sé
la promessa di porre fine ai privilegi della classe dominante e di rendere ugualitaria l’accesso
alla ricchezza, ma le suddivisioni in classi non scomparvero affatto. Importante è stato il
contributo che gli studi di Marx hanno offerto sul concetto di classe. Marx definisce le classi in
base ai differenti rapporti che i loro membri hanno con i mezzi di produzione. Gli operai
potrebbero diventare la classe al comando attraverso solidarietà comune, rovesciando il potere
dei capitalisti. La possibilità che emerga questo tipo di solidarietà viene messa a rischio
dall’istituzione della clientela, ovvero una relazione fra individui piuttosto che fra gruppi. È una
istituzione, che nell’ambito di una società stratificata, connette individui dei livelli più alti con
individui dei livelli più bassi, la parte che ha uno status superiore è il patrono, l’altra il cliente (la
clientela caratterizza i rapporti di compadrazgo).
USA: per generazioni il “sogno americano” è stato che tutti gli individui potevano perseguire
o ricchezza, potere e prestigio senza essere intralciati dalle barriere di classe. La promessa del
sogno non si è però realizzata per tutti coloro che vivono negli USA. Una rigida “barriera del
colore” impediva una mobilità sociale ascendente esclusivamente ai cittadini di origine africana.
Warner sostenne che la barriera del colore assomigliava di più alla rigida barriera che si
riteneva esistesse nelle caste indiane e che l’appartenenza alla classe sociale è ascritta fin dalla
nascita. Nell’antropologia americana questa distinzione divenne per molti decenni un punto di
riferimento.
Il termine casta venne applicato per la prima volta dai portoghesi ai sistemi stratificati nell’Asia
meridionale nel XV secolo. Essi trovarono che quelle società erano suddivise in sottogruppi “casti”, nel
senso che erano proibiti legami sessuali e maritali che superassero i confini dei gruppi. Di conseguenza si
dice che le caste fossero endogamiche e quindi delle forme di parentela.
Dall'Asia meridionale confluiscono due concetti in “casta”:
- varna: si riferisce alla nozione secondo cui la società indiana sia suddivisa in sacerdoti, agricoltori,
guerrieri e mercanti. Le divisioni in varna sono più teoriche.
- Jati: si riferisce a gruppi localizzati, dotati di un nome de endogamici. È un termine più significativo nei
contesti locali di villaggio.
Il sistema di stratificazione dell’india è stato assunto come prototipo della stratificazione di casta,
sebbene gli antropologi abbiano applicato il concetto anche a gerarchie sociali osservabili in altre parti
del mondo. Le locali divisioni di casta nell’india dei villaggi aderiscono a norme di purezza e di
contaminazione definite in base all’occupazione svolta dai loro membri, ai cibi di cui si nutrono e a ciò
che stabilisce con chi si possono sposare. Gli appartenenti ai jati di rango equiparabile non osservano tra
loro tali distinzioni, specialmente nei contesti urbani. Le associazioni di casta nelle cittò indiane più
grandi usano i legami di jati per promuovere il benessere economico dei loro appartenenti. In anni
recenti si è anche intensificato il ricorso alla violenza da parte degli appartenenti a jati di rango più
elevato per bloccare l’avanzamento degli jati inferiori. Gli antropologi contemporanei rifiutano le
interpretazioni che vedono la casta indiana come un sistema armonioso al suo interno e privo di
Opera di Mitrael su Skuola.net
contestazioni da parte di coloro che si trovano al fondo della gerarchia castale, sottolineando il crescente
ricorso alla violenza di casta degli ultimi anni.
Gli antropologi spesso usano il termine casta per società al di fuori dell’india quando esse presentano
raggruppamenti occupazionali endogamici (i cui membri vengono considerati con disprezzo dalle altre
società) o un élite dominante endogamica che si pone al di sopra di coloro che governa. Vaughan lo
utilizzò nel suo studio della casta dei fabbri in uno dei regni dei Marghi tra Camerun e Nigeria, i quali
però erano temuti dagli altri. Maquet lo usa invece per descrivere le classificazioni stratificate in gruppi
endogamici dei Tutsi, Hutu e dei Twa nella Rwanda dell’Africa centrale, e così molti altri. Un elemento
chiave riconosciuto da tutti gli antropologi che ricorrono al concetto di casta è l’endogamia imposta ai
membri di ciascun gruppo gerarchico. Sharma suggerisce il termine castificazione per indicare un
processo politico attraverso cui i gruppi etnici o di altra natura divengono parte di un ordine
classificatorio di qualche tipo, orchestrato dall’altro ma che non deve necessariamente risolversi nella
costruzione di un sistema castale.
• Razza: categoria della popolazione umana i cui confini devono corrispondere a insiemi distinti di
attributi biologici. Gli antropologi biologici contrappongo l’eredità genetica di un organismo, o genotipo,
al suo aspetto esteriore osservabile, o fenotipo, che viene determinato tanto da influenze ambientali
quanto da fattori genetici.
Il concetto contemporanea di razza si sviluppò, a partire dal XV secolo, nel contesto delle esplorazioni e
delle conquiste europee, cioè nel momento in cui gli europei di pelle chiara riuscirono a dominare le
popolazioni di pelle scura in varie parti del mondo. Le cosiddette razze, i cui confini furono tracciati
durante il XIX secolo, sono comunità immaginate, infatti la variazione biologica umana non si raggruppa
naturalmente in popolazioni dotate di confini stabili. Nonostante nel corso dei secoli vi siano state
variazioni nelle opinioni e nelle pratiche relative alla razza, permane una gerarchia globale in cui l’essere
bianchi simbolizza uno status sociale alto, mentre l’essere neri simbolizza lo strato più basso della
società. In questo modo l’identificazione delle razze si trasformò in razzismo.
Il razzismo è l’oppressione sistematica di una o più razze socialmente definite da parte di un’altra razza,
giustificata in base alla pretesa superiorità biologica intrinseca dei dominatori e all’altrettanto pretesa
inferiorità biologica intrinseca dei dominati. Ma essendo la razza appunto una categoria sociale costruita
culturalmente (i cui membri vengono identificati con caratteristiche fenotipiche), significa allora che le
categorie razziali hanno origine non nella biologia ma nella società.
Gli antropologi definiscono “razza sociale” come lo status acquisito dotato di connotazione razziale
nell’ambito di un sistema di stratificazione composto da categorie aperte simili alle classi alle quali
vengono assegnate etichette razziali. Lancaster, studiando e interpretando il razzismo, definisce
“colorismo” il sistema di identità sociali negoziato a seconda della posizione lungo un continuum di
tonalità dell’epidermide dal bianco al nero, non esistono confini razziali fissi. Gli informatori nicaraguensi
di Lancaster ricorrevano a tre diversi sistemi di classificazione basati sul colore:
Il primo comprendeva 3 categorie: blanco, moreno e negro.
Il secondo, definito cortese, dove gli europei vengono definiti chele (significa blu, per lo
stereotipo degli occhi azzurri), chi è moreno è detto blanco e chi è nero è chiamato moreno.
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