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Verso, metro, ritmo e sintassi

VERSO: l'unità minima tale che si possa scandire un discorso in versi compiuto. Una sequenza di versi può essere, dall'inizio alla fine, ininterrotta oppure scandita unità intermedie dette STROFE. Queste possono scandirsi per mezzo di precise sequenze rimiche (terza rima, sesta rima, ottava rima), per tipologie di versi che si susseguono o il numero di questi versi; in altri casi, invece, non seguono alcuno schema preciso. Si parla di FORMA STROFICA qualora le strofe abbiano unità di numero e schema rimico e siano unità autonome (o meglio dicendo: la strofa inizia e finisce in sé stessa, senza essere collegata alla precedente o successiva).

Computo sillabico, figure metriche: paragrafi 30-39, 41, 50-53, 58, 59-62

ISOCRONISMO SILLABICO: tutte le sillabe sono percepite come aventi la stessa durata; di conseguenza, due o più parole hanno la stessa durata se hanno lo stesso numero.

di sillabe, indipendentemente dal numero di fonemi che le compongono.

ANISOSILLABISMO: disuguaglianza sillabica tra versi.

ISOSILLABISMO: uguaglianza sillabica tra versi.

DITTONGO ASCENDENTE: vocale atona + vocale tonica.

DITTONGO DISCENDENTE: vocale tonica + vocale atona.

Si parla di DIERESI (spesso indicata con due puntini sovrapposti) quando due vocali vicine di una parola valgono due sillabe - essa divide in due sillabe un nesso che ne valeva due in latino -, di SINERESI quando due vocali vicine di una parola valgono una sola sillaba (la SINERESI non può avvenire quando le vocali A, E ed O sono seguite da vocale accentata). Si parla di DIALEFE quando la vocale finale di una parola non fa unica sillaba con quella iniziale della parola successiva (può avvenire, come non, dopo vocale tonica, nesso vocale tonica+atona, tra due atone o dopo una parola sdrucciola), in caso contrario si parla di SINALEFE.

Un NESSO VOCALICO DISCENDENTE (tonica+atona) all'interno del verso

subirà sineresi (in caso contrario, si parla di dieresi d'eccezione - avviene più spesso se il nesso è seguito da una parola iniziante da s+consonante), a fine verso dieresi - sia qualora il nesso stia a fine di parola od all'interno (ad esempio, a fine verso mai diverrà ma-i; pareanodiverrà pa-re-a-no). EPISINALEFE o SINAFIA: il conteggio come un'unica sillaba della vocale finale di un verso e di quella iniziale del verso successivo. SEMICONSONANTE: una I od una U senza valore di sillaba, avendo una durata più breve di una normale vocale e venendo articolata come una consonante. SEMIVOCALE: I ed U seguono una vocale tonica od atona, ed hanno una durata maggiore di una semiconsonante. APOCOPE: caduta della vocale finale di una parola. EPÌTESI: aggiunta di vocale a fine parola (da fu si può passare a fue), per evitare parole tronche a fine verso. SINCOPE: caduta di sillaba ad interno parola. ELISIONE: sopressione della vocale

finale della parola che precede.

AFERESI: della iniziale della parola che segue

CRASI: la fusione fra le due parole.

DIASTOLE: l'accento tonico va avanti di una sillaba.

SISTOLE: l'accento tonico va indietro di una sillaba.

Rima: paragrafi 113-126, 128-131, 133, 135, 137, 138, 140

RIMA (o RIMA PERFETTA): identità di tutte le vocali e consonanti a partite dalla vocale tonica della parola. Se vi è, invece, sempre a partire dalla vocale tonica della parola, identità di tutte le vocali, si parla di ASSONANZA; se vi è, invece, sempre a partire dalla vocale tonica della parola, identità di tutte le consonanti, si parla di CONSONANZA - quest'ultime due sono dette anche RIME IMPERFETTE.

La rima, prima del 500, era parte essenziale del testo poetico, fornendo non solo musicalità ma avendo anche una FUNZIONE DEMARCATIVA (dallo schema di rime si possono riconoscere le strofe, ed in taluni casi anche il tipo di componimento adoperato);

laddoveeccezioni erano, dunque, i versi che non rimavano con altri o, meglio ancora definendoli, le RIME IRRELATE. Tipologia particolare di rime sono le RIME CULTURALI: la RIMA SICILIANA (quando Irima con E chiusa/ U rima con O chiusa - SISTEMA PENTAVOCALICO SICILIANO. L'origine di questa rima si attribuisce alla tradizione manoscritta toscana dei siciliani, adattati entro un certo grado al dialetto toscano; ciò che, però, era nato come errore divennepoi una tendenza poetica, da che molti autori cominciarono ad inserirle di proposito. RIMAGUITTONIANA: quando I rima con E chiusa od aperta/ U con O chiusa od aperta. RIMA FRANCESE: quando sono seguite da n + consonante, A ed E rimano fra loro (ad esempio, ant ed ent rimano fra loro). RIMA UMBRA (quando ìe rima con i / ùo con u). RIMA BACIATA (AA, BB), RIMA ALTERNATA (ABAB), RIMA INCROCIATA (ABBA), RIMA INCATENATA (ABA, BCB, CDC), RIMA REPLICATA (ABC, ABC), RIMA INVERTITA (ABC, CBA). La rima può essere

FACILE (RIMA DESINENZIALE: amARE, volARE. RIMASUFFISSALE: caldaMENTE, veloceMENTE) o DIFFICILE (nei casi in cui sia difficile trovare un’altra parola rimante). RIMA DERIVATIVA (rima fra due parole laddove una derivi dall’altra: degno, inDEGNO), RIMA INCLUSIVA (rima fra due parole laddove una sia inclusa nell’altra: arte, cARTE). RIMA RICCA (identità di uno o più suoni prima della vocale tonica: impATTàRE, gATTàRE), RIMA GRAMMATICALE (rima data da parentele grammaticali: ami, reclami), RIMA EQUIVOCA (rima fra parole omofone ma di diversa funzione: amo - verbo -, amo - utensile -), RIMA COMPOSTA (una parola rima con l'insieme di due o più parole: oncia, non ci ha), RIMA PER L’OCCHIO (quando fra due parole vi è identità di fonemi ma l’accento tonico è differente), RIMA IN TMESI (quando una parola viene divisa a fine verso così da farla rimare, specialmente con gli avverbi: veloce- / -mente… voce).

RIMA IPÈRMETRA (Quando, in presenza di una parola piana ed una sdrucciola, quest'ultima viene considerata senza la sillaba finale, divenendo piana: tàci(ta), tenàci), RIMA IDENTICA (quando una parola viene fatta rimare con sé stessa). La rime non cade, come di consueto, solo a fine verso, ma anche all'interno (RIMA INTERNA); talora dividendo il verso in due emistichi (RIMA AL MEZZO). Queste due rime possono avvenire anche qualora la seconda parola subisca apocope (RIMA INTERNA/AL MEZZO APOCOPATA: ...da dottARE/ e portAR...) Versi italiani: 89-92, 94, 96, 100, 103, 105, 107, 108-112, 292-302

ENDECASILLABO: verso che deve avere l'ultimo accento tonico sulla 10a sillaba, ed un altro anche sulla 4a (A MINORE) o sulla 6a (A MAIORE), o su entrambe; si ha così un ENDECASILLABO CANONICO. Si parla, invece, di ENDECASILLABO NON CANONICA quando questo presenta solo l'ultimo accento sulla 10a sillaba.

Altra forma notevole

dell'endecasillabo è l'ENDECASILLABO SCIOLTO: seppur vi siano alcune testimonianze d'uso anteriori al 500, è con Trissino che l'endecasillabo sciolto viene canonizzato, come equivalente dell'esametro latino (L'italia liberata dai Goti) e verso adatto anche al teatro (Sofonisba), divenendo poi il verso di maggior prestigio nella poesia discorsiva, nelle traduzioni e, successivamente ancora, verrà legato da Leopardi alla poesia lirica.

X DECASILLABO (quando eu stava in le tu cathene): verso che deve avere l'ultimo accento sulla 9a sillaba, ed altri due sulla 3a e sulla 6a (sebbene questa forma si sia diffusa dal secondo 700 in poi, grazie anche a Manzoni; e, dunque, non è sempre rispettata). Particolare notare come sia proprio un decasillabo il verso utilizzato nel testo lirico italiano più antico da noi conosciuto: quando eu stavo in le tu cathene.

X NOVENARIO (tradizione giullaresca): verso che deve avere l'ultimo

accento sull'8ª sillaba, ed altri due sulla 2ª e sulla 5ª (questa forma, tuttavia, si diffonde solo a partire dal secondo 800); è un verso utilizzato principalmente nella tradizione giullaresca secondo lo schema dell'anisosillabismo.

OTTONARIO: verso che deve avere l'ultimo accento sulla 7ª sillaba.

SETTENARIO: verso che deve avere l'ultimo accento tonico sulla 6ª sillaba (è interessante notare come esso costituisca il primo emistichio di un endecasillabo a maiore, ed il secondo emistichio di un endecasillabo a minore); oltre ciò, la restante disposizione degli accenti è molto libera.

SETTENARIO DOPPIO (ALESSANDRINO/MARTELLIANO): nella poesia antica si trovano due tipologie di settenario doppio: quello di CIELO D'ALCAMO ed altri poemetti (primo emistichio sdrucciolo, secondo piano), il secondo è la forma italiana dall'ALESSANDRINO francese (primo emistichio piano o sdrucciolo, secondo piano); è detto poi MARTELLIANO.

la forma adoperata da JACOPO MARTELLI (primo e secondoemistichio piani).X SENARIO: verso che deve avere l'ultimo accento tonico sulla 5a sillaba, ed un altro fissosulla 2a nella forma canonica.

QUINARIO: verso che deve avere l'ultimo accento tonico sulla 4a sillaba.

QUADRISILLABO: verso che deve avere l'ultimo accento tonica sulla 3a sillaba.

TRISILLABO: verso che deve avere l'ultimo accento sulla 2a sillaba; è un verso di uso recente.

VERSO LIBERO: Si dovrà aspettare il 900 per parlare propriamente di VERSO LIBERO, inteso come atto di ribellione/rivoluzione (si vedano i futuristi con le loro parole in libertà) e, inoltre, come stravolgimento di tutte quelle forme metriche in passato utilizzate; tanto è che quello che negativamente era inteso al tempo come verso libero, era un verso che, agli occhi di Petrarca o Dante, sarebbe risultato sbagliato o bizzarro. Il verso, dunque, si riempie di rime imperfette o le rigetta, dà vita a

Sonetti che tali non sono, si lascia andare alla polimetria fino a giungere al limite oltre il quale si parlerebbe di prosa.

Componimenti poetici

La canzone antica o petrarchesa è il metro di maggior prestigio per la poesia antica, di cui vedremo la forma definitiva con Dante e Petrarca: questa è composta in endecasillabi e settenari (fra 200 e 300 si usa ancora anche il quinario) da più stanze di stessa grandezza e schema rimico (e non stesse rime: si parla, dunque, per la canzone, di coblas singulars. Coblas unnisonans: stanze monorime e stesso schema rimico), e termina con una stanza più piccola detta congedo, dove il poeta si rivolge o al lettore o alla canzone stessa (il congedo può essere trattato come una stanza, innovando solo le rime, o avere uno schema proprio). Le stanze sono divise in fronte (divisa a sua volta in piedi; sebbene Dante citi un tipo di canzone composta di fronte indivisibile e sirma divisa in volte) e sirma (può essere

INDIVISIBILE o divisa in VOLTE), unite daun verso che rima con l’ultimo dell

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Publisher
A.A. 2021-2022
6 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/09 Filologia e linguistica romanza

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher willowonka di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Ecdotica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Ferrante Gennaro.