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PROFAGO.
ciclo litico: Quando agenti esterni quali raggi X, raggi UV e in generale quei trattamenti che causano danni al
DNA inducono il genoma virale a staccarsi dal genoma cellulare, si instaura il ciclo litico. Finché sono attaccati,
il virus non si può diffondere. Se un evento esterno stacca la cellula e il virus, il genoma virale libero induce
immediatamente la replicazione di sé stesso, di conseguenza inizia il ciclo litico. Se la brodocultura scompare, è
iniziato il ciclo litico, nell’arco di poche ore non trovo più cellule libere nella mia brodocultura. Così valuto anche
se il ceppo è lisogenico. Lisi cellulare = ciclo di infezione = ciclo litico
La biodiversità microbica
La biodiversità microbica è il risultato dell’evoluzione attuata attraverso mutazioni e ricombinazione genetica in habitat
diversi. L’ambiente seleziona gli organismi che si adattano meglio: EVOLUZIONE E FILOGENESI.
Ci sono tanti habitat diversi sulla terra, quindi ci sono tanti organismi diversi sulla terra. La prima cellula era una struttura
che ha avuto origine casuale da una aggregazione spontanea di composti organici. La prima cellula che si è generata fu
un RNA, che ai primordi era una molecola con varie funzioni enzimatiche, non solo contenere info genetica,
sviluppandosi ha trasferito le informazioni ad una molecola più stabile ovvero DNA. L’RNA è specializzato nella
trascrizione e nella traduzione. La teoria endosimbiotica parla di evidenza scientifica: mitocondri e cloroplasti
contengono DNA e ribosomi, correlabili a quelli dei batteri.
I tre domini della vita sono: Bacteria (batteri); Achaea (archeobatteri); Eukarya (eucarioti), L’evoluzione si studia
attraverso la misura delle variazioni genetiche delle macromolecole, le quali rappresentano gli orologi molecolari. Essi
sono presenti in tutti gli organismi da studiare e sono funzionalmente omologhi. Il loro RNA è conservato tra organismi
filogeneticamente distanti.
Le mutazioni
Le mutazioni creano variabilità genetica, anche solo con la modifica di una base si modifica la funzionalità di quella
cellula. Infatti, le mutazioni sono un cambio casuale di una o più basi nucleotidiche, stabile e trasmesso a livello
ereditario. Possono essere letali, se inattivate con le mutazioni geni fondamentali per la vita di una cellula; negative,
quando si modifica solo l'attività di un enzima ma la cellula sopravvive seppur con fatica; positive, quando apportano
modifiche che consentono alla cellula di evolversi / spontanee o indotte.
Mutazioni spontanee
Le mutazioni spontanee non implicano il cambio di tante basi, ma solo di una singola base. Sono le più importanti dal
punto di vista evolutivo, in quanto permettono di ottenere varianti utili. Sono errori di replicazione. Possono essere:
mutazioni da transizione = purina scambiata con purina / pirimidina;
mutazioni da trasversione = purina/pirimidina;
delezione o inserzione di una base = causano uno spostamento di lettura del codice genetico frame shift.
Il cambio della lettura delle triplette può avvenire per due motivi:
a) inserisco una base nucleotidica = shift del codice di lettura di +1 mutazioni silenti se il
cambio/eliminazione/inserzione non provoca nessun cambiamento nel prodotto finale: ci sono più triplette che
codificano per lo stesso AA => prodotto finale non cambia
b) delezione, elimino una base nucletotidica = shift del codice di lettura di -1 mutazioni letali, non senso e missenso.
In base a quale base nucleotidica viene cambiata otterrò risultati diversi:
Se cambio la 3° base con una che dà luogo ad un segnale di stop, la mutazione porterà all’arresto della
trascrizione e quindi ad una proteina incompleta che non può svolgere le sue funzioni all’interno della cellula.
Se la mutazione avviene a livello della 1° o 2° base della tripletta si ha un vero e proprio cambio di AA che
potrebbe dar luogo ad una proteina diversa (mutazione missenso): quest’ultima potrà ancora svolgere la sua
azione, ma potrebbe avere un’azione differente da quella della proteina originale, a volte le migliora la vita; se
invece la proteina non avrà più attività richiesta dalla cellula porterà ad un esito negativo.
Mutazioni indotte
Le mutazioni indotte sono causate da mutageni chimici o fisici che agiscono direttamente sul DNA, influenzandone la
replicazione, in modo che vengano usate basi sbagliate. Servono per creare mutanti con caratteristiche migliorate.
Errori di appaiamento: acido nitroso (deamina la Adenina a ipoxantina che si appaia con la Citosina);
Agenti intercalanti: arancio di acridina (causa delezioni o inserzioni);
Raggi UV: (fusione fotochimica di due timine adiacenti formando dimeri che poi si appaiano in modo sbagliato).
La ricombinazione genetica
I batteri non hanno possibilità di riproduzione sessuale, si sono evoluti mettendo a punto la ricombinazione genetica,
che è un processo: unidirezionale, in quanto una cellula è donatrice e l’altra ricevente; parziale, poiché la ricevente non
è in grado di acquisire l’intero genoma di una cellula ma solo delle regioni parziali di DNA possono essere acquisite;
casuale / occasionale, dato che la cellula induce questi processi solo quando sente che l’ambiente non è favorevole alla
crescita e usa questi meccanismi per modificarsi e migliorare. La cellula non sa a priori quale sarà l’esito di questa
ricombinazione.
Questi processi consentono di acquisire o perdere caratteristiche, i batteri hanno una biodiversità alta. I processi sono:
1 - Trasformazione: acquisizione di DNA esterno, senza contatto tra cellule
2 - Coniugazione: trasferimento di DNA attraverso contatto tra due cellule
3 - Trasduzione: trasferimento di DNA mediato da un fago
1- Trasformazione:
La trasformazione non avviene per contatto diretto. La cellula si posiziona in un ambiente in cui c’è DNA batterico
derivante da una lisi di cellule. Se la cellula desidera acquisire DNA esterno si trova in uno stato di necessità, causato
delle condizioni ambientali, e nel momento in cui sente che c’è DNA esterno, entra nello stato di competenza, ovvero
lo stato in cui la cellula attiva i geni deputati a esprimere degli enzimi necessari per il processo di acquisizione del DNA
esterno, evento voluto dalla cellula ricevente dovuto a condizioni ambientali non favorevoli. Quindi i batteri
naturalmente trasformabili entrano in uno stato di competenza, indotto da condizioni ambientali sfavorevoli e codificato
da geni cromosomici.
Una volta entrata nello stato di competenza, il DNA esterno, viene legato alla superficie cellulare attraverso proteine
che riconoscono il DNA esterno e lo legano alla superficie cellulare. Si attiva anche una nucleasi che elimina uno dei due
filamenti del DNA esterno, in modo che ne entri solo uno nel citoplasma. Quando il singolo filamento entra, altre
proteine vanno a legarsi a lui per impedire la formazione di anse che renderebbe difficile l’inserimento nel DNA
Cromosomale. Queste proteine servono dunque per mantenere il filamento lineare.
Entra poi in gioco una proteina RecA che legge il filamento esterno e cerca, lungo il genoma, dei siti omologhi in cui il
filamento esterno possa inserirsi. Quando trova un sito la RecA taglia la porzione di filamento stampo per sostituirla con
il filamento esterno. Avremo:
esito positivo: se l’inserimento genera nuovi geni, questi potranno essere trascritti e tradotti in nuovi prodotti
cellulari e aiuteranno la cellula a sopravvivere nell’ambiente non favorevole;
esito negativo: se il filamento viene inserto in un punto in cui non si genera nessuna informazione / la RecA non
trova un sito di inserimento e quindi la cellula muore;
Anche i plasmidi possono ritrovarsi liberi nell’ambiente che circonda una cellula competente e venir inglobati di
conseguenza. È un evento raro in natura, ma viene sfruttato in laboratorio nelle tecniche di ingegneria genetica per
trasferire informazioni utili in una cellula ospite.
Il vantaggio dell’uso dei plasmidi in un processo di trasformazione guidato, è legato al fatto che non necessitano di
regioni omologhe per integrarsi nel DNA cromosomale della cellula ospite, ma rimangono liberi come entità
autoreplicanti, dalle quali tutte le caratteristiche genotipiche da essi portate possono venire espresse.
2- Coniugazione:
In questa fase è previsto un contatto diretto tra cellula donatrice e ricevente. Tale processo è generalmente studiato
nei Gram negativi che possiedono il pilo F (pilo sessuale), lungo e ampio. La capacità di produrre questo pilo è legata a
un plasmide coniugativo (posseduto solo dalla cellula donatrice F+) che porta le informazioni per la propria replicazione
e quelle per la produzione del pilo F.
Il contatto avviene a partire dalla cellula F+ donatrice, che prende contatto con una cellula F- ricevente, la quale non
possiede plasmide coniugativo. Quando vengono a contatto (contatto cercato dalla cellula ricevente F-) si forma il ponte
coniugativo attraverso il quale passa uno dei due filamenti del plasmide F (un filamento si rompe e inizia lo srotolamento
di quest’ultimo, che gli consente di passare attraverso il ponte coniugativo e di entrare nella cellula ricevente F-)
attraverso un meccanismo di rolling circle.
Una volta entrato circolarizza e si ha la duplicazione, in entrambe le cellule, per rigenerare il secondo filamento del
plasmide. Al termine del processo, la F- ora è F+ perché ha una copia del plasmide F. Mentre nella cellula F+ è rimasto
un filamento stampo del plasmide. Il processo di coniugazione è un modo di contatto tra cellule per il trasferimento del
pilo F ma che non porta ad una reale variabilità genetica nella cellula ricevente.
Una vera e propria ricombinazione genica si può avere quando il plasmide F è presente nella cellula donatrice sotto
forma di episoma coniugativo = plasmide che ha la caratteristica di integrarsi nel cromosoma batterico; può stare da
solo nel citoplasma o integrarsi in un sito specifico del cromosoma cellulare della cellula che lo contiene.
Il plasmide F si integra, sotto forma di episoma, nel cromosoma batterico, dando origine a cellule HFr (high frequency
of recombination) con alta frequenza di ricombinazione. Queste cellule acquisiscono sia il plasmide F, quindi la capacità
di trasferirlo ad altre cellule, sia una frazione del DNA cromosomale legato al plasmide integrato. È questa frazione di
DNA che entra nella cellula ricevente a donarle caratteristiche aggiuntive, non relative alla formazione del plasmide F,
creando variabilità genetica in essa indipendentemente dall’acquisizione o meno del plasmide F.
La buona riuscita del processo dipende da dove si è inserito il plasmide F nel cromosoma batterico della cellula
donatrice. oriT è il punto di inizio dello srotolamento