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MODERNISMO
Il sorge da una visione problematica, dall’insoddisfazione e dalla
lacerazione interiore. Figura insoddisfatta e in perenne ricerca di forme che sono comunque
provvisorie.
“Limite”
Lettura di Boine. Si tratta di Lasse, brevi frammenti, una suddivisione della prosa,
non pensata per capitoli. C’è un’altra idea della prosa, ha bisogno di fermarsi e di lasciare
un vuoto, far respirare intensamente dando una incostruzione dell’immagine. Le spaziature
sono i silenzi, sono le interruzione e gli straniamenti rispetto al flusso della scrittura.
Interruzione che non è solo semantica, ma ha più un valore ritmico. Tecnica novecentesca
straniamento,
dello indurre al distanziamento del lettore.
Testi umoristici e espressionisti è una lettura dura che coinvolge il lettore con una ricezione
carattere musicale,
e riflessione critica ed estetica. Molto forte è la presenza di visto nello
“L’ignoto”.
scritto
Anche i futuristi dicevano che il libro era una forma morta da rinnovare, parlavano del
cinema come forma tecnica artistica in grado di rinnovare il linguaggio. Anche Boine dice
che la letteratura è troppo appesantita dalla sua storia e dalla tradizione quindi non è in
grado di rinnovarsi. Quindi ci si deve rivolgere ad altre forme artistiche come la musica.
spezzatura e montaggio multi prospettico della scrittura di Boine
Questa , riceve molto di
musica dissonante.
questa insorgente dominanza della Ma anche probabilmente relativa al
“Frantumi”,
cinema, nel 1915 quando scrive la tecnica del montaggio non è quella che
userà anni dopo, precorre il montaggio di Ejzenstein che arriverà anni dopo in Russia, la
frantumazione.
Dino Campana
L’anno prima aveva integrato nel suo testo citazioni di “film”, anche se
all’epoca non era molto consolidato, fa riferimento alla tecnica cinematografica, questi
nella “Notte”, poemetto in prosa che introduce i Canti Orfici,
movimenti innaturali, c’è uno
schermo che cala su cui vengono proiettate delle luci. Un primo titolo di quel
componimento stesso era “Cinematografia …”. Al tempo il cinema era una forma popolare,
la sala era uno spazio dove succedeva di tutto.
DINO CAMPANA : Autore esoterico, ermetico, ma in fondo non proprio cosi, visionario ma
anche oggettivo ben comprensibile se non è proprio una poesia di carattere ecfrastico
(=che dichiara la ispirazione?) comunque lascia ben intendere il suo significato. Il critico
Mengardo
letterario lo accusa addiritura di una certa semplicità (ma riconosce che ci sono
disorientamento
questioni subliminali suggestive e irrisolte). La poesia di Campana mira al
del lettore “Il canto di Genova”
in testo come ultima poesia dei canti orfici. –
Approfondimento Campana con Bene. CLEMENTE REBORA
Punto sui poeti del periodo vociano, meno noti, abbiamo parlato di .
Seguendo le indicazioni di Mengardo sui poeti italiani del 900 diamo qualche indicazione
sulle innovazioni formali di un autore che è Milanese, pubblica i frammenti lirici con
l’edizione della Voce. Ispirazione leopardiana, capitolo del leopardismo del primo 900.
Per il leopardi mal noto”,
Rebora lo tratta in sede saggistica con “ 11 dei frammenti lirici in
Quello che sottolinea
cui il ricorso a leopardi viene interpretato ai limiti della atonalità.
Rebora è la tendenza da parte di Leopardi a poggiare sull’eccedenz a, incapacità da parte
del verso di contenere la dissonanza del testo con tutte le sue varie implicazioni e
sfumature. C’è una musica e una metrica, una estensione poetica che va al di la della
misura canonica del verso. Si manifesta attraverso una serie di pause, assonanze e
enjambement. Rebora apre una possibilità per il verso libero novecentesco che nasce alla
fine dall’endecasillabo sciolto di leopardi e nella stessa struttura dei versi leopardiani.
Per quello che riguarda rilievi di carattere tecnico del suo linguaggio possiamo riferisci a
Mengardo, che riporta anche negli altri poeti le notazioni più importanti che la critica fino a
violenza che viene
quel momento erano stati prodotti. Gian Franco Pontini parla di una
rivolta soprattutto all’area delle forme verbali , in quanto il verbo tende alla descrizione
l’espressionismo reboriano.
dell’azione, qui risiede Mengaldo elenca i principali elementi di
questa violenza operata a livello delle forme verbali. C’è un certo grado di appropriazione di
alcune forme verbali, che da riflessive diventano transitive ecc. Espressivizzazione a livello
soprattutto di utilizzo del verbo, modifica di carattere neologistico.
- Un passo significativo che riporta ancora Mengaldo è una lettera del 1911, lettera di
Rebora. Per quello che riguarda i frammenti si tratta di frammenti ma non sono i frantumi di
Boine, esplosi e vuoti, che rimandano agli abissi della psiche; ma si tratta di un modo di
agire per blocchi e per frammenti in modo dialettico, Mengaldo sottolinea che sono
frammenti che debordano ciascuno nel successivo e sfociano nel non finito. Tutti questi
blocchi si incastrano l’uno con l’altro e lasciano un residuo di imperfezione, finiscono per
alludere a una inconcludibilità del senso e del sentimento stesso della realtà.
- I brani antologizzati, ci sono anche i Canti, poesie di guerra, ma noi abbiamo testi dei
“La primavera”.
frammenti lirici. Visione della primavera non vitalistica ma appassita e
intrinsa di nausea, è tutto enunciato con un linguaggio dinamico e rielabora citazioni dal
lessico dantesco.
Immagine molto forte è anche quella dell’anima che giace pietra…, caratteri che enunciano
la presenza di una metafora o similitudine, come pietra, materializza l’immagine, salda i
due termini. sfinimento ed esaurimento,
Tutte queste immagini sono di in modo del tutto anti
convenzionale e anti canonico della produzione poetica italiana.
Testo che ha una costruzione lessicale composita, i vociani operano delle violenze sull’uso
normale e pacificato della sintassi. In Boine derivavano dall’accostamento stretto di
aggettivi e di nomi, la trasformazione di verbi in sostantivi. Utilizzo tutt’altro che piano delle
forme e della linea del discorso. corsa di un treno,
Il primo testo dei frammenti lirici riguarda una tradizione italiana del
secondo ottocento del treno, da Carducci. Il treno ha sempre avuto questo effetto di
modernità aggressiva e suscitante attrazione. In questo caso non si tratta della locomotiva
ma della Carrozza, come immagine di inerzia, che viene trasportata verso un percorso di cui
non è responsabile e che non conosce. Metafora immediata del tragitto dell’uomo nella
realtà del tempo. In questa chiave vi sono una serie di istanze come il percorso della
carrozza inconsapevole, trascinata su questo binario morto. Radici del suo leopardi mal
noto, rifunzionalizza la lezione di Leopardi con queste infrazioni nel corpo del linguaggio. In
ciascuno di questi testi c’è una musicalità profonda da risalire, quasi sillaba per sillaba si
deve risalire alla forza musicale di questa scrittura, che è morale ed è materia senza
soluzione di continuità. più sensi simultaneamente
Questo carattere della poesia di parlare in è un tratto che ricorre
7 tipi di ambivalenza nella poesia di Shakespeare
in tutta la poesia. Exxon parlava di ,
grande assunto del periodo elisabettiano.
La terra stessa poi diventa il soggetto che attende un segno di eternità; è una poesia che
ha un movimento panico e totale, dall’immobilità di una carrozza ferma su una rotaia si
espande l’orizzonte e si congiungono cielo e terra in questa eternità.
Gli altri due testi antologizzati sono dalle raccolte successive, una poesia più regolare
rispetto alla prima, ci sono forme chiuse più riconoscibili come quinari e schemi di rime
ancora più regolari. Si tratta di assonanze e allitterazioni, c’è un sistema fitto e quasi
barocco di ricorsività di tipo fonico. Tutto il componimento si impernia su una immagine
18 canto del paradiso.
dantesca, la figura di una trottola che ricorre nel Si tratta di una idea
fortemente metafisica, idea del rapporto con il divino e con l’assoluto che si sviluppa in
questo testo. Serie di rime facili e difficili al tempo stesso, con un senso suggestivo delle
brevi ripetizioni per cui sembra quasi che mimino il moto rotatorio della trottola stessa.
Trottola che si ricarica costantemente anche a livello della costruzione verbale. Serie di
giochi di parole che creano una circolarità che diventa quasi ascensionale, all’eterno.
L’ultimo testo è di grande suggestione e ci introduce alla poesia del porto, della guerra, gli
errori della guerra, una poesia di guerra che poi sarà quella del porto sepolto di Ungaretti.
Ma c’è uno spirito diverso, per Ungaretti è un percorso conoscitivo e di auto riconoscimento.
Abbiamo attraversato la tradizione dei poeti vociani, soprattutto concentrandosi su due
autori fortemente uniti dalla ripresa di alcune immagini e di temi chiave di Leopardi come il
taedio e la noia; che però sono anche distanti tra loro, due visioni radicalmente diverse,
Sbarbaro e Rebora. Abbiamo anche visto che in Sbarbaro c’è un mutamento radicale di
piano quando si passa alla prosa, che rende conto anche che il campo di massima
sperimentazione di ambito vociano è il romanzo. Di fronte a questa narrazione prevedibile i
vociani e i prosatori di inizio secolo hanno un atteggiamento ambivalente davanti alla
narrazione classica, comunque recente del tardo ottocentesca del naturalismo. Uno di
questi autori che ripartono dal naturalismo è Federigo Tozzi.
Uno dei romanzi maggiori che aderiscono a questo modulo tardo verista è “il Podere”, un
inetto che si trova nelle campagne, erede quasi di Mastro Don Gesualdo; con una forma di
inconsapevole protesta tramanda ciò che ha ereditato dal padre. Si mettono in parallelo il
percorso psicologico e psichico di Tozzi con Kafka e il suo rapporto con il padre, che si
esprime nella lettera al padre.
Federigo Tozzi di grande importanza per i testi scritti nel primo 900, e scritti come “Ricordi
di un impiegato”. Borgese, narratore di grande fama, fu uno dei primi che hanno fatto in
modo che Tozzi avesse l’attenzione che meritava, inquadrandolo sotto la prospettiva di
Verga. Borgese calcò la mano sulla presenza degli elementi di Verga e di carattere verista
nelle opere di Tozzi, cosa che è molto più stratificata e piena di piani. Questo atteggiamento
di Borgese incoraggiò anche Tozzi con “Tre croci” e poi con “Il podere” a implicare la
tradizio