BAMBINO
In questo quadro d’insieme la scuola, in particolare quella materna e
dell’infanzia, rappresenta il primo contatto che ogni soggetto ha con i contesti
educativi formalmente intesi.Per tali ragioni esige, anche se spesso ne è carente,
una organizzazione ed una programmazione formativa precisa e vincolante, tale
da non sperperare nessuna risorsa posta in essere. Tale pianificazione riguarda:
spazi, tempi, potenzialità individuali, risorse e materiali didattici. 40
Il bambino deve poter trovare nella scuola stimoli a fare, se il fare consente le
prime forme conoscitive
nell’infanzia. La scuola è il luogo istituzionalizzato dove il bambino può
imparare ad imparare.
Lo può fare, fin dall’infanzia, perchè in questa età egli si apre al mondo, ai
rapporti relazionali con le cose e le persone.
E’ necessaria una volontà che alimenti uno spirito educativo che permetta ad
ogni soggetto, posto nella condizione di essere educato o di educare, di
assumere quella vigilanza epistemologica che autorizzi a restare al passo con i
tempi, e che trovi nell’anima di ognuno il vero valore costruttivo e di
maturazione. Comunque, il processo educativo ha assoluto bisogno di
riscontrarsi con aspetti prettamente pragmatici e sperimentali al fine di non
lasciare ogni speranza educativa al caso e all’aleatorietà.
IL BAMBINO E L’EDUCAZIONE
S. Freud considera l’educatore e il genitore mestieri impossibili, in quanto
costantemente chiamati a confrontarsi. Questi “mestieri”, però, trovano comune
accordo nell’impegno di rendere il bambino capace di liberare le proprie
potenzialità creative e relazionali e, più specificatamente, nell’adottare
metodologie pertinenti, strumenti efficaci e tecniche che corroborino il
cammino secondo il modello popperiano della falsificazione.
Il bambino ha bisogno di vivere in ambienti capaci di stimolare il suo interesse,
siano essi istituzionali come la scuola o informali come la casa o gli ambienti
sportivi; ecosistemi, insomma, entro cui muoversi e in cui siano condivisi
elementi come le competenze degli insegnanti, le risorse economiche-
ambientali, le prospettive culturali e di maturazione del soggetto.
Ecco, allora, che l’educazione fin dalla prima infanzia ha la presa di coscienza
che “la scuola non potrà che facilitare forme di espressione del potenziale
educativo e creativo di cui una persona dispone, sia esso bambino, sia
fanciullo o adolescente. Il bambino è intelligente proprio perché riesce a far
funzionare ogni sua potenzialità, non soltanto quelle di natura mentale.
In conclusione si può asserire che la scuola, a maggior ragione quella che il
bambino trova come prima agenzia formativa, non può nascere se non per
mezzo di una proficua ricerca e responsabilità deontologica, professionale ed
ontologica.
Non possiamo osservare un bambino come un semplice vaso vuoto da colmare
e riempire, piuttosto come riconoscibilità epistemolgigica di espressione:
- del suo più intimo potenziale;
- di liberazione della naturale spinta creativa (rintracciabile soprattutto nella
caratterizzazione del gioco); 41
- della fervida e mai limitata immaginazione e fantasia aderente
all’espressione delle emozioni;
- della sfera dialogica.
Il bambino, infatti, non è solo uno e soltanto uno di questi elementi, ma punto di
coagulo che chiede costantemente di poter sviluppare se stesso e la propria
natura 42
Lezione 17: PROBLEMI EDUCATIVI DEL BAMBINO
Nella costruzione di un progetto educativo a partire dalla prima infanzia,
occorre restituire a quest’ultima gli spazi ed i tempi che le sono propri, in un
mondo che seppur da un lato reclama la valorizzazione costante del bambino,
dall’altro lato ha svigorito il suo modo di apprendere e di creare giocando.
Questa laboriosità e gravosità sempre più acuta va a scontrarsi con il fatto che
oggi il bambino è sottoposto a continuo stress.
I tempi e i modi del bambino non sono i tempi e i modi dell’adulto. Come
riflette Gisle George “il problema è l’iperfunzionamento. Quando il bambino
viene messo sotto pressione, la macchina si esaurisce”.
A scuola, con ritmi che occupano fino a dieci ore giornaliere, lo sport in cui è
sempre più richiesta una filosofia della vittoria e della prestazione, la famiglia
in cui i bambini vengono lasciati soli a sè stessi davanti alla tv, il gruppo dei
coetanei ove massiccia è la presenza di abusi e atti di bullismo provocano così
affaticamento fisico e mentale, a volte un isolamento e senso dell’abbandono
(anni Ottanta: ragazzi Hikikomori, definiti così dallo psichiatra giapponese
Saito Tamaki, soggetti autoreclusi: ragazzi che interrompevano le
comunicazioni con il mondo sociale e reale e si ritiravano nelle proprie stanze
rimanendovi ininterrottamente per lunghi periodi, ammazzando il tempo con i
videogiochi prima e con internet poi )
Quanto manifestato ha determinato il fatto che l’educazione del bambino sia
divenuta, in questi ultimi anni, sede di ricerca e riflessione per due principali
ragioni:
1. la prima, di natura sociale, nella quale si è connessa la necessità di offrire
un servizio pubblico che doni condizioni ottimali di sviluppo ai bambini e
permettere alle madri di non interrompere l’attività professionale al di fuori
della vita domestica;
2. la seconda, di ordine pedagogico, consiste nel preparare i bambini a
diventare allievi, di andare a scuola e acquisire le competenze necessarie
alla vita.
L’INFELICITA’ COME KILLER EDUCATIVO
Da un punto di vista educativo non c’è più una vera soddisfazione dei bisogni,
riferendoci alla teoria di Maslow, piuttosto una occupazione sempre più
indiscriminata e qualitativamente meno efficace dal punto di vista evolutivo.
Oggi un bambino seppur possieda competenze a volte superiori a quelle dello
stesso adulto, soprattutto nei contesti informatici, è disadattato da un punto di
vista sociale. 43
Non si soddisfano più i bisogni inferiori e, di ricaduta, non possono essere
soddisfatti i bisogni più elevati.
Maslow infatti ritiene che i bambini abbiano notevoli difficoltà a soddisfare i
bisogni, anche quelli basilari (piramide), come il bisogno di sicurezza e di
appartenenza.
Il bambino sta diventando sempre più computer dipendente, come una
macchina che esegue operazioni in modo totalmente privo di fantasia e
creatività.
IL GIOCO NEL BAMBINO
Oggi il bambino non è lasciato libero di giocare, di divertirsi di sperimentare e
sbagliare.
Oggi vigono regole di gioco sempre più opprimenti, sia sotto un piano
puramente normativo, sia di tempi e luoghi.
Da un punto di vista didattico ed educativo contrastare fonti di stanchezza e di
infelicità è di vitale importanza, soprattutto quando l’educazione viene ad
essere una forma di evoluzione soggettiva, piuttosto che una forma di
indottrinamento passivo ed asettico.
La programmazione delle attività che giornalmente compie il bambino ha la
necessità di essere individualmente sostenibile e tenere considerazione il
fattore motivazionale in ogni pratica; altrimenti si corre il rischio di rendere
oppressivo e coercitivo ciò che naturalmente dovrebbe essere liberatorio e
formativo.
Di qui la necessità di favorire attività ludiche e piacevoli per contrastare la
monotonia dettata da una istruzione sempre più specializzata, nonché
valorizzare al massimo la componente affettiva e dialogica di ogni soggetto
per mezzo di una socialità attiva.
GIOCO: dev’essere visto come attività umana fondamentale, segnale
inequivocabile di vitalità e di presenza, tensione ideale verso soluzioni non
previste e consolidate. Gioco creativo, dunque, come attività finalizzata alla
scoperta. 26 settembre 2025
IL GIOCO NELLA SCUOLA
Nella vita sociale occorre incentivare una partecipazione attiva da parte dei
soggetti interessati al fine di maturare una consapevolezza diffusa che generi
valori e autonomia.
In ogni scuola si riscontra una pericolosa tendenza e depotenziamento
dell’autonomia del bambino, derivante dal frenetico mondo dell’adulto
incapace di trovare tempo da dedicare alla propria prole. 44
La Montessori infatti, asserisce che “il primo istinto del bambino è di agire da
solo, senza l’aiuto altrui, ed il suo primo atto d’indipendenza è di difendersi da
coloro che cercano di aiutarlo”
Al fine di ovviare a tale problematiche pare fondamentale un’azione didattica e
pedagogica volte ad “orientare verso il gioco creativo che sarà perciò libero e
spontaneo, perché la persona possa esercitarlo senza pressioni esterne e senza
forme imitative rituali. Purtroppo quando il gioco rischia di estinguersi nel
processo di sviluppo personale, fenomeno che si è obbligati a registrare con
l’approssimarsi dell’età adulta, allora anche la creatività si spegne”.
Infatti, l’ambiente che si genera con una partecipazione da parte del bambino
sarà a misura dei suoi bisogni, ricordando ancora Maslow, un ambiente che
conceda l’errore, l’esplorazione e la conquista.
Ecco, allora, come suggerisce la Tonelli, che la metodologia educativa ha
l’obbligo di fondarsi su 5 principi fondamentali:
• disponibilità di materiale idoneo all’attività ludica
• libertà espressiva
• organizzazione condivisa degli ambienti e dei materiali
• favorire l’autonomia
• raccogliere una documentazione educativa dei passi che si sono fatti
La scuola concorre a sviluppare le potenzialità creatività del fanciullo.
Due aspetti di essa devono essere sottolineati in modo particolare in un ottica
ludica:
• necessità che le funzioni motorie, cognitive ed affettive giungano ad operare
progressivamente in modo sinergico, suscitando nel fanciullo il gusto di
impegnarsi ed esprimersi in tutta la sua naturale personalità
• necessità di non ridurre la creatività e il gioco alle sole attività espressive, ma
di coglierne il potere produttivo nell’ambito delle conoscenze in via di
elaborazione nei processi di ricerca.
ESERCITAZIONE
Il «periodo» covid-19 ha notevolmente influenzato la dialogicità e
l’apprendimento del bambino:
Il "periodo" covid-19 ha influenzato in modo elevato la dialogicità e
l'educazione del bambino, poiché la loro vita venne totalmente stravolta. Furono
costretti a passare da un contatto diretto con gli insegnanti, con gli amici, con i
non
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