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IL RAPPORTO DI CONCENTRAZIONE
RCn è il rapporto di concentrazione per le prime “n” imprese, e rappresenta la quota di
mercato detenuta da “n” imprese (le più grandi) in un’industria. La misurazione
avviene sulla base delle vendite effettuate e/o sul numero degli occupati. RC n = Σ Si
con i = 1,2...n Si = quota detenuta dalla i-esima impresa (più grande) sulle vendite
(o sugli occupati) totali dell’industria Quest’indice è di semplice determinazione, anche
se l’utilizzo dei dati riferiti alle prime “n” imprese è una limitazione, perché non tiene
conto della numerosità degli operatori e della distribuzione dimensione delle imprese
non considerate nel rapporto.
L’INDICE HH (HERFINDHAL-HIRSHMAN)
L’indice si basa sulla somma dei quadrati delle quote di mercato di tutte le imprese del
settore. HH = Σ (si )2 con i = 1,2...N Dove si è la quota delle i-esima impresa del
settore e N è il numero totale delle imprese presenti. Nel caso estremo di unico
monopolista HH = 1. Il valore dell’indice nel caso limite di imprese di uguali dimensioni
è HH = 1/N. È un indice di complessa determinazione perché richiede la disponibilità
dei dati dimensionali di tutte le imprese presenti nell’industria.
IL COEFFICIENTE DI ENTROPIA è una ponderazione sulla base delle quote di
mercato delle imprese. E=Σsi loge (1/s1) i=1,2...N L’indice assume un valore
limitato nel caso di industria altamente concentrata. E = 0 rappresenta l’industria
monopolistica.
LA CURVA DI LORENZ mostra la variazione dimensionale della dimensione cumulata
delle “n” maggiori imprese di un’industria.
Il totale delle imprese che compongono l’industria è uguale a 0D. Se le imprese hanno
tutte le medesime dimensioni la curva di Lorenz coincide con una retta a 45 gradi. Nel
punto C, ad esempio, la metà delle imprese che compongono l’industria corrisponde
alla metà esatta della dimensione settoriale. QUESTA CURVA VIENE UTILIZZATA
PER RAPPRESENTARE LA MISURA DI CONCENTRAZIONE DEFINITA DAL
COEFFICIENTE DI GINI.
IL COEFFICIENTE DI GINI è pari: Σ(pi – qi) / Σpi con i = 1,2...(n-1) L’indice è il
rapporto tra l’area di concentrazione e l’area del triangolo 0NA. Nel caso: • d’impresa
dominante (quasi monopolistica) G=1 • nel caso G=0 il settore è composto da imprese
di uguali dimensioni: in questo caso la curva di Lorenz è la retta a 45 gradi 0CA.
Ricordiamo che nella determinazione della concentrazione, conviene ripeterlo, è molto
rilevante la definizione chiara del settore industriale, dei confini del mercato, del grado
di diversificazione delle imprese.
Lezione 24 DETERMINANTI DELLA CONCENTRAZIONE
Le determinanti della concentrazione sono riconducibili ai seguenti fattori:
Economie di scala, Barriere all’entrata, Regolazione, Ciclo di vita
dell’impresa.
LE ECONOMIE DI SCALA emergono quando all’aumento della produzione
corrisponde una riduzione dei costi medi di lungo periodo. Esse possono essere:
Reali= quando si ha una riduzione del costo medio attraverso una diminuzione degli
input fisici.
Pecuniarie= quando la riduzione del costo medio è dovuta a variazioni dei prezzi.
Interne= sono determinate direttamente dall’impresa.
Esterne= implicano il sostenimento di minori costi per effetto di decisioni collettive,
prese da tutte le imprese appartenenti ad un settore.
BARRIERE ALL’ENTRATA E ALL’USCITA= in un determinato settore le barriere
all’entrata e all’uscita fondamentali nella concentrazione dal lato dell’offerta: nelle
imprese con alti margini di redditività è maggiore l’incentivo all’ingresso e ciò riduce la
concentrazione.
REGOLAMENTAZIONE= le politiche pubbliche possono influenzare i livelli di
concentrazione di un determinato settore; gli interventi volti ad accrescere la
concorrenza, impedendo le pratiche restrittive e/o di cooperazione, di fatto riducono la
concentrazione di un settore.
IL CICLO DI VITA DELL’IMPRESA anche questo può influenzare la concertazione del
settore.
Avvio= ingenti investimento in ricerca e sviluppo; è probabile che la concentrazione
sia bassa; il numero di imprese presenti nell’industria cresce rapidamente.
Crescita= il mercato si espande; i produttori iniziano a realizzare economie di scala; il
settore può accogliere nuove imprese attratte dal profitto.
Maturità= le vendite si stabilizzano; la domanda si avvicina al livello di saturazione;
la concentrazione aumenta.
Declino= vendite e profitti iniziano a diminuire; si può giungere alla collusione; la
concentrazione è piuttosto alta.
Lezione 25 LA LOCALIZZAZIONE DELLE INDUSTRIE
Le decisioni in ordine alla localizzazione di un’attività dipendono principalmente dalla
tecnologia, dall’intensità della concorrenza, dalla normativa vigente. Si è riscontrato
che la manifattura è geograficamente concentrata, così come i settori a maggiore
intensità di lavoro tendono a localizzarli nelle regioni dove il costo del lavoro più basso.
Per questi motivi emergono aggregazioni di imprese come i cluster, dove le imprese
collaborano tra loro. I cluster sono gruppi d’imprese legate da strette relazioni, e
localizzate in un’area geografica definita: l’ambito geografico può riguardare una
singola entità territoriale, come ad esempio una regione, o anche gruppi di paesi
vicini. Le imprese di un cluster, spesso collaborano, servendo segmenti diversi della
medesima industria. La volontà di ridurre i costi di transazione da parte delle imprese
specializzate che fa nascere i cluster.
Inoltre i vantaggi derivanti dalla localizzazione all’interno di un cluster potrebbero
rendere meno pressanti le istanze di rilocalizzazione internazionale della produzione a
favore di paesi in via di sviluppo, fenomeno che sta pesantemente modificando la
struttura economica e sociale dei paesi sviluppati. L’economia italiana si è sviluppata
sulla base di un determinato modello di cluster chiamato distretto industriale. Distretto
e cluster non sono sinonimi: il primo si presenta come una particolare forma di
sviluppo locale con elevata specializzazione delle imprese, mentre il secondo è un
sistema dove le imprese sono radicati sul territorio. In effetti, il cluster è, più
genericamente, un insieme di elementi simili che crescono in modo congiunto:
definizione che si adatta ad una grande varietà di situazioni, in cui sono presenti
componenti funzionali e territoriali. Il cluster non è identificabile, come avviene per il
distretto, soltanto con una piccola porzione di territorio, ma può estendersi a livello di
regione o nazionale (Porter, 1998).
Lezione 26 I DISTRETTI INDUSTRIALI/1
Il distretto industriale è definito come un sistema caratterizzato da molte imprese
specializzate in determinate produzioni. Uno degli elementi caratteristici sono le
economie esterne, che ne determinano il vantaggio competitivo in termini di
performance. l fenomeno è presente in molti paesi europei, anche se in Italia si
presenta con particolare intensità e, per questo, fra i più autorevoli studiosi del
fenomeno si ritrovano molti economisti italiani. In Italia si contano oltre 150 distretti,
soprattutto nel settore tessile e abbigliamento, mobili e arredo, pelli e calzature.
Il termine distretto industriale è introdotto da Marshall nella seconda metà del XIX e fa
riferimento: ad un’entità socio-economica costituita da imprese facenti parti
di un medesimo settore, localizzate in un’area ben definita, tra le quali, pur
in un regime di concorrenza, sono stimolati i rapporti di collaborazione
(Marshall, 1972). Marshall nella sua definizione pone l’accento sul ruolo delle
economie esterne del distretto che rappresenta l’elemento mediante il quale è
possibile creare il vantaggio competitivo delle imprese che vi operano. Il ricorso alle
economie esterne nelle imprese distrettuali, che presentano di solito una dimensione
limitata, compensano la mancanza di economie interne.
Negli anni il distretto ha subito notevoli modifiche strutturali, con una estensione di
questa realtà anche a settori di produzione non tradizionali, oltre ad un adattamento
dei sistemi ai nuovi scenari di concorrenza mondiale.
CARATTERISTICHE DEL DISTRETTO SONO: • mercato del lavoro con elevate
professionalità specifiche, • capacità diffuse, • pregnante cultura del fare, • attenzione
all’innovazione e alla qualità della produzione, che emergono spontaneamente e sono
difficilmente protette a livello brevettuale.
In Italia la maggior parte dei distretti italiani ha visto la luce durante gli anni del
miracolo economico, anni Cinquanta e Sessanta. Durante gli anni del miracolo
economico l’economia italiana stava crescendo con dei ritmi molto elevati. Questi
sistemi produttivi hanno continuato a crescere durante gli anni Settanta e Ottanta,
anche in controtendenza rispetto all’intero sistema paese. Soltanto negli anni Novanta
i distretti hanno iniziato a trovare terreno fertile anche nel Sud Italia. I distretti italiani
sono più di 150, appartenenti a specifici settori produttivi e fortemente localizzati
nell’Italia centro-settentrionale.
Lezione 27 I DISTRETTI INDUSTRIALI/2
Nel 2001 il decreto legislativo 228 ha identificato due nuove tipologie di distretto:
• il DISTRETTO RURALE, in cui si ha una forte integrazione tra attività agricola e
attività connesse; • il DISTRETTO AGROALIMENTARE, sistema produttivo con
un’elevata interdipendenza tra le imprese agricole presenti.
Elementi distintivi del distretto sono: la prossimità spaziale delle imprese;
l’elevata specializzazione produttiva.
A QUESTI ELEMENTI È POSSIBILE AGGIUNGERE: • la formazione di un unico
mercato del lavoro, • una rete di fitti contatti tra imprese. GLI ELEMENTI CHE
CARATTERIZZANO IL DISTRETTO IN SINTESI: • PRESENZA DI ECONOMIE ESTERNE
LOCALI • RENDIMENTI DI SCALA CRESCENTI • RIDUZIONE DEI COSTI DI TRANSAZIONE
• RIDUZIONE DEI COSTI DI APPRENDIMENTO • SVILUPPO TECNOLOGICO
In una realtà del genere è di fondamentale importanza il ruolo delle istituzioni. A tal
proposito il ruolo delle istituzioni in questo caso è quello di aggregare le istanze delle
comunità locali, sia sociali che imprenditoriali, con l’obiettivo di sviluppare e non
frenare la crescita all’interno del distretto.
Lezione 28 I DISTRETTI INDUSTRIALI/3
Il distretto è una formula organizzativa alternativa alla grande impresa integrata, dove
la divisione del lavoro non