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Il costo totale in funzione della quantità prodotta
Il costo totale sarà più alto tanto maggiore sarà la Q prodotta dall'impresa; dunque anche esso sarà rappresentato da una funzione crescente. Il CT ha due caratteristiche:
- L'impresa sopporta un costo anche se non produce nulla, il cosiddetto costo fisso. K è il punto che corrisponde al livello del costo fisso, che corrisponde ad una produzione uguale a 0. Ad esempio, il capannone di un'azienda. Anche se l'impresa è ferma, dunque non produce, deve comunque pagare il capannone.
- Il costo cresce in maniera più che proporzionalmente rispetto alla quantità prodotta. Se aumenta la produzione di una certa percentuale, il costo crescerà ancora di più di quella percentuale. Ad esempio, se Q aumenta del 10%, allora C aumenterà del 15%. Si può giustificare dicendo che quando l'impresa aumenta la produzione, aumenta di conseguenza anche l'utilizzo dei macchinari, si intensifica l'utilizzo dei mezzi di.
Permette di realizzare l'obiettivo del massimo profitto. In questo modello Q è la variabile di "scelta dell'impresa", l'incognita che consente di ottenere il massimo profitto. Mentre il prezzo P, rappresenta (per l'impresa) un dato che non può influenzare.
Qualche precisazione sulla nozione di costo
Dobbiamo pensare al costo non da un punto di vista contabile, ma da un punto di vista economico, il costo (totale) non coincide col complesso delle spese sostenute dall'impresa nel corso del processo produttivo: vi sono spese che non vanno contabilizzate tra i costi e vi sono costi cui non corrisponde una spesa effettiva. Nel primo caso, quando l'impresa acquista un mezzo di produzione durevole, nel costo di produzione va contata non tutta la spesa ma solo il prezzo del "servizio" (l'interesse più l'ammortamento). L'ammortamento è il valore derivante dall'utilizzo di un macchinario, mezzo di produzione.
Si deve considerare solo l'effettivo utilizzo e non tutta la spesa. L'interesse invece può esserci o meno, quando per esempio per poter acquistare un macchinario l'impresa chiede un credito bancario, l'interesse è la somma dovuta alla banca come compenso per ottenere una somma di denaro in prestito per un certo periodo. Essi non sono conteggiati nel CT. Nei costi vanno contati invece tutti i cosiddetti "costi-opportunità", anche quando non comportano spese effettive. Il costo-opportunità si ha quando si usa nell'impresa una risorsa senza pagarla, e si deve conteggiare tra i costi il mancato guadagno che sarebbe derivato dall'uso alternativo di quella risorsa. (esempi: lavoro dell'imprenditore; remunerazione del capitale proprio). Il lavoro dell'imprenditore rappresenta il mancato guadagno a cui rinuncia per poter lavorare all'interno dell'impresa, viene detto profitto normale.
Il guadagno minimo che viene dato all'imprenditore rientra nel CT. La enumerazione del capitale proprio invece è la quantità di profitto che l'impresa mantiene, ad esempio per acquisti di investimento, crediti bancari, ed è considerato un costo opportunità perché l'impresa avrebbe potuto investire il capitale in altri modi (per esempio in titoli o azioni).
Inoltre dobbiamo distinguere il costo:
- Dal punto di vista contabile: il costo totale è uguale ai costi che danno luogo a esborsi di moneta. Sono tutti i costi che figurano nel conto Profitti e Perdite.
- Dal punto di vista economico: il costo totale comprende anche i costi extracontabili, cioè i costi opportunità, cioè i rendimenti alternativi delle risorse utilizzate. Le risorse che più significativamente hanno un costo opportunità sono il capitale e il lavoro. Col capitale investito si potevano
acquistare titoli o azioni e l'imprenditore poteva offrire il suo lavoro e ottenere uno stipendio. Interessi dei titoli e azioni e stipendio sono costi opportunità e fanno parte dei costi totali. Cioè, dal punto di vista economico tra i costi totali vi sono i costi del capitale proprio e la remunerazione per il lavoro svolto dall'imprenditore. Questa precisazione è importante per capire il concetto di profitto che influisce sulla decisione di investire o meno.
Da queste precisazioni infatti possiamo dividere il profitto in:
- Profitto normale o Profitto economico zero: quando i ricavi totali sono uguali ai costi totali (compresi i costi opportunità del capitale proprio e del lavoro dell'imprenditore) (normale per l'imprenditore, zero per l'impresa).
- Extraprofitto o profitto economico: quando i ricavi totali sono superiori ai costi totali (compresi i costi opportunità). È questa differenza che è
Profitto massimo
Come si fa a massimizzare il profitto? Rendendo massimo lo scarto tra RT e CT. La quantità che rende massimo il profitto è, per definizione, quella per cui lo scarto tra RT e CT è massimo. Per individuare questa quantità di scarto è utile un metodo grafico.
Basta riportare sullo stesso grafico le due funzioni R(Q) e C(Q) e cercare il valore di Q per cui la distanza tra le due è massima. Ci sono dei tratti in cui la funzione C(Q) è sopra a quella R(Q). In alcuni tratti invece la funzione R(Q) è sopra quella C(Q). Altri in cui le due si incrociano. I punti A e B sono i punti dove il valore del RT è uguale al valore del CT. (quindi l'impresa non...)
ha extraprofitto, il ricavo è normale). I punti che si trovano a sinistra quindi prima di Qb, dove la funzione C(Q) è sopra a R(Q), rappresentano situazioni in cui l'impresa produce in perdita perché CT > RT. Questo deriva dal fatto che c'è un costo fisso. Livelli di Q più bassi di Qb non consentono all'impresa di recuperare il costo fisso. La quantità di Qb è dunque la quantità minima che permette all'impresa di recuperare almeno il costo fisso. Stessa cosa, anche per i valori di produzione maggiori di Qa l'impresa produce in perdita perché se l'impresa vuole produrre quantità maggiori di Qa comporterebbe un utilizzo eccessivo di fattori produttivi e dunque anche un costo troppo elevato. Quindi prima di Qb e dopo Qa si ha CT > RT, sicché l'impresa è in perdita. Dunque le quantità ottimali da produrre per far sì che l'impresa consegua profitti,
Cioè che RT > CT, sono tra i punti A e B, tra Qa e Qb. Il massimo scarto lo troviamo vedendo la distanza verticale maggiore tra le funzioni R(Q) e C(Q). Trovata la distanza massima, la si proietta sull'asse delle ascisse e troviamo Q*. La distanza è massima in corrispondenza di Q*, che perciò è la quantità che rende massimo il profitto. Questa rappresentazione grafica però, non permette di vedere il comportamento dell'impresa se essa produce troppo o troppo poco. Ciò si può però analizzare introducendo il concetto di ricavo marginale.
Ricavo marginale
Il ricavo marginale (Rma) rappresenta l'incremento, l'aumento di ricavo totale che l'impresa ottiene quando la quantità venduta aumenta di una unità. Quando si è in una situazione di concorrenza il ricavo marginale è sempre uguale, quindi costante, e coincide con il prezzo. Questo perché se l'impresa (essendo
“piccola”) può vendere qualsiasi quantità decida di produrre al prezzo(dato) di mercato, su ogni unità venduta in più incassa appunto il prezzo.
Costo marginale
Il costo marginale (Cma) è l’aumento di costo totale che l’impresa sopporta quando la quantità prodotta aumenta di una unità. Diversamente dal ricavo marginale, il costo marginale non è costante, perché il costo totale aumenta in proporzione maggiore all’aumento della quantità prodotta. Ciò implica che il costo marginale (l’incremento) è crescente, cioè aumenta all’aumentare della quantità prodotta.
Il principio marginale
Grazie al ricavo marginale e al costo marginale si può conoscere il comportamento dell’impresa, perché forniscono un altro metodo per identificare la quantità Q che massimizza il profitto. L’idea è questa:
Se, partendo da una certa
- Se la quantità Q, si osserva che Rma > Cma, allora l'impresa ha convenienza ad aumentare la quantità prodotta, producendo un'unità in più così da accrescere il profitto.
- Se invece si osserva che Rma < Cma, allora l'impresa ha convenienza a diminuire la quantità prodotta perché producendo una unità in meno, avrà un ricavo minore ma comunque inferiore al costo, e il profitto viene accresciuto.
- Questo significa che conviene aumentare la produzione fino a quando il Rma rimane maggiore del Cma, mentre conviene ridurla nel caso contrario.
- All'aumentare di Q il ricavo marginale è costante (è uguale a P) mentre il costo marginale è crescente. Ci sarà allora un certo livello Q* in cui si arriva all'uguaglianza tra Rma e Cma. Quella è proprio la quantità in cui il profitto è massimo. Perciò la condizione ottimale che identifica il massimo.
Il profitto è Rma = Cma, quando c'è