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Problemi legati all'IRPEF

Un terzo problema è legato alla fase di attuazione del tributo. Dobbiamo partire dai seguenti interrogativi: i poteri di indagine che prevede la legge italiana possono essere dispiegati all'estero? L'attività di accertamento regolata dalla legge italiana può essere svolta in stati esteri? E i crediti vantati dall'amministrazione finanziaria italiana, possono essere riscossi all'estero? In linea di principio no poiché in questi ambiti non esiste un principio internazionale di collaborazione in materia di poteri di indagine, attività di controllo e poteri di riscossione. Se non fosse che la globalizzazione (che porta gli Stati a ritrovarsi in una condizione di interdipendenza) pone un problema anche su questo versante, cui gli Stati cercano in qualche modo di porre rimedio inserendo nelle convenzioni volte ad evitare le doppie imposizioni, anche delle specifiche clausole legate alla collaborazione tra le diverse

amministrazioni finanziarie. In ambito unionale sonosempre più frequenti direttive che autorizzano lo scambio automatico di informazioni trai diversi Stati membri (dimensione territoriale Unione Europea).23 Lezione 11/10/2023

La doppia imposizione

Possiamo parlare di doppia imposizione in due accezioni:

  • Doppia imposizione giuridica, che si ha quando lo stesso reddito o, per essere piùgenerici, lo stesso presupposto, è tassato in capo allo stesso soggetto due volte in due Statidiversi.

Esempio: (considerando come presupposto il possesso di reddito) Un soggetto residente inItalia produce reddito da lavoro dipendente in Australia: in Australia il lavoratore èconsiderato non residente, al contrario di quanto considerato in Italia. In Australia i nonresidenti vengono tassati con il criterio della fonte (sono tassati solo redditi prodotti nelloStato); in Italia, invece, i residenti vengono tassati sui redditi ovunque prodotti nel mondo(sia in Italia che all’estero).

Si ha, dunque, un fenomeno di doppia imposizione giuridica: il reddito è tassato due volte, prima in Australia con il criterio della fonte, poi in Italia con il criterio della residenza.

Doppia imposizione economica, che si ha quando lo stesso reddito è tassato due volte in capo a due soggetti diversi.

Esempio: (tassazione di utili societari) La società produce il suo reddito, il quale subisce una tassazione; dopodiché, viene deliberata la distribuzione del dividendo, il quale viene percepito dal socio che subisce una tassazione ulteriore sullo stesso. Questo fenomeno si qualifica come doppia imposizione economica poiché lo stesso reddito, quello prodotto dalla società, viene tassato prima per la società, e poi per il socio.

Si possono verificare anche fenomeni di sovrapposizione, e cioè di concorrenza della doppia imposizione giuridica e della doppia imposizione economica, per esempio nel caso in cui la società si trovi in uno

Stato ed il socio risieda in uno Stato diverso. La doppia imposizione giuridica non è un fenomeno desiderabile poiché ostacola la mobilità dei fattori della produzione e di conseguenza la crescita economica: bisogna dunque prevenire o, nel caso in cui questo non sia possibile, eliminare o attenuare la doppia imposizione; per farlo abbiamo misure:

  • Unilaterali, quali:
    • L'esenzione, con la quale lo stato di residenza rinuncia a tassare il reddito prodotto all'estero;
    • Il credito di imposta, con il quale lo Stato di residenza riconosce un credito di imposta per le imposte pagate all'estero (si concretizza una tassazione nello Stato della fonte, quindi all'estero, e poi una seconda tassazione in Italia, quindi nello Stato di residenza, e quest'ultima riconosce un credito di imposta al soggetto che ha subito la doppia imposizione);
  • Bilaterali, tra queste le convenzioni volte ad evitare la realizzazione della doppia imposizione sul reddito.
sul patrimonio. Le convenzioni possono creare fattispecie impositive? Possono istituire una nuova imposta? No, perché le convenzioni sono semplicemente norme di distribuzione del potere impositivo tra gli Stati contraenti, e quindi non possono creare nuove fattispecie impositive (possono stabilire dove un certo reddito può essere tassato, in uno Stato o in un altro tassazione esclusiva). Molto spesso le norme presenti nelle convenzioni prevedono la tassazione sia in uno Stato che in un altro (tassazione concorrente). Interpretazione della norma tributaria L'enunciato legislativo deve essere interpretato, e ciò non vale solo per le leggi tributarie: interpretare la disposizione significa attribuire al testo, o all'enunciato, un significato razionale. Chiunque sia chiamato ad applicare una disposizione di legge, deve svolgere una qualche attività interpretativa: il contribuente, il consulente del contribuente, il funzionario dell'amministrazione finanziaria.

Il giudice tributario, in applicazione della legge, lo stesso legislatore, il quale provvede con l'atto di interpretazione autentica. Nel momento in cui si interpreta l'enunciato, quella disposizione diventa norma. L'attività interpretativa può riguardare disposizioni nazionali (leggi e atti aventi forza di legge, tra le tante), europee (direttive e regolamenti), di origine internazionale (disposizioni convenzionali). L'attività interpretativa deve tener conto di due problemi:

  1. Ad oggi poco rilevante, la conoscenza della fonte, poiché abbiamo numerosi strumenti che ci permettono di conoscere nell'immediato le fonti;
  2. Problema di grande rilevanza è quello che attiene alla qualità, alla fattura, dell'enunciato amministrativo. Purtroppo, l'enunciato legislativo non sempre risulta essere chiaro e scritto in modo intellegibile: le cause del caos legislativo sono numerosissime, e spaziano dall'ipertrofia.
legislativa (cioè, dalle numerosissime leggi e disposizioni presenti nel nostro ordinamento), all'utilizzo delle cosiddette leggi a termine (le quali prevedono una scadenza), l'impiego della tecnica del rinvio, leggi scritte male, ecc. Di questa problematica è consapevole anche il legislatore che, in materia di sanzioni, prevede la cosiddetta esimente delle condizioni di obiettiva incertezza: non si applicano le sanzioni amministrative e penali quando la violazione dipende da condizioni di obiettiva incertezza circa la portata e l'ambito di applicazione della norma tributaria. Dunque, la scarsa fattura della disposizione tributaria è tanto frequente da richiedere l'operatività di una esimente che comporta la disapplicazione delle sanzioni amministrative e penali. Le norme in materia tributaria si interpretano utilizzando gli stessi strumenti a disposizione per l'interpretazione delle altre norme presenti nell'ordinamento; quindi,va esclusa categoricamente la attualità di interpretazioni pro fisco o contra fiscum. Il principale di questi strumenti è presente nelle preleggi al Codice civile, in particolare nell’art.12 sull’interpretazione della legge, il quale afferma, al primo comma, che “nell’applicare la legge non si può attribuire ad essa altro senso, se non quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse, e dalla intenzione del legislatore”: si tratta della disposizione di attuazione di una interpretazione letterale o grammaticale, che impone di individuare il senso considerando il significato letterale delle parole utilizzate dalla legge e l’intenzione del legislatore. A questa prima attività se ne devono aggiungere delle altre: l’interpretazione letterale deve essere affiancata dall’interpretazione logico – sistematica, che impone che ci sia una coerenza tra la connessione delle parole e

La ratio legis. Esiste una produzione teorica sconfinata sugli argomenti utilizzabili per interpretare la legge, quali per esempio l'interpretazione adeguatrice: nell'interpretare una disposizione di rango inferiore, laddove emergano due o più possibili significati, bisogna scegliere quello che renda la disposizione interpretata conforme alla legge di rango superiore (gerarchia delle fonti).

L'analogia. Il secondo comma dell'art. 12 delle preleggi dice che "se una controversia non può essere decisa con una precisa disposizione, si ha riguardo alle disposizioni che regolano i casi simili e le materie analoghe; se il caso rimane dubbio, si decide considerando i principi generali dell'ordinamento". Parliamo dello strumento dell'analogia, in particolare della possibilità di ricorrere all'analogia legis (rappresentata dai casi simili e dalle materie analoghe) e all'analogia iuris (rappresentata dai principi generali dell'ordinamento).

Il problema può essere che, con riferimento ad una determinata questione, manchi una specifica disposizione volta a regolare la materia. La domanda che dobbiamo porci è la seguente: è possibile ricorrere all'analogia per colmare queste lacune? In passato si tendeva ad escludere radicalmente il ricorso all'analogia in materia tributaria, con argomenti differenti, il più importante attiene alla rilevanza del principio della riserva di legge: se per le norme tributarie è prescritta una minima base legislativa, non è possibile colmare eventuali lacune ricorrendo all'analogia, proprio perché si verificherebbe un difetto della minima base legislativa. Si afferma che è possibile l'utilizzo di analogie per le lacune tecniche, non per quelle logiche (categoria alla quale appartengono lacune di presupposto e di soggetti passivi).

Si discute anche in merito all'integrazione ideologica e all'interpretazione estensiva. Esiste sicuramente un divieto di ricorrere all'analogia con riferimento alle disposizioni in materia di sanzioni amministrative e penali, in presenza di disposizioni di natura agevolativa: questa fattispecie è disciplinata dall'art. 14 preleggi, il quale afferma che "le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati". Per la selezione dei presupposti e dei soggetti passivi, il divieto di ricorrere all'analogia fa riferimento alla portata dell'art. 23 Cost.; in tutti gli altri casi, se c'è una lacuna legislativa è permesso l'utilizzo dell'analogia per colmare tali lacune: può essere, dunque, utilizzata nel caso delle norme procedimentali, delle norme processuali, delle norme impositrici limitatamente a quelle che individuano le.

Le regole di determinazione della base imponibile sono le seguenti:

  1. Calcolare il valore totale dei beni o dei servizi forniti.
  2. Sottrarre eventuali sconti o riduzioni applicati al prezzo di vendita.
  3. Aggiungere eventuali costi accessori o spese accessorie legate alla vendita.
  4. Aggiungere l'importo dell'IVA applicabile.

La base imponibile così ottenuta rappresenta l'importo su cui verrà calcolata l'IVA da versare alle autorità fiscali.

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
85 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/12 Diritto tributario

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher aleevaccaroo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto tributario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Cardella Pierluca.