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L’ATTUALITÀ DELLA CAPACITÀ CONTRIBUTIVA

- Dall’attualità della capacità contributiva sorge il problema della retroattività della norme tributarie

sostanziali (=Disposizioni di legge che stabiliscono quando, perchè e quanto il detentore di ricchezza è

tenuto a contribuire alla spesa pubblica - ESEMPIO: Tasso oggi i tuoi redditi di 10 anni fa) una norma

tributaria sostanziale retroattiva sarebbe una norma che pretenda di tassare oggi una ricchezza del passato:

l’attualità della ricchezza tassabile nega questa possibilità!

Tuttavia, poiché le norme tributarie retroattive sono abbastanza frequenti, quando la Corte Costituzionale si

è trovata di fronte a questioni di illegittimità costituzionale in proposito, “arrimpicandosi sugli specchi”, ha

chiarito che l’attualità della capacità contributiva implica soltanto una presunzione di conservazione della

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ricchezza detenuta in passato.

Pertanto, ha stabilito che le leggi che tassano ora una ricchezza del passato sono costituzionali, se si può

ragionevolmente presumere che, anche se il legislatore tributario si riferisce ad un fatto del passato,

l’identica ricchezza è rimasta ancora adesso: formalmente la legge può guardare al passato, ma solo se la

risalenza temporale della ricchezza tassabile è ragionevolmente breve (È evidente che non sono tassabili le

successioni avvenute 100 anni fa!) e, allo stesso tempo, solo se si può ragionevolmente presumere che la

ricchezza si sia conservata ancora oggi.

Problema diverso, che accomuna il dirtto tributario ad altre discipline giuridiche, è la retroattività delle

norme tributarie che riguardano il procedimento di accertamento e/o il processo: è chiaro che, in questo

caso, non è in gioco il significato dell’attualità della capacità contributiva ex art. 53.1 della Costituzione,

bensì è in gioco l’eventuale lesione del diritto di difesa ex art. 24 della Costituzione.

ESEMPIO: Sulla base di norme vigenti al momento della presentazione del ricorso, il detentore di ricchezza

ha 60 giorni per fare ricorso alla Commissione tributaria; qualora egli abbia ricorso il 59o giorno, se un anno

dopo l’inizio del processo entra in vigore una norma per cui il termine di ricorso è diminuito a 30 giorni,

quale termine da applicarsi retroattivamente anche ai ricorsi già presentati; qui evidentemente non è in gioco

l’art. 53 Cost., ma è in gioco il diritto di difesa, è evidente la lesione del diritto di difesa e, perciò,

l’incostituzionalità di detta norma.

L’EFFETTIVITÀ DELLA CAPACITÀ CONTRIBUTIVA

- Anche se a prima vista il concetto di effetività della capacità contributiva sembra ovvio (poiché o la

ricchezza c’è o la ricchezza non c’è), esso merita un doveroso approfondimento circa tre diversi punti di

vista.

In primo luogo, anche se l’ideale sarebbe misurare esattamente - al centesimo di € - la quantità di ricchezza

a capo di ciscun contribuente, quest’operazione è molto difficile, dato che neppure l’obbligato stesso è

consapevole al 100% della sua effettiva ricchezza! Nonostante sembri piuttosto scandaloso, oltre un certo

limite materiale, lo Stato non può controllare l’effettività della ricchezza imponibile, motivo per cui un

ordinamento tributario si deve accontentare di una misurazione ragionevolmente corretta ed esatta, previa

approssimazione accettabile, della capacità contributiva: mentre vi sono categorie professionali per cui

questo procedimento di controllo tributario è più agevole, altre categorie professionali sono più difficili da

controllare.

ESEMPIO 1: Il dipendente, la cui unica fonte di reddito è lo stipendio ricevuto dalla grande industria FIAT,

presso cui è impiegato, è facile da controllare, perché, essendoci un unico datore di lavoro e migliaia di

dipendenti, per misurare al centesimo di €, basta domandare alla FIAT stessa quanto paga esattamente i

propri impiegati. SARÀ QUASI IMPOSSIBILE PER LUI “SCAPPARE” DAL FISCO!

ESEMPIO 2: Il porcaro che vende panini con il furgoncino ha l’obbligo di emettere tutti gli scontrini fiscali,

ma di fatto non lo fa, motivo per cui è più difficile sapere quanto guadagna/il suo reddito effettivo. SARÀ

MOLTO FACILE PER LUI “SCAPPARE” DAL FISCO!

REDDITO NORMALE E CATASTO - In secondo luogo, è molto discussa la costituzionalità o meno del

sistema catastale (=Sistema di determinazione a priori delle imposte sui beni immobili, previa criteri a d hoc,

che rendono superfluo che il proprietario dichiari dettagliatamente quanto egli abbia effettivamente

guadagnato dal proprio bene), argomentando che la sua incostituzionalità consterebbe nell’assenza di

effettività della capacità contributiva, in quanto esso, anche se costantemente aggiornato, si limiterebbe a

misurare mediamente, ma non effettivamente, i redditi immobiliari (=quanto un immobile produce).

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ESEMPIO: Il catasto si limita ad affermare che un terreno destinato a produrre mele, se sfruttato

ordinariamente, produce mediamente tot € all’anno; i mass media erroneamente affermano che questo

sistema di imposizione delle tasse è incostituzionale, poiché non va a misurare quanto effettivamente

guadagna l’agricoltore, ma si limita ad indicare il guadagno medio auspicabile dall’immobile!

Secondo il prof.re Marcheselli, questo è un errore concettuale: è vero che la ricchezza imponibile deve

essere effettiva, ma ex art. 53.1 della Costituzione l’effettività della capacità contributiva non è sinonimo di

effettività dell’incasso di una somma di denaro, ma è sinonimo di effettività di avere a disposizione una

certa ricchezza: l’art. 53.1 della Costituzione non afferma che la ricchezza sia quanto il proprietario

guadagna effettivamente dal proprio bene!

ESEMPIO: Se il contribuente guadagna 100 da un bene, ha una ricchezza di 100, ma è altrettanto vero che,

se il contribuente ha a disposizione un bene che potrebbe produrre 100, questa è comunque una forma di

ricchezza, perché, se egli ottiene di meno, è colpa sua! Il catasto, perciò, tassa la ricchezza, intesa come bene

potenzialmente produttivo di 100!

REDDITI NOMINALI - Infine, un ultimo aspetto dell’effettività della capacità contributiva inerisce la

ricchezza solo nominale/i valori nominali: in Italia, i tributi sono riscossi sulla base del valore monetario,

senza tener conto dell’inflazione. Quindi, soprattutto entro un sistema giuridico entro cui le aliquote salgono

progressivamente, il contribuente a volte può guadagnare solo apparentemente. Ad esempio:”se ho una casa

che vale 100 e c’è stata inflazione del 10% e alla fine dell’anno io la rivendo a 110 (100 + inflazione) io

nella sostanza non ho guadagnato niente/non mi sono arricchito, perché i 110 valgono come i 100 dell’anno

prima”; la regola però è che, salvo correttivi di parte speciale, i tributi si applicano al valore nominale.

Questo può creare problemi: negli anni ’70 c’è stata forte inflazione quindi questi meccanismi hanno

portato, talvolta, a tassare persone che erano in perdita.

La Corte Costituzionale ha detto che è legittimo un sistema che tassa i valori nominali (?soprattutto per

ragioni pratiche, poiché il depurare tutte le operazioni economiche dall’inflazione renderebbe folle

qualunque tipo di contratto?) purchè questo rimanga nell’ambito della ragionevolezza, cioè come dire se la

cosa diventa sistematica allora si devono mettere dei correttivi. La regola salva eccezione è che conta solo il

valore nominale.

Molto spesso nel diritto tributario ci sono le c. d. agevolazioni, in base alle quali una certa ricchezza è

agevolata/è trattata meglio di un’altra; pertanto, è possibile che, a parità di capacità contributiva, ci sono

certe ricchezze che sono sottoposte ad un’imposizione inferiore/sono tassate di meno. Come giustifico

questo fenomeno alla luce della capacità contributiva, quale criterio generale per l’imposizione tributaria, ed

alla conseguente proporzionalità tra la quantità di ricchezza e la quantità di tributo da conferire? L’art. 53

della Costituzione non è l’unica regola costituzionale che esiste; pertanto, la deroga alla capacità

contributiva/il diverso trattamento impositivo riguardo due identiche capacità contributive sia giustificato da

altre norme costituzionali: ad esempio, nella Costituzione ci sono norme che agevolano il risparmio (art. 38

Cost.) , motivo per cui una tassazione più lieve, perché tendente ad agevolare il risparmio, non violerebbe

l’art. 53 Cost, perché quest’ultimo dovrebbe essere rapportato all’ulteriore valore costituzionale tutelato ex

art. 38 Cost.

PRESUNZIONE DI (PICCOLA) CAPACITÀ CONTRIBUTIVA IN CAPO A CHI PAGA LE TASSE (DI

ESIGUO IMPORTO)

- Il prof.re Marcheselli sostiene la tesi secondo cui a tutti i tributi (=imposte + tasse + contributi speciali +

monopoli) si applica il principio di capacità contributiva: quindi, anche alle tasse si dovrebbe applicare il

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principio di capacità contributiva; tuttavia, sia la maggior parte della dottrina tributaria, sia la giurisprudenza

della Corte Costituzionale hanno escluso che alle tasse si applichi il principio di capacità contributiva,

ritenendo, pertanto, che la legittimità costituzionale delle tasse prescinda dal fatto che chi le paghi manifesti

una capacità contributiva.

Questo formale contrasto tra la tesi del prof.re Marcheselli e la giurisprudenza della Corte Costituzionale

può essere risolto; infatti, la giurisprudenza della Corte Costituzionale nasce da casi in cui la prestazione

imposta al privato corrisponde, ad esempio, al ticket dell’ospedale (Pertanto, secondo il prof.re Marcheselli,

il ticket sanitario rientra nella categoria delle tasse - intese quali corrispondenti monetari dei servizi che sono

l’esplicazione del nucleo essenziale dei servizi pubblici - e, di conseguenza, la sanità è un servizio pubblico

essenziale, al pari di giustizia e sicurezza), da cui consegue il banale e fondato ragionamento “Che ricchezza

manifesta un paziente malato?”: secondo il prof.re Marcheselli, questo ragionamento della Corte

Costituzionale deve essere letto non nel senso che rispetto alle ta

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A.A. 2024-2025
101 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/12 Diritto tributario

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher melody_gio di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto tributario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Marcheselli Alberto.