vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Standardizzazione della mortalità
Ainoltre che il tasso specifico di x è m = M / P, quindi M = mP. Si può quindi riscrivere il tasso generico come m = ∑mP / ∑P. Un modo per depurare il confronto dall'effetto dell'età è quello di sostituire nella formula precedente una popolazione standard, la stessa per entrambi i casi A e B. Quindi si possono confrontare A e B in termini di mortalità rimuovendo PA e PB e sostituendoli con popolazioni identiche P(Sx); il problema è che questa popolazione standard non esiste, non è né quella di A né quella di B. Quindi tramite la standardizzazione diretta si avrà m* = ∑mP(S) / ∑P(S), stessa cosa per B (con m*). Quindi la differenza tra i due m* e Am* si ha solo nella mortalità e non nella popolazione. Caratteristica della popolazione standard è che abbia una struttura di età intermedia tra A e B (può essere somma, media o una terza popolazione di riferimento).
Ad esempio, avendo gruppo A e B con due sole classi di età, popolazione di A e B e numero di decessi in A e B, calcolo i tassi specifici come numero di decessi in una classe in A/popolazione in una classe in A e calcolo anche i tassi generici di A=tot popolazione A/popolazione tot. Questi due valori possono dire due cose contrastanti, per questo si usa metodo di standardizzazione. Il tasso standardizzato si usa con la formula scritta precedentemente, usando una popolazione standard o tipo che abbia caratteristiche intermedie tra A e B, quindi ad esempio potrebbe essere data dalla popolazione complessiva per classi (A+B). Quindi, calcolando i tassi specifici, vado a calcolare i decessi teorici (D*=m P ,x s dove P è popolazione standard) di A per ogni classe, quindi per la classe G, avrò che m Ps AG SG (cioè tasso specifico di G in A x popolazione standard A+B), stessa cosa per l'altra classe V. In seguito vado a sommare i due risultati di G e V avendo il totale dei.decessi teorici di A. Facciostessa cosa per B. Quindi, questi risultati sono il numero di decessi che avremmo avuto in A eB se la popolazione per età fosse stata quella standard, cioè il numeratore dei tassistandardizzati, ∑m P(S ). Per ottenere il tasso standardizzato bisognerà dividere per lax xsommatoria delle popolazioni per ciascuna classe di età, cioè per A ho che m =numeratoreAtrovato/tot popolazione standard (A*+B*). Anche il tasso standardizzato ha unacontroindicazione, cioè che la popolazione tipo è una popolazione ttizia, teorica, che nonesiste, quindi nasconde un arbitrarietà perché non è quella dei dati. Ciò non si presenta solo sela popolazione ha una struttura intermedia, che non rimuove arbitrarietà. Va quindi semprespeci cato quale popolazione tipo é stata utilizzata.
6.3 Quando standardizzare?
I tassi generici, standardizzati e speci ci per età possono portare a tre
Conclusioni diverse, qual è quella giusta?
- Il tasso generico è un tasso che non è adeguato a fornire confronti per il fenomeno oggetto di indagine quando la struttura per età è diversa, si può usare solo quando le popolazioni che vengono confrontate hanno identica struttura per età. Quando la struttura per età è diversa il tasso generico che anche se fornisce info importanti e veritieri per le popolazioni singole, fallisce quando si vuole il confronto. Quindi va bene per descrivere in un dato anno quanto è l'incidenza della mortalità o altri veneti sulla popolazione di riferimento, ma non confronti. Quindi in questo caso si scarta, risponde alla domanda qual è intensità del fenomeno oggetto di indagine nella popolazione singola.
- Il tasso standardizzato è quello che ci dice a parità di condizione con popolazione tipo identiche se c'è differenza, è indice
- I tassi specifici permettono un confronto veritiero a parità di classi di età, quindi sono quelli che danno il corretto dettaglio anche se numerosi.
- La mortalità non dipende dall'età, quindi è costante ad ogni età. In questo caso, i tassi specifici per età sono tutti uguali tra loro e coincidono con il tasso generico, che quindi va bene per valutarli.
- Le popolazioni A e B hanno identica struttura per età, quindi il tasso generico risente solo della diversa mortalità. In tal caso i tassi standardizzati
La famiglia viene considerata anche quella costituita da un unico componente, cioè la famiglia è un insieme di persone legate da vincoli di matrimonio, parentela, affinità, tutela o da vincoli affettivi, dimoranti abitualmente nella stessa abitazione. Quindi sono due le condizioni perché un insieme di persone formi una famiglia, cioè la coabitazione e la presenza di un legame di matrimonio, parentela, ecc. Questa definizione è utile per categorizzare i diversi aggregati domestici, ma inadeguata è la sovrapposizione con il concetto di famiglia basato sulle relazioni personali. In passato, si avevano tipologie di famiglie neolocali (si formava un proprio nucleo abitativo separato rispetto alla famiglia dei genitori) o patrilocali (si rimaneva a vivere con la famiglia del marito), c'erano inoltre famiglie allargate, con presenza di vari nuclei coniugali, e famiglie estese, con singoli parenti aggiunti. C'è stato quindi un
Il processo di nuclearizzazione, cioè un aumento nelle società contemporanee dellapropensione delle nuove coppie a vivere per conto proprio. Nei primi anni dall'unità di Italia, eramolto comune per un bambino vivere nella stessa casa con diversi parenti e fratelli, dove illavoro minorile era normale e ognuno contribuiva all'economia della famiglia in base a sesso edetá. Nei primi decenni del dopoguerra, invece, la famiglia è più un unità di consumo che diproduzione, cioè un nucleo domestico con genitori e pochi fratelli, il bambino va a scuola,madre casalinga, padre operaio che sostiene la famiglia, ancora legata dal vincolo coniugaleed è molto tradizionale nei rapporti orizzontali e verticali. In passato, infatti, il processo diformazione di una nuova unione aveva alcune caratteristiche: l'entrata nella vita di coppiaavveniva con il matrimonio, l'età dei coniugi era bassa e molto poche erano le
persone che non si sposavano, quindi non si metteva in discussione l'avere gli o il divorzio. Oggi, invece, è molto elevata la possibilità che una famiglia non sia sposata, che abbiano nazionalità diverse tra loro e che i nonni siano ancora in vita e in salute. Più alto è anche il rischio di divorzio.
7.2 Il matrimonio
Gli anni '30 sono stati l'età d'oro dei matrimoni, in quanto ci si sposava sempre più giovani e rivestiva un ruolo cruciale per l'uscita dalla famiglia ed entrata nella vita di coppia e riproduttiva. A partire dalla fine degli anni '60 inizia una fase di cambiamenti, con rivoluzione giovanile, sessuale ed emancipazione femminile, e viene teorizzato che fosse una seconda transizione demografica. L'idea è quella che alla base dei cambiamenti ci sia un cambiamento di fondo, che riguarda il sistema di valori, in particolare secolarizzazione e auto direzione, autonomia individuale, emancipazione.
giovanile femminile, qualità di relazione della coppia. Agisce quindi sulla formazione delle unioni e viene definita postponement transition e partnership revolution. Sulla scia di questi cambiamenti finisce l'epoca d'oro del matrimonio, infatti dagli anni '60 si ha una piccola ripresa con il boom economico, ma in seguito il numero di matrimoni inizia a scendere con una riduzione consistente tra gli anni '70 e '80, con una piccola ripresa nel '90, a oggi ancora in declino. Anche l'età al matrimonio varia e si posticipa sempre di più; in Italia negli anni '60 l'età era intorno ai 24 anni per le donne e 28 per gli uomini, mentre oggi è 30 per le donne e 33 per gli uomini. Oltre a questi aspetti quantitativi, si hanno anche cambiamenti qualitativi, per cui aumentano i riti civili, la convivenza, l'instabilità e i matrimoni misti; il grado di
instabilità coniugale produce un aumento di separazioni e divorzi.
7.3 Le tipologie familiari
Le famiglie sono sempre più variegate, in particolare si ha un forte riduzione delle coppie congli e un aumento delle varietà delle forme familiari, come le famiglie ricostituite o con genitorisoli. A partire dalla ne degli anni '60, oltre al processo di posticipazione del matrimonio,iniziano a cambiare anche i rapporti di coppia, con convivenze giovanili. Alla base stannosoprattutto i cambiamenti culturali come la maggiore autonomia in ogni sfera decisionale e ilnuovo ruolo della donna, sia sociale che economico. La di usione della convivenza é dovutaanche ad un aumento dell’insicurezza, in quanto essibilità e mobilità occupazionalefavoriscono la possibilità di acquisire autonomia, ma non forniscono stabilità psicologica econtinuità di reddito necessarie per matrimonio. La convivenza quindi é spesso una strategiaadattiva.
in una fase di incertezza occupazionale, con passaggio a matrimonio quando viene raggiunta la stabilità. Quind