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ARTICOLO DETERMINATIVO
Deriva dal dimostrativo.
Illum > lo
Illam > la
Illi > li (li alberi —> j palatalizza = gli alberi)
Illae/illas > le
(Un mobile, un albero = apocope; l’albero = elisione)
Da dove viene IL? Ci sono due ipotesi:
1. Îllûm > LO (aferesi della sillaba iniziale)
2. Îllûm > cade lu (apocope), I breve + L = EL (el padre)
Ipotesi ricostruzione della trafila fonetica:
Illum = lo es: che lo padre, a volte diventa che l padre = la I è una ricostruzione successiva.
PLACITO CAPUANO
Datato 960 dC.
Placito = sentenza di un giudice riguardo a una contesa giuridica.
Capuano = avviene a Capua (sotto dominio longobardo)
Conservato nell’abbazia di Montecassino.
La contesa riguardava terreni che vengono rivendicati dall’abate Aligerno contro Rodelgrimo. Il
giudice Arechisi chiede che portino dei testimoni e l’abbazia ne porta 3 = 3 monaci.
La formula di giuramento di Arechisi è in volgare —> questo perché l’uso del volgare è legato alla
pubblicità della sentenza: comprensibile anche per il popolo, è una sentenza ufficiale che afferma il
potere e il primato dell’abbazia.
Viene tutto annotato dal notaio Adenolfo (in latino).
Testo:
Differenza rispetto agli esiti dell’italiano = <K> (sul piano grafico)
/kw/ labiovelare sorda
Ko < quod = riduzione del nesso labiovelare primario
Kelle = riduzione del nesso labiovelare secondario
Contene < cum tene(t) ≠ contiene (dittongamento spontaneo o toscano ie)
Sao: pj = /HS/ = affricata palatale (?) = intensificazione della consonante precedente. Sapio =
saccio
Parte sancti benedicti = latinismo molto marcato, relitto del genitivo latino.
La frase crea una ridondanza per mettere in rilievo. Un elemento della frase si sposta dall’ordine
in cui sarebbe normalmente = dislocazione (a sx o a dx).
24/10
CENNI SUL RAPPORTO TRA DANTE E LA LINGUA ITALIANA
De vulgari eloquentia
Nell’opera è presente una PANTERA = simbolo di Cristo. Attirava gli altri animali con il suo alito
profumato, mangiava, andava nella sua tana a dormire per tre giorni e poi si svegliava. Tutti
sentivano il suo profumo ma nessuno riusciva a trovarla.
Il De vulgari è immaginato come una caccia e la lingua italiana era come la pantera, introvabile
poiché per Dante non era nessuno dei volgari italiani.
Il Convivio
La scelta del volgare era dettata:
1. Utilizzare la stessa lingua delle canzoni commentate
2. Volontà di assecondare l’amore per la lingua che usa (volgare)
3. Desiderio di rivolgersi a coloro a cui il volgare serviva veramente, cioè “principi, baroni,
cavalieri e molt’altra nobile gente, non solamente maschi ma femmine, che sono molti e
molte in questa lingua, volgari, e non litterati”.
Nel Convivio Dante riteneva che il volgare fosse capace di esprimere “gli altissimi e novissimi
concetti convenevolmente, sufficientemente e aconciamente, quasi come per esso latino”.
Secondo lui il volgare sarà il “sole nuovo” e finirà con l’oscurare il latino.
De vulgari e Convivio rimangono incompiuti.
La Commedia
Dante si mostra consapevole del fatto che stava realizzando un’opera mai tentata prima.
- Presenta espressioni provenienti da altri volgari italiani (come i settentrionalismi co =
‘capo’, istra = ‘ora’, mo = ‘ora’…).
- Presenta latinismi ricercati (atra = ‘nera’, cacume = ‘cima’…)
- Presenta neologismi (‘indiarsi’ = sprofondarsi in Dio —> verbi parasintetici)
Stile dell’Inferno:
Lingua popolare (stregghia, scardova, buffa…)
❖ Espressioni triviali (E mentre ch’io là giù con l’occhio cerco/ vidi un col capo sì di merda
❖ lordo)
Nomi di luoghi e persone rari (Alichino, Calcabrina, Cagnazzo…)
❖ Giochi di rime dure e aspre (aleppe, chioccia, noccia, labbia, lupo, strupo, fiacca, lacca…)
❖
Stile di Purgatorio e Paradiso:
Rispetto alla rappresentazione dell’Inferno quella del Purgatorio e del Paradiso richiede uno stile
più raffinato, lontano dal linguaggio quotidiano.
Dante fa grandissimo uso di latinismi (image, viro, cive…) spesso ricavati dal linguaggio
❖ scolastico (querente, quiditate, sillogismo…)
Talvolta introduce interi passi in latino
❖ Inventa parole che servono a esprimere questa realtà estranea all’esperienza umana
❖ (insusarsi, indovarsi… = parasintetici)
Scelte fonomorfologiche
Fondamento grammaticale della Commedia = fiorentino del tardo Duecento, che viveva in una
fase di particolare dinamismo:
- esiti popolari ed esiti del fiorentino medio (mosterrò, sanese)
- diversi allotropi (pargoli e pargoletta, parvol e parvoletto)
- forme del fiorentino più antico accanto a forme innovative (diece, cantaro, che tu pense =
arcaiche ; dieci, cantaron, che tu pensi)
Si innestano alcune forme estranee al fiorentino che risalgono alla scuola siciliana, esempio:
la i tonica in miso e sorpriso
➔ la protonica di canoscenza
➔ le forme verbali aggio, deggio, veggio
➔ i condizionali in -ia (varria, avria, ma prevale il condizionale fiorentino in -ei)
➔ rime imperfette (nome : come : lume, sotto : tutto : costrutto)
➔
- L’elemento latino si coglie in molte soluzioni grammaticali: resplendere/risplendere;
defetto/difetto; nimico/nemico; templo/tempio…
Bisogna però ricordare che non abbiamo nessuna parola scritta di suo pugno da Dante (=
autografi). Si tende a considerare più attendibili le forme in rima perché era difficile spostarle.
- Alcune forme sono suggerite da lingue letterarie europee: provenzale ploia e antico
francese vengiare, palagio, pregio —> allotropi toscani rispettivamente pioggia, vendicare,
palazzo, prezzo.
- Poche forme toscane non fiorentine, quasi tutte in rima: terminonno, fenno e dienno = area
pisano-lucchese; abbo = senese…
Lessico:
Grande prevalenza di voci fiorentine dell’uso quotidiano, plebeo e crudo realismo.
➢ Voci popolari accanto a sinonimi di tono medio (serocchia e allotta; sorella e allora)
➢ Parole che nel DVE additava come municipali (introcque)
➢ Influsso delle lingue d’Oltralpe (soprattutto voci in -anza)
➢ Volgari italiani diversi dal fiorentino (lucchese -issa = ora; sardo ‘donno’, emiliano = ‘sipa’)
➢ Contributo dei linguaggi tecnici: astronomia (orizzonte, emisferio), medicina, geometria
➢ (cerchio, tetragono)
Il latinismo è frequente soprattutto nella terza cantica (commendare = affidare; cirro = ricciolo).
Le voci coniate da Dante stesso sono circa un centinaio, in gran parte verbi parasintetici.
La fortuna
La precoce fortuna del capolavoro di Dante fu un grande supporto per l’espansione del fiorentino
in molte aree d’Italia.
27/10
LA SCUOLA POETICA SICILIANA
Differenza: vocalismo siciliano = pentavocalico sotto accento, trivocalico fuori.
La ē non dà e chiusa ma i.
Ê dà i
Ō dà u.
Questi schemi erano copiati da copisti toscani e quindi erano toscanizzati.
Pir meu cori alligrari (Carte Barbieri)
- Pir al posto di per
- Cori al posto di cuore (mancanza dittongamento toscano)
- Quid = ki (labiovelare primaria)
- Abbondanza di parole in -anza
- Condizionale in -ia
- Mancanza di anafonesi (longiamenti)
- Labiovelare primaria si conserva (quandu)
- Ca da quia (riduzione labiovelare primaria davanti a vocale ≠ da a)
- Meu = mancata chiusura in iato
- Non ci sono mancate chiusure di e protonica perché la e è solo tonica in siciliano.
Confronto carte Barbieri - Vaticano latino —> come agisce il copista toscano
Rima siciliana:
LE 3 CORONE
Grazie a Dante, Petrarca e Boccaccio la letteratura italiana dispone già a fine trecento di 3 eccelsi
autori che finiscono per rappresentare modelli anche linguistici.
- Divina Commedia
- Canzoniere
- Decameron
Hanno subito larga diffusione e con loro anche la loro lingua.
Nasce così il mito delle Tre Corone —> espressione che si trova per la prima volta (dove?)
La lingua dei Rerum Vulgarium Fragmenta è molto selezionata —> ridotta e povera di vocaboli,
immutabile e antirealistica.
In questo vocabolario selettivo non entrano termini concreti e fisici come gamba, mentre labbra e
magro compaiono solo una volta.
La lingua di Petrarca è il risultato di una severa opera di filtro che semplifica la molteplicità di
forme che fino ad allora erano documentate nella tradizione.
Non abbiamo autografi danteschi ma li abbiamo di Petrarca = codice degli abbozzi Vaticano
Latino 3196. È una brutta copia, ci permette di vedere cosa Petrarca cambiava per raggiungere la
perfezione della sua lingua.
Mentre Petrarca corregge e descrive ha un dialogo con se stesso. Quando parla con se stesso
(scrivendo i testi in volgare) lo fa in latino.
Abbiamo anche una copia autografa di Boccaccio = codice Hamilton 90.
Boccaccio è consapevole della novità rappresentata dal suo libro.
Anche se è scritto con uno stile umilissimo, il Decameron non si allontana dall’alta poesia.
Il destinatario indicato sono le donne che soffrono per amore a cui l’autore con i suoi racconti
vuole offrire “diletto e consiglio”.
LE SCRITTURE DEI MERCANTI
A informarci sull’uso del volgare da parte dei mercanti è il grammatico Boncompagno da Signa.
A fine XII secolo scrisse con intento polemico che i mercanti nelle loro lettere cercavano l’ornato
verbale.
Prima testimonianza certa del fiorentino risale al 1211 (e deriva da frammenti di un libro di conti).
Poi lungo silenzio, fino a metà secolo quando ritornano le testimonianze e iniziano ad essere
innumerevoli (1225).
Nella prima metà del Trecento proviene da Firenze circa la metà delle scritture Toscane.
Per poter gestire e registrare il sempre crescente volume di affari, artigiani, mercanti e banchieri
avevano bisogno della scrittura.
In Toscana si trovano anche donne che scrivono (caso eccezionale per l’epoca). Tra queste
Margherita Bandini.
L’archivio Datini è una miniera straordinaria di questi documenti. Le lettere erano indispensabili
per tenere sotto controllo le numerose filiali dei mercanti.
Una lettera di Francesco Datini:
Lettera siciliana ai Datini:
Parte da Palermo.
Vocalismo siciliano: scompaiono le medio-basse (E e O sono solo aperte) = sistema pentavocalico.
Si riflette per esempio in tutte le U e le I finali. Ci colpisce che ogni tanto questa cosa non succede.
Abbiamo alcuni fenomeni che sono di toscanizzazione fonetica —> articolo “il” e “fl”
fiorentinismi.
Non c’è mai un to