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REATI IN MATERIA DI CRISI DI IMPRESA
Prima erano chiamati reati fallimentari, ma la legge fallimentare non è più in vigore ed è stata sostituita dal
Dlgs 14/2019 il cd codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (fin dalla denominazione non utilizza più il
termine fallimento, nonostante questo sia stata la più diffusa procedura concorsuale). Procedura concorsuale:
procedura finalizzata ripartire l’attivo residuo dell’impresa tra i creditori che concorrono tra loro a dividersi tale
attivo. Prima del codice della crisi, quando un imprenditore non poteva più far fronte alle proprie
obbligazioni, veniva accertata la sua insolvenza e veniva dichiarato fallito e si apriva così una procedura
concorsuale volta a liquidare tutto l’attivo disponibile per ricavarne denaro da dare ai creditori siccome
→
non sarò possibile ripagare tutti id abiti, la pubblicizzazione della procura grazie ad un curatore fallimentare
serviva ad assicurare la parità di trattamento tra i creditori (a seconda della tipologia di credito vantato si
pagano prima alcuni poi altri, alcuni per l’ittero, altri pro quota). Si distinguono crediti assisti da garanzie e
privilegi (legali e reali) e crediti sprovvisti di tali garanzie, ovvero quelli chirografari: prima sono pagati i
creditori privilegiati (es dipendenti che hanno privilegio legale e vanno pagati prima), poi creditori con diritto
reale di garanzia (es pegno e ipoteca), poi i chirografari che si dividono ciò che avanza. Le procedure
concorsuali governano il momento conclusivo negativo delle imprese, sia individuali che collettive. Fino
all’entrata in vigore del codice della crisi la più frequente era il fallimento che oggi non esiste più ed è stato
sostituito dalla liquidazione giudiziale che è divenuta principale procedura concorsuale del sistema. Perché il
legislatore ha deciso di fare tale scelta, anche dal punto di vista nominalisitico? Per evitare un meccanismo di
etichettamento sociale che spesso rischiava di dare vita ad una sorta di pregiudizio anche risputò alla
possibile rilevanza penale die comportamenti dell’imprenditore. Tale meccanismo non è un timore assurdo
del legislatore, ma affonda le radici nella storia dei reati il più impronte dei reati della crisi di impresa e
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dell’insolvenza (prima reato fallimentare) è quello di bancarotta (si chiama così perché quando si è iniziato a
colpire il mercante insolvente, quando questo falliva si prendeva il suo banco e lo si rompeva pubblicamente,
poi il soggetto era espropriato di tutti i suoi beni e spesso sottoposto alla gogna). In una economia moderna
non accettabile l’equivalenza tra bancarotta e forse: l’esisto negativo dell’iniziativa imprenditoriale
(l’imprenditore fallisce) non dipende necessariamente dal fatto che il soggetto abbia tenuto condotte contro
la legge. Il legislatore, quindi, siccome il termine fallimento si porta questo sostrato sociale da secoli, ha
deciso di eliminare alt merine e sostituirlo con la più asettica indicazione di liquidazione giudiziale. Il Dlgs è
del 2019, ma entra in vigore solo nel 2022 siccome l’encomia è cambiata: nel 2019 il legislatore aveva
costituto un sistema della crisi di impresa prevedendo, viste le tante novità sul settore di regolazione
civilistica, un periodo di vacatio legis di 18 mesi (sarebbe entrato in vigore ad agosto 2020), ma il Covid ha
causato enormi difficoltà a settori economici che prima erano sanissimi. Disposizioni fondamentali: titolo IX
codice della crisi che si divide in due capi:
• capo primo reati commessi dall’imprenditore in liquidazione giudiziale
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 ≄
• capo secondo reati commessi da persone diverse dall’imprenditore in liquidazione giudiziale
→
La parte penalistica e i reati principali che riguardano la crisi di impresa sono collocati in due capi diversi con
una connotazione simmetrica perché nella sostanza il nucleo penalmente rilevante di comportamenti rimane il
medesimo questa simmetria riguarda le tre tipologie principali di reato previste per la materia della crisi di
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impresa. Art 322 codice crisi di impresa bancarotta fraudolenta (cci) prima norma del capo primo
→
simmetricamente la prima norma del capo secondo, l’art 329 cci si intitola fatti di bancarotta fraudolenta. Allo
stesso modo l’art 323 cci (seconda norma capo primo) si intitola banca rotta semplice e l’art 330 cci si intitola
fatti di bancarotta semplice. La terza norma del capo primo, l’art 325 cci, si intitola ricorso abusivo al credito e
la terza norma del capo secondo, l’art 331 cci, si intitola allo stesso modo, ricorso abusivo al credito. Nel cci
ci sono anche altre fattispecie incriminatrice, ma nella prassi giurisprudenziale il 90% delle casistiche riguarda
le norme sopracitate. Cosa cambia fra capo primo e capo secondo? Cambia il soggetto che risponde, il
contesto dell’attività imprenditoriale presa in considerazione.
Nel capo primo il protagonista è l’imprenditore individuale, la persona fisica, cioè quel soggetto che è il
titolare dell’azienda e esercita l’attività di impresa e che nel nostro ordinamento dal punto di vista della
responsabilità risponde delle obbligazioni dell’impresa con tutti i suoi beni (responsabilità illimitata). Per
l’imprenditore commerciale non c’è distinzione tra un patrimonio personale e un patrimonio dedicato
all’impresa, tutto il suo patrimonio garantisce i creditori. Se l’imprenditore non riesce a rendere profittevole la
sua attività ottenendo utili, quell’impresa a un certo punto viene espulsa dal mercato perché non è più in
grado di far fronte ai propri debiti e a questo punto viene accertata giudizialmente l’insolvenza (= incapacità
di fare fronte alle proprie obbligazioni) e successivamente l’imprenditore è dichiarato in liquidazione
giudiziale (prima fallito) è proprio l’imprenditore ad essere dichiarato in liquidazione giudiziale d è lui che
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risponde penalmente se nella gestione della vita dell’impresa ha realizzato comportamento che il legislatore
individua come penalmente rilevanti.
Nel capo secondo il protagonista è duplice: c’è un protagonista civilistico e un protagonista penalistico e
questa dicotomia di protagonisti ha spinto il legislatore a disciplinare separatamente tali situazioni ci si
→
riferisce all’impresa commerciale collettiva e non individuale (che è disciplinata al capo primo), ovvero alla
società. L’imprenditore in questo caso è la società, il soggetto collettivo: se l’attività di impresa va male e la
società non è in grado di fare fonte alle proprie obbligazioni, allora se ne accerta giudizialmente l’insolvenza
e viene posta in liquidazione giudiziale. Tuttavia, sei nell’ambito della vita della società sono stati commessi
dei fatti penalmente rilevanti per il legislatore non ne risponde la società perchè questa non può rispondere
penalmente (al limite può rispondere con una responsabilità dai reato ai sensi del Dlgs 231, ma sempre con
un reato commesso da una persona fisica, inoltre nell’ambito della crisi di impresa la responsabilità dell’ente
non è prevista: nel catalogo del decreto 231 non ci sono i reati del cci). Risponderà degli illeciti chi li ha
commessi, ovvero chi ha operato nella società con ruoli di amministrazione, di direzione e di controllo →
sempre persone fisiche: nel capo secondo c’è una dicotomia tra chi viene posto in liquidazione giudiziale,
ovvero la società, e chi risponde penalmente se ne ricorrono gli estremi, cioè le persone fisiche. Non viene
posto in liquidazione giudiziale il ceo di una società fallita in quanto l’imprenditore non è lui, ma la società →
il capo secondo si intitola “reati commessi da persona diversa dall’imprenditore in liquidazione giudiziale” (il
capo primo si occupa dei reati commessi dall’imprenditore posto in liquidazione giudiziale). Proprio per
questo si ha simmetria tra capo primo e capo secondo: la sostanza penalmente rilevante è la stessa (con
qualche piccola differenza), il nucleo di partenza è lo stesso.
Bancarotta
E’ il reato più frequente tra tutti i reati nell’ambito di tutto il diritto penale economico. Già attraverso la
distinzione tra capo primo e secondo si individua una prima distinzione all’interno delle categorie della
bancarotta. Infatti, in virtù di tal sovrapposizione e unicità di protagonista nel capo primo, la bancarotta
dell’imprenditore individuale si definisce bancarotta propria, mentre la bancarotta dei fatti di bancarotta
fraudolenta e dei fatti bancarotta semplice che si trovano nel capo secondo si definisce bancarotta impropria
in quanto introduce una variabile ovvero la dicotomia tra l’imprenditore posto in liquidazione giudiziale
(società) e chi è chiamato a rispondere penalmente die comportamenti illeciti (persone fisiche). Ci sono però
anche altre distinzioni che introducono nuove variabili. Ad esempio un’altra distinzione tra forme di
bancarotta è quella tra bancarotta fraudolenta e bancarotta semplice la distinzione incrocia sia la
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bancarotta impropria che quella propria. Bancarotta propria fraudolenta, bancarotta propria semplice,
bancarotta impropria fraudolenta e bancarotta impropria semplice artt 329,332, 322,323 cci La differenza
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di categorie non è semplicemente la distinzione tra una bancarotta dolosa e una bancarotta colposa, è molto
più complicata. Ci sono anche altri parametri che consentono di distinguere ulteriori forme di bancarotta, ad
esempio se la bancarotta riguarda i beni dell’impresa (dell’imprenditore nel capo primo e della società
imprenditore del capo secondo) si parlerà di bancarotta patrimoniale, se invece la bancarotta non riguarda i
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 beni, ma la documentazione dell’impresa, ciò che consente di capire come è stata gestita l’impresa (il
presupposto di partenza è che quando viene posta in liquidazione giudiziale una impresa entra in campo il
liquidatore giudiziale: la gestione dell’impresa o della società viene tolta a chi l’ha gestita fino a quel
momento e quindi chi entra deve prima di tutto capire cosa trova, se non può farlo perché mancano i
documenti, allora si ha una sanzione anche penale) allora si parla di bancarotta documentale. Anche questa
distinzione tra bancarotta patrimoniale e bancarotta documentale incrocia le altre tipologie:
• bancarottapropriafraudolentapatrimoniale
• bancarottaimpropriasemplicedocumentale
• bancarottapropr