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Vv. 53-59 volgendo al termine dell’ecloga, Virgilio si augura di poter restare in vita a lungo
per celebrare le gesta gloriose del puer. v. 57 Apollo, indica l’età di Apollo, non si crede ci
57 sia un ritorno immediato dall’età dell’oro, ma avviene gradualmente. Si arriva all’età
dell’ora, dove l’uomo non deve lavorare.
fi
58. Stefania Serra
3 marzo 2022, 12:44:45
Vuole fargli un tributo. T4
Nella teodicea del lavoro, Virgilio vuole dimostrare come il dovere del lavoro e le
fatiche che esso comporta siano stati voluti da una divinità benefica per favorire il
progresso umano. Attraverso un procedimento di tipo esiodeo il poeta cerca di
fondare nel mito la necessità del lavoro, che non si può eliminare e che perdura anche
nei nuovi aurea saccula. Se Esiodo, nelle Opere e giorni, aveva spiegato l'uscita
dall’età dell'oro e la necessità del duro lavoro come una punizione agli uomini da
Zeus, adirato per il furto del fuoco da parte di Promèteo, Virgilio interpreta questi fatti
adottando una prospettiva provvidenzialistica. L'età dell’oro, che ha come modello il
regno di Saturno, è definitivamente superata per volere del figlio-nemico e successore
di Saturno, Giove, il quale impose agli uomini il lavoro per impedire che il suo regno
fosse dominato dall'inerzia. Per "attivare" l'uomo, Zeus disseminò nella natura pericoli
e ostacoli e l'uomo dovette escogitare le tecniche per superarli. Come in Lucrezio,
che respinge l'idea di una divinità benefica che ordina il mondo a vantaggio
dell'uomo, anche in Virgilio l’operosità umana e la capacità di superare le difficoltà
sono positivamente valutate, ma è possibile il riscatto come lo è la felicità.
Virgilio descrive il mondo della campagna come ideale, perché permette di raggiungere la
felicità; questa idealizzazione deve scontrarsi con le varie di coltà che sorgono così
come le fatiche che bisogna compiere perché sono necessarie.
La concezione di Virgilio, difende l’importanza del lavoro, ma alla ne del testo, il lavoro
viene de nito come improbus, ossia ingiusto, ma viene tradotto come caparbio, ma è
improbabile che signi chi quello. Infatti lui lo intendeva in senso negativo per due ragioni:
1. Voleva dimostrare le sue competenze culturali, facendo riferimento al testo di Esiodo.
58 2. Virgilio è un autore soggettivo, quindi anche quando descrive realtà necessarie, non
rinuncia mai a mettere il suo coinvolgimento, descrivendo la parte che subisce gli
e etti negativi di quella realtà, che porta dolore e inaccettabilità per il singolo.
Il lavoro è giusto in una visione generale, ma è stato di cile per il singolo, che si deve
scontrare con una realtà che lo piega sempre.
ff fi fi ffi ffi fi
59. Stefania Serra
3 marzo 2022, 12:50:08
Protasi, ossia la prima parola che
apre il canto.
60. Stefania Serra
3 marzo 2022, 12:49:37
La caduta di Troia e la guerra di
Enea nel Lazio
61. Stefania Serra
4 marzo 2022, 08:25:08
In realtà Antenore è il primo ad
arrivare in Italia, dando inizio alla
dinastia dei veneti. Proemio
62. Stefania Serra Traduzione
4 marzo 2022, 08:30:56 Canto le armi e l’uomo che per primo dai lidi di Troia giunse in Italia profugo per volere del
Iactatus è participio congiunto a fato e alle coste di Lavinio, molto sbattuto per terra e per mare per la violenza degli dei a
ille e viene da isto, forma iterativa causa dell’ira memore della crudele Giunone e dopo aver subito molte cose anche in
di iacio; vi è un ablativo di causa
efficiente e superum equivale a guerra, nché fondasse la città e portasse nel Lazio gli dei, da cui derivarono la stirpare
superorum, quindi dalla potenza Latina, i padri Albani e le mure dell’alta Roma. Musa ricordami le cause per quale volontà
degli dei. divina o esa e dolendosi di cosa la regina degli dei impose ad un uomo insigne per pietà
di a rontare tante di coltà e di incontrare tante fatiche. Tanto grandi sono le ire negli
63. Stefania Serra animi celesti?
4 marzo 2022, 08:45:18
Memorem è un esempio di
ipallage (è una figura retorica che Spiegazione
consiste nel riferire Vv. 1-7 Arma, corrisponde alla parola iniziale dell’Iliade, “ira”, ma anticipa il tema dei libri
59 60
grammaticalmente una parte iliadici del poema.
della frase a una parte diversa da Virum è riferito all’Odissea, la cui prima parola è il temine greco che corrisponde a vir
quella a cui dovrebbe riferirsi all’accusativo.
semanticamente) perché ad
essere memore non è Giunone, Cano proviene dell’Iliade, signi ca cantare, a cantare non è la Musa, ma lui (io canto).
ma l’ira. Primus ab oris, lui per primo giunge in Italia, Virgilio lo mette in preminenza rispetto agli
61 altri.
64. Stefania Serra V. 2 Fato profugus, egli è un uomo esiliato, costretto a viaggiare per volere del fato, che
4 marzo 2022, 08:35:25
Aveva ricevuto due offese: porterà alla fondazione di Roma.
1. Quando Paride, aveva scelto V. 3 Iactatus, richiama la gura di Ulisse, per il viaggio che sta facendo nei luoghi dove era
62
Afrodite come la più bella tra stato Ulisse.
tutte, dandole la mela. V. 4 Memorem isinonis, l’accenno all’ira di Giunone speci ca il generico vi superum e
63
2. Quando Ganimede, che viene anticipa quanto sarà svolto a partire dal v. 12. Anche l’Iliade si apriva sul tema dell’ira, ma
portato da Giove nell’Olimpo e lo
fa diventare coppiere, perché là si trattava di quella di un mortale, Achille. Ora, invece, l’ira è imputata a un essere
Giove lo amava, quindi aveva divino. Giunone era nemica dei Troiani, per il ricordo (memor) delle o ese del passato,
64
tradito Giunone. quindi, Enea non è colpevole direttamente di queste o ese, per questo agli occhi di
Virgilio e del pubblico è crudele questa vendetta e viene vista come un sopruso nei
65. Stefania Serra confronti di Enea.
4 marzo 2022, 08:40:30
Che viene considerata anche V. 5 multa bello passus, Enea subisce molto anche in guerra, ma lo sopporta per fondare
come una casa per gli dei. la città.
65 V. 6 genus Latinum, non è un esito, ma un inizio, la prima fase di un processo storico che
si concluderà con Roma, Enea emerge come il vero fondatore della città. Il genus Latinum
è la stirpe nata dalla fusione di Troiani e Latini che, pur scon tti, conservarono la propria
identità, il proprio nome e si fusero con i vincitori.
V. 7 Gli Albani patres sono gli abitanti della città di Alba Longa, antenati dei Romani. Con
questo vuole celebrare il Senato prima ancora che questo si realizzi. Vuole far
comprendere la futura grandezza di Roma.
V. 8 Musa numine laeso, l’invocazione alla musa, viene fatta al verso 8, perché è cambiato
l’atteggiamento nei confronti della divinità, perciò non ha più bisogno che venga ispirato,
ff fi
ff ffi fi fi ff fi fi ff
66. Stefania Serra
4 marzo 2022, 08:58:43
Gli dei non dovrebbero provare
una tale irà nei confronti degli
uomini, ma dovrebbero
comprenderli.
67. Stefania Serra
4 marzo 2022, 08:58:18
L’accecamento di suo figlio
Polifemo da parte di Ulisse. ma le chiede di ricordare le cause, perché le muse sono glie di Mnemosine, ossia la
memoria.
V. 9 voltare casus, rende Enea un protagonista attivo in quello che sta vivendo e
a rontando tutte le di coltà: “volvere” presenta Enea come vittima di una punizione che
non merita.
V. 11 Tantaene animis caelestibus irae?, si tratta di una domanda gridata, nella
consapevolezza che nessuna risposta può giungere. È espressa in forma diretta e
racchiusa in una frase nominale: è una domanda che esprime perplessità e disagio di
fronte agli dei della mitologia omerica. Virgilio non ha dimenticato la lezione di Epicuro
sulla necessaria imperturbabilità degli dèi, necessaria proprio per "salvare" la loro
esistenza. Omero aveva domandato, riferendosi ad Agamennone e ad Achille: «Ma chi tra
quegli dèi li fece lottare in contesa?». L'ira di Poseidone non era un problema, bensì un
66 motivato da causa grave. Virgilio scrisse questa "invocazione" in omaggio alle
67 convenzioni dell'epica, ma sottolineò al tempo stesso l'innocenza di Enea in funzione
della sua esaltazione.
ff ffi fi
Educazione civica
Enea è lo straniero per eccellenza. C’era una grande differenza tra l’immagine che si
avevo dello straniero nel mondo greco e latino.
Mondo greco
I greci sviluppano un atteggiamento molto duro nei confronti degli stranieri e si
consideravano di gran lunga superiori ad essi. Questo si può vedere nei diversi autori, ma
diciamo che questa di denza si sviluppa in modo più forte dopo le guerre persiane,
infatti i greci dopo di esse provarono nei loro confronti un grande disprezzo, mentre
nell’età di Erodoto non c’era quella durezza nei confronti dello straniero. Atene si
considerava un popolo autoctono, ossia essi erano nati e cresciuti in Attica, quindi per
loro l’identità popolo e terra era assoluta, infatti nessun popolo li avrebbe potuti cacciare.
Questa autoctonia viene confermata da Erodoto e dai miti, infatti i primi re erano
rappresentati con una doppia natura, il corpo umano con la coda di serpente che
rappresentava il legame con la terra. Da questa idea deriva l’idea che ateniesi non si
poteva diventare, quindi o si nasceva o si era stranieri, tanto che in età Periclea erano
considerati ateniesi solo i gli di due ateniesi. Quando si indicavano gli stranieri si parlava
di due realtà, per i greci potevano essere considerati in due modi:
- χένος era sia lo straniero che l’ospite, perché era greco ma non apparteneva all’attività
politica della città e parlava la lingua greca per questo gli si dava un vincolo di
ospitalità. La ξενία era un legame personale di solidarietà che si creava tra individui di
paesi diversi e che si estendeva anche ai loro discendenti. L’ospitalità quindi era
reciproca, imponeva un contraccambio di oggetti chiamati simbola, che deriva da
simbolo, generalmente sono degli oggetti divisi in due parti e ogni χενος ne tiene una e
permetteva ai due χενος di riconoscersi anche dopo molto tempo ed era un legame
regolato da un codice di comportamento che vieta di violare gli obblighi di lealtà.
Questo legame veniva giusti cato anche dal punto di vista