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LA DENIGRAZIONE
Iniziamo considerando il concetto di diffusione di notizie e apprezzamenti che possono generare
denigrazione,
discredito. Questo tipo di azione ricade nella fattispecie della che si manifesta quando
vengono diffuse informazioni o opinioni negative sui prodotti o sulle attività di un concorrente,
danneggiandone la reputazione. La denigrazione ha l’effetto di minare la fiducia e il prestigio di cui
un’azienda o i suoi prodotti godono sul mercato, causando quindi una perdita di credibilità e reputazione.
Affinché questi apprezzamenti siano qualificati come denigratori, devono essere portati a conoscenza di
un numero significativo di persone, non solo di uno o due individui. In ambito giurisprudenziale, si è
stabilito che queste comunicazioni devono raggiungere un numero indeterminato o, comunque, una
pluralità di soggetti, al fine di generare un impatto effettivo sul mercato.
Ad esempio, in seguito a uno scandalo legato a Chiara Ferragni, non solo la sua immagine personale è
stata compromessa, ma anche l’azienda con cui collabora ha subito un impatto. La situazione può aver
lasciato una traccia tale che, al momento di acquistare il pandoro quest’anno, i consumatori potrebbero
ricordare l’accaduto e decidere di evitare il prodotto, causando una perdita di mercato per l’azienda.
IL DISCREDITO
Il "discredito" è quindi la perdita della buona reputazione e fiducia di cui una impresa o i suoi prodotti
godono sul mercato, ed è essenziale proteggerlo e tutelarlo per il valore e la competitività di un’impresa.
Nel caso in cui queste notizie o apprezzamenti colpiscano negativamente la reputazione dei prodotti o
delle attività di un’azienda, si parla sempre di contenuti a carattere negativo. Per qualificarsi come
denigrazione, però, non solo il contenuto deve essere negativo e diffuso intenzionalmente, ma deve anche
essere sufficientemente grave e credibile da produrre un impatto reale sul mercato. Questo parlare male
deve essere sufficientemente grave e attendibile da dar luogo a un effetto screditante sul mercato.
In ambito giudiziario, dimostrare l’effetto screditante di queste affermazioni è importante: se non si prova
che hanno realmente avuto un impatto negativo sul mercato, il giudice può decidere di non riconoscere la
richiesta di tutela.
Tuttavia, l’effetto negativo può riguardare non solo clienti e fornitori, ma anche i finanziatori, il che risulta
ancor più rilevante.
ESEMPIO: Se venisse diffusa una notizia secondo cui i miei giocattoli sono prodotti con materiali non
idonei, i finanziatori potrebbero interrompere le collaborazioni o, per timore di insolvenza, richiedere
l'immediato rimborso dei prestiti concessi. Similmente, i fornitori potrebbero interrompere le forniture di
materie prime o merci a causa di pagamenti ritardati, aggravando ulteriormente la difficoltà dell’azienda.
OGGETTO DELLA DENIGRAZIONE
Passiamo ora a definire l'oggetto della denigrazione. Affinché un comportamento possa essere
considerato illecito, deve rispettare alcuni requisiti specifici stabiliti dalla normativa. In particolare, le notizie
rilievo concorrenziale (anche per avere valore legale),
e gli apprezzamenti negativi devono avere un
ossia devono incidere effettivamente sulla concorrenza tra aziende; questo aspetto è fondamentale e non
è facile da dimostrare. Inoltre, tali azioni devono causare un danno concreto.
La denigrazione può riferirsi in modo specifico a un singolo prodotto dell’azienda o all’attività aziendale nel
suo complesso. La normativa parla di denigrazione riferita a “prodotti” e “attività”, ma la giurisprudenza
ha chiarito che questa interpretazione non deve essere restrittiva: anche notizie o apprezzamenti negativi
su aspetti più ampi o situazioni collegate all’azienda possono costituire denigrazione. Pertanto, un’azienda
può richiedere tutela legale non solo per il danno diretto a un prodotto o alla propria attività principale, ma
anche per altre situazioni aziendali danneggiate da azioni denigratorie.
Quali situazioni, oltre ai prodotti e alle attività principali, possono incidere sul mercato e causare danno?
Ad esempio, notizie su un cambio di amministratore, l'acquisizione da parte di una società straniera,
accuse di sfruttamento dei dipendenti o difficoltà finanziarie e rischio di dissesto dell'impresa stessa.
Anche informazioni sulla disorganizzazione interna dell’azienda o su una fase di stallo dell’attività (come il
calo delle vendite) possono scoraggiare la clientela e costituire atti denigratori. Questi elementi, pur non
riguardando direttamente i prodotti o i servizi offerti, possono avere un impatto rilevante sulla percezione
del mercato e, di conseguenza, sulla reputazione e competitività dell’azienda.
VERIDICITA’ O FALSITA’ DELLE NOTIZIE SCREDITANTI
Quali caratteristiche devono avere le notizie screditanti per costituire denigrazione? È necessario che siano
sempre false per causare un danno, o possono essere anche vere? La questione è complessa: la
normativa non stabilisce che il carattere illecito delle notizie sia automaticamente legato alla loro falsità.
Una notizia screditante, infatti, non è necessariamente lecita solo perché vera.
veritatis"
Il principio dell'"exceptio viene spesso discusso in giurisprudenza e si riferisce alla possibilità
che anche una notizia vera possa avere un effetto denigratorio e, quindi, essere considerata illecita. In altre
parole, se una comunicazione, anche se veritiera, viene diffusa in modo tale da causare un danno alla
reputazione o all’attività di un concorrente, essa può comunque essere qualificata come denigratoria. Ad
esempio, affermare pubblicamente che un prodotto è fabbricato con materiali non idonei può risultare
illecito anche se corrisponde a verità, qualora venga diffuso con l’intento di screditare e danneggiare la
competitività dell’azienda.
Di conseguenza, la legittimità delle notizie screditanti non dipende solo dalla loro veridicità, ma anche dal
contesto, dall’intenzione e dall’impatto che esse generano sul mercato. Anche informazioni vere, se
divulgate con scopo denigratorio, possono essere considerate illecite.
Come può avvenire un caso di denigrazione? Immagina che un concorrente affermi che un prodotto è mal
fatto e che i materiali utilizzati non siano idonei, diffondendo queste informazioni sul mercato. Se l’azienda
colpita decide di intraprendere un’azione legale, chiedendo tutela per il suo prodotto, la questione si
complica. Supponiamo che, a seguito di un'analisi, si scopra che i materiali utilizzati sono effettivamente
non idonei. Cosa succede in questo caso?
La legge non fornisce risposte chiare, ma la giurisprudenza ha sviluppato nel tempo un orientamento
preciso. In particolare, si è arrivati alla conclusione che, nell'ambito della disciplina sulla concorrenza
è ammissibile la diffusione di notizie e apprezzamenti veri. Quello che risulta illecito è la
sleale,
diffusione di informazioni false. Questo principio è stato stabilito dai tribunali, che hanno riconosciuto
l’importanza di tutelare la reputazione delle aziende. Dunque, se un concorrente diffonde notizie veritiere,
non si giustifica una sanzione nei suoi confronti, poiché non è punibile chi dice la verità.
Tuttavia, la diffusione di notizie vere deve avvenire in modo non tendenzioso e obiettivo, evitando di
eccedere nella comunicazione rispetto alle informazioni necessarie per il pubblico. La distinzione tra una
comunicazione legittima e una maliziosa può risultare sottile. È qui che entrano in gioco le valutazioni
soggettive di avvocati e giudici, che devono decidere se le affermazioni siano state presentate in modo
obiettivo, senza intenti denigratori.
In sintesi, la chiave per evitare sanzioni è garantire che le informazioni siano diffuse con correttezza e
trasparenza, rispettando il principio della verità senza scopi ulteriori di denigrazione.