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IL DISCREDITO
Il "discredito" è quindi la perdita della buona reputazione e fiducia di cui una impresa o i suoi prodotti
godono sul mercato, ed è essenziale proteggerlo e tutelarlo per il valore e la competitività di un’impresa.
Nel caso in cui queste notizie o apprezzamenti colpiscano negativamente la reputazione dei prodotti o
delle attività di un’azienda, si parla sempre di contenuti a carattere negativo. Per qualificarsi come
denigrazione, però, non solo il contenuto deve essere negativo e diffuso intenzionalmente, ma deve anche
essere sufficientemente grave e credibile da produrre un impatto reale sul mercato. Questo parlare male
deve essere sufficientemente grave e attendibile da dar luogo a un effetto screditante sul mercato.
In ambito giudiziario, dimostrare l’effetto screditante di queste affermazioni è importante: se non si prova
che hanno realmente avuto un impatto negativo sul mercato, il giudice può decidere di non riconoscere la
richiesta di tutela.
Tuttavia, l’effetto negativo può riguardare non solo clienti e fornitori, ma anche i finanziatori, il che risulta
ancor più rilevante.
ESEMPIO: Se venisse diffusa una notizia secondo cui i miei giocattoli sono prodotti con materiali non
idonei, i finanziatori potrebbero interrompere le collaborazioni o, per timore di insolvenza, richiedere
l'immediato rimborso dei prestiti concessi. Similmente, i fornitori potrebbero interrompere le forniture di
materie prime o merci a causa di pagamenti ritardati, aggravando ulteriormente la difficoltà dell’azienda.
OGGETTO DELLA DENIGRAZIONE
Passiamo ora a definire l'oggetto della denigrazione. Affinché un comportamento possa essere
considerato illecito, deve rispettare alcuni requisiti specifici stabiliti dalla normativa. In particolare, le notizie
rilievo concorrenziale (anche per avere valore legale),
e gli apprezzamenti negativi devono avere un
ossia devono incidere effettivamente sulla concorrenza tra aziende; questo aspetto è fondamentale e non
è facile da dimostrare. Inoltre, tali azioni devono causare un danno concreto.
La denigrazione può riferirsi in modo specifico a un singolo prodotto dell’azienda o all’attività aziendale nel
suo complesso. La normativa parla di denigrazione riferita a “prodotti” e “attività”, ma la giurisprudenza
ha chiarito che questa interpretazione non deve essere restrittiva: anche notizie o apprezzamenti negativi
su aspetti più ampi o situazioni collegate all’azienda possono costituire denigrazione. Pertanto, un’azienda
può richiedere tutela legale non solo per il danno diretto a un prodotto o alla propria attività principale, ma
anche per altre situazioni aziendali danneggiate da azioni denigratorie.
Quali situazioni, oltre ai prodotti e alle attività principali, possono incidere sul mercato e causare danno?
Ad esempio, notizie su un cambio di amministratore, l'acquisizione da parte di una società straniera,
accuse di sfruttamento dei dipendenti o difficoltà finanziarie e rischio di dissesto dell'impresa stessa.
Anche informazioni sulla disorganizzazione interna dell’azienda o su una fase di stallo dell’attività (come il
calo delle vendite) possono scoraggiare la clientela e costituire atti denigratori. Questi elementi, pur non
riguardando direttamente i prodotti o i servizi offerti, possono avere un impatto rilevante sulla percezione
del mercato e, di conseguenza, sulla reputazione e competitività dell’azienda.