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6.4 – CLASSIFICAZIONE DEI COSTI IN BASE ALLA LORO VARIABILITÀ

I costi sono classificabili in fissi e variabili in funzione della variazione di un’attività dell’impresa, come ad

esempio in funzione della variazione dell’ampiezza della gamma di prodotti, della variazione della qualità di

un prodotto, della variazione della quantità prodotta (le uniche su cui ci soffermeremo di seguito), e altro.

Se si prende in considerazione un solo anno, i costi sono classificabili in fissi e variabili rispetto alla quantità

prodotta; i costi fissi sono quelli che non variano al variare della produzione e i costi variabili quelli

che variano al variare della produzione; tra i costi fissi, poi, ci sono quelli relativi all’impianto (per

esempio gli ammortamenti) e i costi annuali che possono variare da un anno all’altro ma non in funzione

della produzione (per esempio le assicurazioni contro gli incendi).

Oltre a fattori che originano costi che sono tutti fissi o tutti variabili, esistono anche quelli che originano

costi semifissi; ad esempio, tra i costi di imbottigliamento ci sono i costi fissi dati dai costi dell’impianto, i

costi variabili delle materie prime e i costi semifissi dati dal numero di volte che si avvia la linea di

imbottigliamento (pulizie, preparazione delle attrezzature…). In generale, omettendo per semplicità i costi

semifissi, si ha che = + +

o, più semplicemente = +

Si noti che spesso si utilizzano contemporaneamente più criteri di classificazione dei costi; ad esempio,

utilizzando contemporaneamente la classificazione in costi fissi e variabili e quella in espliciti e impliciti si

ottiene la .

tabella di pagina 81

Inoltre, secondo i rapporti che si ipotizzano tra i costi variabili e le quantità prodotte, la funzione di costo

può assumere diverse forme; tra queste, riportiamo quella lineare che risponde a due ipotesi, ovvero:

❖ I costi fissi rimangono costanti per qualsiasi livello della produzione;

❖ I costi variabili sono nulli per una produzione nulla, poi aumentano in modo lineare rispetto agli

incrementi di produzione.

In base a queste ipotesi, la funzione di costo totale ( ) è

vedi grafico di pagina 82

= +

ovvero = + ∙

dove è il costo totale, è la produzione, sono i costi fissi (indipendenti dalla produzione), sono i

= 1000 + 2,5 ∙ .

costi variabili totale e sono i costi variabili per unità di prodotto; un esempio è

Oltre alla funzione di costo totale, si definiscono anche ( ):

vedi il primo grafico di pagina 83

❖ Il costo variabile medio, il quale è dato dal rapporto tra il costo variabile e la produzione ottenuta,

= ;

ovvero

❖ Il costo marginale, il quale è l’incremento di costo per un incremento unitario di produzione, ovvero

= ;

❖ Il costo totale medio, il quale è dato dal rapporto tra il costo totale e la produzione ottenuta, ovvero

⁄ ⁄

= + .

A è presente un esercizio.

pagina 83

Detto questo, è importante sottolineare che la funzione di costo può fare riferimento all’impresa nel suo

insieme, a sue parti oppure a particolari impianti o macchine; può fare riferimento alla quantità di prodotto

o altro; inoltre, fornisce informazioni su prezzi di vendita sostenibili, economie di saturazione, flessibilità

dell’impianto, economie di scopo ed economie di scala; e ancora, insieme alla funzione di domanda, la

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Economia, marketing e legislazione ©Cristina Genuin

funzione di costo fornisce informazioni sui livelli della produzione e sui relativi prezzi di vendita che

massimizzano il profitto.

Per quanto riguarda i prezzi di vendita sostenibili dall’impianto ( ), possiamo

vedi il primo grafico di pagina 86

dire che i punti della curva del costo totale medio individuano le coppie quantità-prezzo di vendita che

annullano il profitto; tutti i punti sopra la curva individuano coppie quantità-prezzo di vendita con profitto

positivo, mentre i punti sotto la curva individuano coppie quantità-prezzo di vendita con profitto negativo.

Passando al secondo punto, le economie di saturazione ( ) sono la

vedi il secondo grafico di pagina 86

diminuzione del costo totale medio che si ottiene aumentando la produzione, cioè andando verso la

saturazione della capacità produttiva dell’impianto; le diseconomie di saturazione sono, invece, gli

incrementi del costo totale medio imputabili ad un minore sfruttamento della capacità produttiva

dell’impianto.

La flessibilità di un impianto, invece, è la capacità di variare in modo rilevante la quantità prodotta con

variazioni piccole del costo totale medio . I tre impianti del hanno la stessa

terzo grafico di pagina 86

capacità produttiva, ma costi totale medi minimi differenti; in particolare, l’impianto è quello con il costo

;

medio minimo minore, ma è meno flessibile dell’impianto per produzioni maggiori di conviene

1

, ;

l’impianto ma per produzioni minori conviene l’impianto di conseguenza, se durante la vita economica

dell’impianto che si decide di installare saranno più frequenti le produzioni maggiori di conviene

1

, .

installare ma nel caso contrario conviene installare Inoltre, va detto che la flessibilità aumenta con il

,

diminuire dei costi fissi; l’impianto più flessibile del grafico è il quale ha costi fissi pari a zero e prevede

solo costi variabili; questa soluzione di fatto corrisponde alla scelta di non realizzare l’impianto di

produzione, ma di ricorrere ad un terzista ed i costi variabili sono il prezzo da pagare al terzista per ogni

unità di prodotto o servizio.

Per quanto riguarda le economie di scopo, essere sono la riduzione del costo di produzione di un bene che

si ottiene producendo in modo congiunto con altri beni rispetto alla produzione separata; tali economie

possono essere originate in tre casi, ovvero:

❖ Il processo produttivo realizza due o più prodotti in rapporti fissi (mosto e vinacce, prosciutti e altri

tagli);

❖ Esistono risorse (ad esempio un macchinario) parzialmente inutilizzate che possono essere

impiegate per produrre un altro bene;

❖ Le conoscenze di tecniche e/o di marketing dell’impresa o la sua immagine può essere utilizzata per

altri prodotti.

Si noti che gli ultimi due punti dell’elenco fanno emergere l’esistenza di risorse eccedentarie. Alle pagine 87 e

è presente un esercizio.

88

Infine, le economie di scala sono la diminuzione del costo totale medio minimo imputabili alla dimensione

dell’impianto; in particolare, il evidenzia che l’impianto di maggiori dimensioni ha

secondo grafico di pagina 88

un costo totale medio minore di quello dell’impianto più piccolo; se si ritiene che la produzione sarà minore

della massima capacità produttiva dell’impianto piccolo conviene installare l’impianto piccolo, altrimenti

conviene installare l’impianto grande; l’impianto piccolo, però, dovrà vendere a prezzi maggiori di quelli

dell’impianto grande e subirà la concorrenza di prezzo di questo; inoltre, nel lungo periodo l’impianto

piccolo può sopravvivere solo se il suo prodotto viene differenziato da quello dell’impianto grande, in modo

tale da poterlo vendere ad un prezzo superiore. Va infine sottolineare che la dimensione delle economie di

scala tra impianti diversi fornisce una misura delle differenze di prezzo che devono esistere tra gli impianti e

quindi del grado di differenziazione.

6.5 – COSTI EVITABILI E COSTI NON EVITABILI

I costi possono essere classificabili in funzione della decisione che si deve prendere (per esempio, una scelta

tra comprare o produrre, una scelta tra vendere o trasformare…). In questi casi i costi sono classificati in

evitabili e non evitabili; i costi non evitabili sono quelli indipendenti dalla decisione (cioè quelli che

saranno sostenuti qualunque sia la decisione che si prenderà), mentre i costi evitabili sono quelli che

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dipendono dalla decisione (cioè quelli che possono essere evitati scegliendo una delle alternative a

confronto). Considerato che i costi non evitabili gravano su entrambe le alternative, nei calcoli per la

decisione possono essere omessi e per la decisione è sufficiente determinare solo i costi evitabili.

Ad esempio, nelle decisioni di utilizzare o no un impianto già esistente, i costi fissi relativi all’impianto (come

gli ammortamenti) sono sostenuti dall’impresa anche nel caso essa decida di non produrre; sono cioè dei

.

costi fissi non evitabili I costi che, invece, devono essere sostenuti solo se si produce, ma che sono

indipendenti dal livello della produzione, costituiscono dei costi fissi evitabili nel caso l’impresa decida

di non produrre. Inoltre, i costi che variano al variare della produzione e che sono nulli se la produzione è

nulla sono ovviamente evitabili se non si produce; anche i costi variabili, quindi, sono costi evitabili. In

= = + .

definitiva, in questo esempio si ha che e che − > 0.

Infine, seguendo la , verrà scelta l’alternativa “utilizzare l’impianto” quando

tabella di pagina 89 29

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7 – LE DECISIONI IMPRENDITORIALI

7.1 – LE DECISIONI DI ENTRATA O NON ENTRATA NELLA PRODUZIONE

L’impianto di produzione non esiste e l’impresa deve decidere se entrare nella produzione (cioè realizzare

l’impianto e produrre) oppure non entrare nella produzione (cioè non realizzare l’impianto e non produrre);

⁄ ⁄

=

con la decisione di entrata tutti i costi sono non evitabili ( ), mentre con la decisione di non

⁄ ⁄

=

entrata tutti i costi sono evitabili ( ). Di fatto, sulla funzione del costo totale medio si determina

=

il prezzo , che viene detto prezzo di entrata; per tutti i prezzi maggiori conviene l’entrata e per tutti

i prezzi minori conviene la non entrata. In altri termini, quando il prezzo di vendita è maggiore del costo

totale medio, il profitto è positivo e quindi è con

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Scienze economiche e statistiche SECS-P/08 Economia e gestione delle imprese

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Crigenu di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Economia e marketing e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Sillani Sandro.
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