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La Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino

La Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino si suddivide in un preambolo e 17 articoli. L'art. 1 si compone di due parti: nella prima parte, conservata anche in quella del 1948, si afferma che gli uomini nascono e rimangono liberi e uguali nei diritti (dato di natura, immutabile che non può essere toccato dal potere politico o dalla regola di carattere democratico è una frase ripresa del giusnaturalismo). Inoltre, nel 1789 non nascevano tutti liberi ed uguali, essendoci la schiavitù. Il fatto che dovessero nascere tutti uguali è un obiettivo. La seconda parte si pone in contrasto con l'Ancient regime, fondato sulle diversificazioni di status, affermando che le distinzioni sociali non possono essere fondate sull'utilità comune. Qui il tema dell'égalité è preponderante. Nell'art. 2 prendono forma i concetti già affermati da Locke: la resistenza all'oppressione come

diritto naturale. Qui sono specificati, inoltre, i diritti fondamentali: la libertà, la proprietà (principio cardine del liberalismo politicolockiano). Tra questi vi è anche la sicurezza.

Nell’art. 3 il riferimento è al corpo della Nazione e fonda, avvicinandosi a Rousseau, il riferimento alla Nazionestessa, che viene enfatizzata come unità. Non sono gli individui sovrani.

Anche l’art. 6 rimarca alla riflessione di Rousseau, nell’ottica della legge come espressione di volontà generale.

Negli artt. 8 e 9 è tangibile l’influenza di Beccaria e, quindi, di Montesquieu sul tema delle pene intese comestrettamente ed evidentemente necessarie, il loro divieto di irretroattività e la presunzione d’innocenza sin quandonon vi sia dichiarazione di colpevolezza.

L’art. 16 nega la natura costituzionale alle Costituzioni (che esistono) che non garantiscono diritti fondamentali eseparazione di poteri.

17 rientra il tema della proprietà, intesa come diritto inviolabile e sacro, di cui nessuno può esserne privato, se non per necessità pubblica. Lo Stato francese con la codificazione poi trasforma il diritto naturale in vera e propria legge di Stato e il tema dell'origine naturale dei diritti finisce sullo sfondo. Le critiche mosse al Giusnaturalismo cominciano a farsi strada nell'800, per poi dare inizio a un'opposizione col Giuspositivismo tuttora presente nel dibattito contemporaneo. Vi sono due ordini di critiche: - A carattere teorico; - Riguardanti l'evoluzione storica del giusnaturalismo e dei sistemi di pensiero e normativi che ad esso si sono ispirati. Storicamente, avviene una trasformazione del Giusnaturalismo verso l'idealismo. Ciò avviene soprattutto in Germania, dove il razionalismo kantiano (enfasi kantiana sulla ragione e sul tema della critica) viene espanso, rafforzato tanto da giungere in autori importanti come Hegel.ad un'identificazione tra ciò che è reale e ciò che è razionale tutto ciò che è razionale è reale e tutto ciò che è reale è razionale. Quest'enfasi conduce ad una forma di astrazione dalla realtà. Hegel insiste sul fatto che l'ente che è in grado di seguire e realizzare la razionalità è lo Stato. Quindi, progressivamente, nel corso dell'800 si trova un'enfasi sul ruolo dello Stato. In Europa, nell'800 lo Stato-nazione si consolida e cominciano a sorgere le strutture fondanti (Eserciti, burocrazia, organizzazione economica). La filosofia del diritto e il diritto stesso accompagnano questo percorso e, dunque, l'enfasi si sposta dagli individui e delle loro libertà al ruolo dello Stato. Questo processo si accompagna con un progressivo allontanamento dai principi puri del Giusnaturalismo ad un'attenzione alla storia e alla sua.evoluzione: la storia non si intende come storia universale e dell'umanità, ma come storia della Nazione, del popolo. Il diritto viene sempre più ad essere concepito come il risultato delle tradizioni e dei costumi sviluppati da un popolo in un determinato territorio ci si allontana da una concezione individualistica della società. L'eredità di Kant che sviluppa la più raffinata versione del giusnaturalismo, spogliato di ogni elemento utilitaristico e divenuto puro giusrazionalismo, viene accolta all'interno della scuola di Jena, in cui si formano i maggiori filosofi idealisti da Fichte a Shelling a Hegel, i quali, con connotazioni diverse, conducono alle conseguenze estreme il razionalismo di Kant, che aveva fatto del soggetto pensante il legislatore della realtà, e pervengono ad identificare la realtà col pensiero, che è razionalità. In ambito politico ciò comporta un completo capovolgimento.del popolo sovrano. Questa visione positivista del diritto porta alla negazione del diritto naturale e all'affermazione del principio di legalità, secondo il quale il diritto è ciò che è stabilito dalla legge. Tuttavia, questa concezione positivista del diritto ha portato anche a critiche e dibattiti sul ruolo dello Stato e dei diritti individuali. Alcuni filosofi e giuristi hanno sostenuto che il diritto positivo non può essere l'unico criterio di giustizia e che esistono dei principi morali e universali che devono essere presi in considerazione nella creazione delle leggi. In conclusione, il rapporto tra individuo e Stato è un tema complesso e dibattuto, che coinvolge sia questioni filosofiche che politiche. La visione giusnaturalista pone l'accento sui diritti individuali e sulla limitazione del potere dello Stato, mentre l'approccio positivista enfatizza il ruolo della legge e della volontà popolare.dello Stato. Si ha una fotografia dei diritti e dei principi elaborati e tradotti in legge, di cui si può superare la loro radice naturale. Nel corso dell'800 il diritto naturale è oggetto di critiche sempre più aspre e numerose, raccolte da Norberto Bobbio in due gruppi, a seconda che abbiano preso di mira il sostantivo diritto o l'aggettivo naturale, rilevando che il primo tipo di critiche è venuto soprattutto dai giuristi, il secondo dai filosofi: è- Diritto naturale come non diritto (natura non giuridica) il diritto naturale è privo di sanzione. Si tratta di principi che, finché non tradotti in legge dello Stato, restano norme di carattere etico-morale. Diventano diritto laddove c'è possibilità di farli rispettare con la forza da parte dello Stato. Bobbio definisce il diritto naturale come diritto "disarmato", che esprime un'esigenza, una proposta di diritto futuro che, finchénon trova la forza organizzata per essere fatto valere, non può considerarsi diritto nel vero senso della parola. Lo Stato di natura dev'essere superato, siccome il diritto naturale non è in grado da solo di garantire la sicurezza degli uomini. Il diritto naturale non è coercibile e non è in grado di garantire la sicurezza e la pace sociale. Insomma, il diritto naturale non può essere considerato un vero e proprio diritto perché manca dei caratteri propri di quella particolare categoria dell'agire pratico che è il diritto. In terzo luogo, i giusnaturalisti, una volta riconosciuta la necessità dello Stato e delle sue leggi, ritengono che la funzione del diritto naturale non debba esaurirsi e che ad esso si debba ricorrere per decidere le controversie tra gli Stati e per colmare le lacune del diritto positivo. Nel corso dell'800 questo ruolo viene progressivamente esaurendosi: da un lato, per l'affermarsi del diritto internazionale positivo.dovrebbero essere applicate in ogni tempo e luogo, indipendentemente dalle circostanze storiche e sociali. Tuttavia, nonostante le critiche, il diritto giusnaturalistico ha avuto e continua ad avere una grande influenza nella teoria e nella pratica giuridica. Molte delle idee e dei principi fondamentali del diritto moderno, come l'uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge e i diritti umani, hanno radici nel pensiero giusnaturalistico. In conclusione, il diritto giusnaturalistico è una teoria complessa e controversa, che cerca di fondare il diritto su principi universali e immutabili. Nonostante le critiche e le sfide che ha affrontato nel corso della storia, il suo impatto e la sua influenza nel campo giuridico sono ancora evidenti oggi.ignorano la storia, mentre di essa sono frutto in quanto espressione della trasformazione della società occidentale nelle sue componenti economiche, sociali e politiche. Mentre il Giusnaturalismo è un movimento eterogeneo, il Giuspositivismo no. Si ha un'identificazione del diritto con la norma formale, formalizzata secondo un certo modus tecnico, di cui devono appropriarsi i giuristi. Il Positivismo giuridico si sviluppa come corrente di pensiero nella seconda metà dell'800 e ha alcune radici antiche (importanza del dato formale della legge già presente in Platone; rispetto della polis da parte di Socrate; riflessione romanistica che attenziona la norma in senso formale e la sistemazione del diritto). Tale corrente si collega, quindi, al consolidamento degli Stati nazionali, della loro sovranità ed è produttrice della norma giuridica nazionale. L'800 è il secolo della Nazione e delle codificazioni. Ci si collega anchegerarchia e una separazione netta tra il mondo del diritto e il resto della società. In questo contesto, la legge diventa l'unico strumento legittimo per regolare i rapporti tra gli individui e garantire l'ordine sociale. La teoria moderna dello Stato di diritto attribuisce grande importanza alla legge, che rappresenta la volontà generale del popolo. I giuristi, in particolare quelli di area tedesca, sono sempre più orientati verso la sistematizzazione del diritto e la forma della norma. Il Giuspositivismo, che ha avuto una scuola inglese con caratteristiche peculiari, è rimasto predominante anche nel XX secolo in tutta Europa. Questa corrente non ha avuto solo un impatto teorico, ma ha anche svolto una funzione pratica e politica: ha accompagnato il processo di rafforzamento delle istituzioni statali e ha favorito l'idea del giurista come tecnico, colui che utilizza un certo linguaggio e adotta un preciso modo di pensare, con una specifica missione di indottrinamento che è elemento di garanzia nello Stato di diritto. Questo tipo di tecnicismo ha isolato i giuristi dagli altri tecnici della società, creando una gerarchia e una netta separazione tra il mondo del diritto e il resto della società.specializzazione: è il solo chiamato a parlare di determinati temi, potendo valutare con "l'aura" della verità (sapere tecnico non posseduto da altri). L'affermazione del giurista-tecnico va di pari passo con la sua competenza e esperienza nel campo specifico.
Dettagli
A.A. 2022-2023
49 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher funarolinda288 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del Diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Re Lucia.