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La nozione di norma giuridica

L'opinione che il diritto sia questione di "norme", espressione spesso usata come sinonimo di "regole", è oggi ampiamente condivisa sia dagli studiosi di diritto e sia dalla gente comune. Tale opinione non è tuttavia condivisa da chi ritiene che il diritto non sia solo questione di norme, ma anche e soprattutto questione di "istituzioni". I privatisti di solito dicono che il diritto consta di regole ma prima di tutto va inteso come costituito da istituzioni. Si ha diritto laddove si ha una società organizzata. Lo stesso Bobbio dedica il primo capitolo del suo libro all'approccio di tipo istituzionalista e menziona la teoria del rapporto giuridico. Riguardo all'istituzionalismo Bobbio fa notare che si tratta di una prospettiva che portava a rivolgere l'attenzione a dimensioni caratterizzate da una regolazione diversa dal solo diritto statuale, che nel momento in cui si sviluppa la.

dottrina istituzionalistica sembra essere l'unica dottrina esistente. Era un sguardo anche anticipatorio e molto acuto. Però, il rilievo di Bobbio riguardo a questa prospettiva come una prospettiva focalizzata proprio sulla nozione di organizzazione. Ruoli, compiti e obiettivi si danno attraverso regole e allora Bobbio dice che questa prospettiva a sua volta presuppone l'imprescindibile riferimento ad una dimensione regolativa o normativa. Bobbio intitola il primo capitolo del suo libro "un mondo di norme", per farci capire questa centralità e presenza della dimensione normativa nella nostra vita. Fa notare come in tanti momenti della nostra vita non ci rendiamo conto che ciò che compiamo sono atti caratterizzati dalla presenza di norme. Ad esempio, fare riferimento a quante regole ci sono nel semplice atto di spedire una lettera. La dimensione normativa è un elemento fondamentale della vita e della storia. Per quanto riguarda la storia Bobbiodice che potremmo considerare il fluire della storia nel tempo come un fiume arginato (fiume= eventi storici che si susseguono; arginato= fiume che scorre all'interno di argini che fanno sì che il fiume abbia un certo percorso; argini= regole). Che cosa significa parlare di norme e, in particolare, di norme giuridiche? Ci imbattiamo di fronte a tentativi di caratterizzazione molto diversi. Queste norme saranno delle entità mentali, dei comportamenti sociali o espressioni linguistiche? Rispetto a queste domande ci sono stati orientamenti che hanno ritenuto di potersi attestare sulla prima di queste tre possibilità. Abbiamo delle concezioni ontologiche, cioè delle concezioni che ritengono che sia legittimo ritenere che le norme siano entità mentali. Kelsen vedremo che ci proporrà degli approcci che portano in direzioni diverse. Rispetto a questi approcci si sono alzate delle critiche nei confronti di queste idee. Si è avuta

La preoccupazione di ragionare in termini di maggiore concretezza possibile. Sono venute fuori altre concezioni orientate a parlare di norme come comportamenti tenuti dagli individui con certe modalità e quindi comportamenti in situazioni sociali. Sono le cd. concezioni comportamentistiche.

Il terzo approccio è quello delle concezioni linguistico-semantiche, cioè quelle concezioni che intendono le norme come espressioni linguistiche appartenenti al linguaggio con certe caratteristiche.

CONCEZIONE ONTOLOGICA

4.1. Gli schemi in cui consistono le norme sono "enti mentali", prodotti sì da atti umani di volontà, ma dotati di esistenza autonoma rispetto agli atti che li hanno prodotti. Una volta che questi atti di produzione si sono verificati ne scaturisce un qualcosa che prende una sua autonomia rispetto agli atti che li hanno prodotti.

CONCEZIONE COMPORTAMENTISTICA

Consideriamo il diritto come un fenomeno sociale, cioè un qualcosa che può

Essere spiegato in termini di comportamenti umani. Viene fuori l'idea che parlare di norme significa fare riferimento a situazioni in cui vi sono comportamenti ripetuti, con un andamento regolare, di coloro che vivono in un certo contesto sociale. La nozione "normatività" viene ricondotta alla nozione "regolarità".

Il diritto è davvero solo un ambito regolare oppure è l'ambito del regolato? Bisogna partire dall'osservazione di comportamenti che vengono ripetuti nel tempo.

Es: un marziano, che non sa nulla, vede cosa succede attorno a noi. Ad esempio, nota che quando piove le persone tengono un certo comportamento, sono dotati di ombrello. Quelli che ne sono privi camminano rasentando i muri delle case. Fa questa osservazione più volte e riscontra che le persone si comportano più o meno sempre alla stessa maniera. Rileva una regolarità, cioè comportamenti tenuti e ripetuti in maniera costante.

Il marziano osserva che ci sono altri comportamenti tenuti: osserva che ci sono dei semafori e che quando compare la luce rossa le persone si fermano ma quando compare quella verde le persone riprendono a camminare. Riscontra delle altre regolarità. Questa osservazione è sufficiente per capire qualcosa? No, perché se si fermasse al riscontro delle regolarità correrebbe il rischio di non cogliere che quel comportamento tenuto con regolarità è anche regolato. Le concezioni comportamentistiche dicono che per capire la dimensione normativa è sufficiente attestarsi al livello della rilevazione di comportamenti tenuti con regolarità. La norma viene ricondotta a fatti/comportamenti. Rispetto a questa posizione si osserverà che occorre qualcosa in più per dire che siamo di fronte ad un comportamento che ha una valenza normativa. Kelsen è uno dei grandi giuristi del 900 e viene considerato uno dei maggiori esponenti del

scritto: "Kelsen è stato uno dei più grandi giuristi del Novecento, ma la sua teoria del diritto puro è stata oggetto di numerose critiche e dibattiti. Nonostante ciò, il suo contributo alla filosofia del diritto è indiscutibile".

scritto in occasione della morte di Kelsen un saggio in cui faceva il puntosull’importanza della sua opera. Bobbio dice che Kelsen è una sorta di passaggio obbligato per andare oltre. Spesso si prende in considerazione Kelsen per menzionare i passi ulteriori fatti dopo. Se si ragiona come abbiamo fatto prima di capisce che forse non è sufciente rispondere alla maniera di chidice di guardare solo ai comportanti. Si può riscontrare ad un’eccedenza del regolato rispetto alla puraregolarità. Lo stesso Kelsen, nel primo capitolo del libro intitolato “diritto e natura”, ragiona secondo un’idea che si debba 21[Digitare qui]capire qualcosa del giuridico e iniziamo a confrontarci con cose che avvengono nel mondo. Kelsen, a pag. 48, fa l’esempio di una sala in cui si riuniscono degli uomini che tengono dei discorsi. Gli uni sialzano dai loro posti e gli altri rimangono seduti. Questo è un accadimento esteriore. Se uno entra in

questa sala vede ciò che ha descritto Kelsen. Basta l'osservazione di questo per capire che cosa sta avvenendo?

Kelsen si pone il problema di capire qual è l'eventuale significato giuridico di quello che sta avvenendo.

Kelsen introduce un concetto, a pag. 49, di "autoqualificazione del materiale sociale". C'è un osservatore che vuole capire fino in fondo cosa sta succedendo e va a fare una richiesta alle persone stesse che si stanno comportando in quel modo. È probabile che ottenga delle risposte di autoqualificazione dei comportamenti.

Otterremmo un'autoqualificazione: le stesse persone qualificano in un certo modo i comportamenti che stanno tenendo. Kelsen si chiede se l'autoqualificazione del materiale sociale sia sempre qualificabile. Possiamo ritenere che questa qualificazione è di tipo soggettivo, cioè fatta dallo stesso soggetto che si sta comportando in un certo modo.

La qualificazione soggettiva dei

fatti o degli atti non è un criterio sufficiente per comprendere la normatività giuridica. Es: rapimento e uccisione di Aldo Moro. Le brigate rosse come qualificavano il comportamento tenuto? Dicevano che avevano eseguito delle condanne a morte a seguito di una sentenza. Si diceva che c'era stata una sentenza da parte delle brigate rosse e che l'uccisione dell'onorevole Moro era l'esecuzione di una sentenza di condanna a morte. Si tratta di un chiaro esempio di autoqualificazione soggettiva. Sono termini che designano fatti qualificati secondo norme. È necessario quindi pensare ad un criterio di qualificazione dei comportamenti di tipo oggettivo, svincolato dagli atteggiamenti e dai sentimenti di coloro che tengono i comportamenti. Alla luce di questo viene fuori che le norme non possono essere ricondotte alla semplice regolarità di comportamenti ma vanno intese come schemi di qualificazione dei comportamenti, dai quali dipende.

La possibilità di attribuire ai fatti una valenza o rilevanza giuridica.

CONCEZIONE LINGUISTICO-SEMANTICA: è una concezione che ci dice che le norme sono entità linguistiche. Sono frammenti del linguaggio attraverso il quale si svolge la funzione prescrittiva, e si forniscono criteri generali di condotta e di giudizio delle condotte proprie e altrui.

La terminologia propriamente analitico-linguistica non faceva parte dell'iniziale formazione di Kelsen.

Quali sono le caratteristiche che distinguono le norme giuridiche dalle espressioni linguistiche prescrittive in cui consistono le norme in generale? È una questione con la quale la riflessione teorico-giuridica si è interrogata a lungo.

Ricerca dei caratteri differenziali e riduzionismo tentativi di ridurre le norme ad un solo modello di prescrizioni. Si fa riferimento al tentativo di trovare un solo modello che si possa ritenere proprio dellanormatività giuridica ma collegato

All'individuazione di caratteristiche che sarebbero proprie ed esclusive delle norme giuridiche. Questi sono stati tentativi di caratterizzazione della norma giuridica, sotto l'etichetta di imperativismo o concezione.

Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
62 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher MQW di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia del diritto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Borsellino Patrizia.