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Trend degli investimenti diretti esteri e impatti della globalizzazione

Crescita e rallentamento degli investimenti diretti esteri

Negli anni passati, si è osservato un vero e proprio trend di crescita degli investimenti diretti esteri, alternato da fasi di decadenza ed espansione. Tuttavia, un nuovo rallentamento è stato causato dalla pandemia nel 2020. Negli anni più recenti, la concentrazione di investimenti diretti esteri è stata a rischio a causa della situazione geopolitica instabile, ad esempio, a causa della guerra in Ucraina.

Lettura geografica dei flussi di investimenti diretti esteri in entrata (2007-2016)

Gli investimenti diretti esteri si dirigono principalmente verso paesi come la Cina, identificati dai colori più decisi nei grafici. In termini di stock, gli investimenti si accumulano nel tempo, con la dimensione dei cerchi nei grafici a indicare la quantità maggiore, come avviene negli Stati Uniti.

Maggiore volume di investimenti diretti esteri in entrata e uscita (2008 e 2023)

Focalizzandoci sui singoli anni (2023/2008), per gli investimenti diretti esteri in entrata, le prime posizioni occupate da Stati Uniti e Cina sono rimaste invariate, mentre altre nazioni come Brasile e Canada sono sempre presenti.

La classifica del 2008 degli investimenti diretti esteri in uscita vedeva sempre primi gli Stati Uniti, mentre la Cina era all'ultimo posto. Nel 2023, la Cina è passata al secondo posto, indicando un cambiamento nella sua posizione nell'economia globale, con molte imprese cinesi che ora investono nei mercati occidentali.

Trend IDE, commercio estero e PIL globale (1990-2019)

Negli anni '90, il tasso di crescita degli investimenti diretti esteri era più del doppio rispetto al commercio internazionale e al PIL globale. Nel decennio successivo, il dato relativo agli investimenti diretti esteri si è quasi dimezzato, restando inferiore al commercio internazionale che, nonostante la crisi, è cresciuto.

Nel decennio successivo, si è osservato un rallentamento dovuto alla crisi economico-finanziaria.

Globalizzazione: paradossi e prospettive

La globalizzazione non annulla le differenziazioni spaziali e procede a diverse velocità. È un fenomeno squilibrato dal punto di vista geografico, come evidenziano i divari economici e sociali su scala mondiale e il diverso grado di integrazione economica di paesi e regioni.

Nonostante favorisca consumi ed economia, grazie all'abbattimento delle barriere e alla diffusione delle ICT, la globalizzazione non rende il mondo uguale. Bisogna considerare anche l'importante ruolo delle piccole e medie imprese, spesso esposte a cambiamenti ambientali, che sono una variabile non economica significativa.

Le multinazionali e la nuova divisione internazionale del lavoro

Non esiste una vera e propria definizione giuridica per le imprese multinazionali, ma si distinguono in base a tre caratteristiche definite dal geografo Dicken: coordinamento e controllo di varie fasi della catena di produzione in diversi paesi, capacità di trarre vantaggio dalle differenze geografiche e potenziale flessibilità.

Le multinazionali non si possono posizionare in un unico settore, essendo alcune di loro conglomerate, come Unilever, che raggruppano diverse imprese di vari settori.

Le imprese multinazionali nel mondo (UNCTAD)

Nel 2009, si contavano 82.000 imprese multinazionali con 807.000 affiliate straniere, impiegando 77 milioni di persone. Nel 2016, i numeri sono aumentati a 320.000 imprese multinazionali con 1.116.000 affiliate straniere e 130 milioni di occupati. Questi numeri includono anche le micro-multinazionali e le piccole imprese che hanno fatto investimenti all'estero.

Localizzazione delle prime 500 aziende per fatturato - 2022

Le aziende passano da una scala globale a una singola area con grandi aree metropolitane, ma anche territori meno sviluppati come Arkansas, dove è nato il colosso Walmart. In Europa, ci sono concentrazioni in Svizzera e Francia, soprattutto verso Parigi, in Germania con Volkswagen e in Italia con pochi poli come Torino, Milano e Trieste.

Modello di produzione fordista (1950-1970)

Le multinazionali di prima generazione nascono alla fine dell'800, mentre quelle di seconda generazione emergono nel periodo fordista (1950-1973) attraverso investimenti orizzontali guidati dal mercato. Il modello di produzione fordista è caratterizzato dalla produzione di beni standardizzati, organizzazione scientifica del lavoro e integrazione verticale della produzione.

Dal fordismo al post-fordismo: cause della crisi del modello fordista

Molte multinazionali nel periodo fordista vendevano il loro prodotto uguale dappertutto. Con la crisi del modello fordista negli anni '70, inizia il periodo di transizione post-fordista. La grande impresa entra in crisi a causa della poca flessibilità alla nuova domanda più personalizzata, dei costi di produzione in aumento e della crisi energetica.

Nel post-fordismo, si sviluppano sistemi produttivi per le piccole medie imprese, si differenziano i metodi di produzione e si introduce la delocalizzazione e la strategia del "just in time". Inoltre, l'innovazione elettronica cambia l'organizzazione della produzione e la diffusione dei prodotti.

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Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-GGR/01 Geografia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chory3 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Geografia delle comunicazioni e del commercio internazionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Verona o del prof Savi Paola.
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