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M N
Gli alleli che esprimono le varianti antigeniche sono due, L e L codominanti, mentre i genotipi/fenotipi
possibili sono tre:
Il sistema non è generalmente implicato in reazioni legate a trasfusioni ematiche.
Rapporto tra alleli di uno stesso gene
Riassumendo quanto visto finora, il genotipo eterozigote dà informazioni relativamente al rapporto tra alleli
per un determinato gene.
Un genotipo eterozigote (Aa o A1A2) può rilevare un rapporto di:
• dominanza completa
→ espressione fenotipica di A e non di a
• dominanza incompleta
→ espressione fenotipica intermedia tra A e a
• codominanza completa
→ espressione fenotipica sia di A1 sia di A2
Fattore Rh
Nel 1940 Landsteiner e Wiener isolarono un anticorpo immunizzando conigli con sangue di Macacus Rhesus.
L’anticorpo agglutina i globuli rossi umani in circa l’85% degli individui: si tratta di un anticorpo anti-Rh.
Gli individui che reagiscono con l’anticorpo anti-Rh presentano il fattore Rh+ e, di conseguenza, presentano
l’antigene sui globuli rossi. Gli individui che non reagiscono con l’anticorpo anti-Rh presentano il fattore Rh-
e, di conseguenza, non presentano l’antigene sui globuli rossi.
Il carattere Rh+/Rh- è ereditato come carattere mendeliano semplice ed Rh+ è dominante su Rh-.
Il fattore che conferisce la positività è il fattore proteinico D, specificato dall’allele D dominante su d:
• Rh+ presenta l’antigene D, avendo di conseguenza un genotipo DD o Dd
• Rh- non presenta l’antigene D, avendo di conseguenza un genotipo dd
Oltre al locus D ci sono anche i loci C ed E che esprimono altri determinanti antigenici.
Il fattore Rh è importante nelle trasfusioni, in quanto:
• Rh+ e Rh+
→ non produce anticorpi nel ricevente
• Rh- e Rh+/Rh-
→ non produce anticorpi nel ricevente
• Rh+ e Rh-
→ produce anticorpi nel ricevente, con conseguente emolisi
Malattia emolitica del neonato (MEN)
Si tratta di un’emolisi intravasale dei globuli rossi del neonato.
Il carattere Rh controllato dal locus D è implicato nel 90% dei casi di MEN, trattandosi del locus più importante
per la reazione anticorpale anti-Rh. La MEN può però essere causata anche da altri fattori.
Se la madre presenta Rh- e il figlio Rh+, la prima gravidanza immunizza la madre, che entra in contatto per la
prima volta con sangue Rh+ al momento del parto, sviluppando anticorpi anti-Rh.
Le gravidanze successive sono a rischio, in quanto gli anticorpi anti-Rh, al momento del parto, raggiungono il
feto attraverso la placenta, causando la MEN. Per ovviare a questo problema, entro 72 h dal parto si effettua
un’immunoprofilassi alla madre con immunoglobuline anti-D, che vanno a bloccare gli anticorpi anti-Rh.
Analisi degli alberi genealogici
I principi mendeliani valgono per tutti gli organismi che hanno riproduzione sessuata, uomo compreso. Tutta-
via, lo studio dell’ereditarietà dei caratteri è complicato nell’uomo per l’impossibilità di effettuare incroci
programmati e per progenie poco numerosa.
Nell’uomo vengono analizzati i caratteri attraverso l’analisi degli alberi genealogici, seguendo la comparsa
dei caratteri negli individui che appartengono alla stessa famiglia.
Studio di un carattere che segrega in modo mendeliano nell’uomo
Quando si compie lo studio di un carattere che segrega in modo mendeliano nell’uomo:
• si studiano caratteri varianti anomali (patologici)
• si considerano individui malati e sani della stessa famiglia di più generazioni
• si determina se un carattere è dominante o recessivo, legato al cromosoma X o ad un autosoma, non
facendo l’analisi statistica, ma individuando le modalità di trasmissione del carattere
Per carattere mendeliano si intende un carattere genico semplice, la cui presenza o assenza dipende dal
genotipo di un singolo locus (carattere monomero). Le deduzioni genotipiche saranno sulla base del rilievo
fenotipico. I fenotipi dei due omozigoti devono essere discreti, ovvero devono presentare due varianti ben
distinte (ad esempio sano/malato).
Costruzione di un albero genealogico - pedigree
Per costruire un albero genealogico, è necessaria una raccolta accurata dei fenotipi attraverso le generazioni
di una famiglia, relativamente agli individui di cui si hanno a disposizione dati. In questo modo, è possibile
preparare una rappresentazione grafica mediante un’anamnesi familiare.
Solitamente, per costruire l’albero genealogico, si parte dall’individuo affetto, che viene chiamato probando.
Il genetista, attraverso l’analisi dell’albero genealogico, è in grado di compiere previsioni sulla comparsa di
un carattere nei futuri figli di una coppia nella cui famiglia esiste la possibilità di trasmissione di un carattere
patologico.
L’albero genealogico viene anche chiamato “pedigree”: la parola deriva dal francese “pied de grue”, o piede
di gru, dal modo in cui si ramifica il diagramma:
Vediamo ora la legenda di un albero genealogico:
Tipi di ereditarietà
• Patologia autosomico-dominante: Aa
→ il 50% dei gameti genera un individuo affetto
→ allele A raro, genotipo AA ancora più raro e spesso non vitale
• Patologia autosomico-recessiva: aa
→ l’incrocio genera un affetto se in entrambi i genitori è presente almeno un allele a (25% figli affetti)
→ allele a raro e genotipo aa ancora più raro, per questo solitamente i genitori sono sani (eterozigoti)
→ la frequenza aumenta in matrimoni tra consanguinei, in quanto è più probabile che entrambi i geni-
tori presentino l’allele recessivo relativamente al gene implicato nella malattia (Aa + Aa)
Si tratta di patologie rare, per questo motivo è molto poco probabile che i genitori siano entrambi malati.
Ereditarietà autosomica dominante
Vediamo un esempio di albero genealogico in cui si osserva l’ereditarietà autosomica dominante:
È possibile dedurre i genotipi degli individui a partire dall’albero genealogico.
Caratteri mendeliani semplici dominanti nell’uomo
• fossetta del mento
• pelosità della falange intermedia
• capelli lanosi
• punta della vedova
• capacità di piegare il pollice
• capacità di arrotolare la lingua
• brachidattilia
• polidattilia
• nanismo acondroplasico
• ipercolesterolemia familiare
• Corea di Huntigton
Ereditarietà autosomica recessiva
Vediamo un esempio di albero genealogico in cui si osserva l’ereditarietà autosomica recessiva e deduciamo
i genotipi degli individui della famiglia:
Caratteri mendeliani semplici recessivi nell’uomo
• mancinismo
• lobo dell’orecchio attaccato
• fibrosi cistica (CF)
→ produzione di muco viscoso che provoca disfunzioni a polmoni e pancreas, spesso letale
• anemia falciforme
→ emoglobina anormale; globuli rossi con forma di falce; morte precoce
• xeroderma pigmentoso
→ mancata riparazione dei danni al DNA; sensibilità alla luce solare; neoplasie cutanee; morte precoce
• molti errori congeniti del metabolismo, tra cui:
• albinismo
• fenilchetonuria (PKU)
→ accumulo di fenilalanina nel sangue; ritardo mentale
• galattosemia
→ incapacità di metabolizzare il galattosio; ritardo mentale
Trasmissione di caratteri legati ai cromosomi sessuali
Nuove informazioni sui cromosomi
Nel 1900, osservazioni fornite da studi citologici permisero di stabilire che:
• nell’ambito di una determinata specie, il numero totale dei cromosomi è costante in tutte le cellule
• il numero cromosomico varia tra specie diverse
Vennero inoltre rivalutate le leggi di Mendel.
Non esisteva ancora una dimostrazione che permetteva di correlare i geni ai cromosomi o di correlare tra
loro le modalità di trasmissione dei geni e dei cromosomi.
Teoria cromosomica dell’ereditarietà
Nel 1902, Walter Sutton e Theodor Boveri enunciarono la teoria cromosomica dell’ereditarietà, osservando
che la trasmissione dei cromosomi da una generazione all’altra è strettamente correlata alle modalità di tra-
smissione dei fenotipi. Secondo questa teoria, i geni sono localizzati sui cromosomi.
Sempre nel 1902, Thomas Morgan trovò ulteriori prove a favore della teoria cromosomica dell’ereditarietà,
osservando una correlazione tra la trasmissione di specifici caratteri fenotipici e la trasmissione del cromoso-
ma X in Drosophila.
La dimostrazione fornita da Morgan si basava sull’evidenza che la trasmissione di alcuni caratteri di questi
individui fosse legata alla trasmissione dei cromosomi sessuali, come mostrato in figura.
Effettuando incroci tra individui della F1, nella F2 si ottengono gli stessi risultati ottenuti nella F1 (50%
femmine e 50% maschi).
Esperimenti di Morgan
Morgan, nei suoi studi, analizzò diversi caratteri legati ai cromosomi sessuali.
Vediamo cosa accade relativamente alla trasmissione di uno di questi, ossia il colore degli occhi, se il genitore
di sesso femminile presenta l’allele dominante su entrambi i cromosomi X e il genitore di sesso maschile pre-
senta l’allele recessivo sul suo cromosoma X:
Concentriamoci esclusivamente sulla presenza/assenza di pigmentazione. Il risultato mostrato è determinato
dal fatto che la madre può passare ai figli (sia femmine sia maschi) una qualsiasi tra le sue X, mentre il padre
può passare solo la sua unica X a una figlia femmina e solo la sua unica Y a un figlio maschio.
In questo caso, l’allele recessivo viene trasmesso dal genitore maschio (occhi bianchi) alla figlia femmina (oc-
chi rossi), che a sua volta lo trasmetterà al figlio maschio (occhi bianchi).
Nei casi in cui la comparsa del fenotipo salta una generazione, si parla di eredità criss-cross. Questo tipo di
ereditarietà è tipico dei caratteri recessivi, dunque vale anche per quanto riguarda le malattie legate ad alleli
recessivi di cui abbiamo parlato precedentemente.
Diverso è il discorso se consideriamo la trasmissione del carattere per il colore degli occhi quando il genitore
di sesso femminile presenta l’allele recessivo su entrambi i cromosomi X e il genitore si sesso maschile presen-
ta l’allele dominante sul suo cromosoma X:
Notiamo che, in questo caso, i rapporti fenotipici sono diversi sia per quanto riguarda la F1 sia per quanto ri-
guarda la F2.
Il fatto che i risultati varino al variare del sesso dell’individuo che presenta lo stesso allele per lo stesso gene
è un’ulteriore evidenza del fatto che i geni siano localizzati sui cromosomi. Nel caso degli esperimenti