Estratto del documento

La fonologia non lineare

La fonologia non lineare fa riferimento alla linearità non significante. Saussurre osserva come il significante si costruisce nel tempo. La fonologia strutturalista costruisce i significanti un fonema dopo l'altro. Presso MIT, a metà anni '70, dei generativisti con maestri Chomsky e Halle, misero in dubbio la linearità: una sequenza di fonemi non dimostrava complessità fonologica.

Studi e influenze

Uno di loro, J McCarthy, lavorava sulle lingue a toni africane e sulla struttura fonologica delle lingue semitiche. Lo stesso faceva anche John Goldsmith (più sulle lingue a toni). Prince anche sulla ritmica. Queste tre tematiche hanno in comune la sopra-segmentalità, sono sopra segmentali o prosodico: vuol dire che l’entità ha un dominio superiore al singolo segmento. La sillaba è un’unione di più segmenti. Questi studi iniziano nel 1975.

Goldsmith, lavorando sulle lingue a toni, lavorò molto sulla sillaba. Altro argomento di carattere generale: questa fonologia è a più livelli di rappresentazione, quindi ancora una volta non lineare, si interroga su più livelli e non solo sulla successione di fonemi. In questa proposta, la fonologia si può immaginare come un libro, fatto da varie pagine che rappresentano un livello di rappresentazione. Le pagine sono tenute insieme dal livello dello scheletro → skeleton tier, così come uno scheletro del corpo umano attorno al quale si sviluppano le parti.

Livelli di rappresentazione

I livelli di rappresentazione individuati dalla fonologia multilineare sono una sorta di caselle temporali indicate tramite delle X, indicate con X perché prive di contenuto fonetico. I livelli quindi sono:

  • Livello dello scheletro XXXXXXXX
  • Livello sillabico
  • Livello segmentale
  • Livello metrico – accentuale (non vuol dire metrica poetica ma della lingua parlata, quindi ha a che vedere con gli accenti e con il ritmo all’interno di una frase)
  • Livello tonale (intonativo per le lingue non a toni)

Gli elementi dei vari livelli sono interconnessi, ma il rapporto non è per forza isomorfico, non 1 a 1, non sempre così.

La sillaba nella fonologia tradizionale e generativista

La fonologia tradizionale non si occupava attentamente di sillaba, ad eccezione di Jakobson. Lui fu il primo che osservò che i bambini imparano a parlare per sillabe e non per fonemi, e che nelle lingue esiste una sillaba universale, fatta da CV (consonante-vocale). Anche la fonologia generativista standard relega la sillaba a soltanto un tratto (siamo ancora a livello lineare).

La sillaba viene concepita negli anni '70 come una struttura ben precisa, vengono individuati dei costituenti di base: onset (attacco), nucleo, coda. Già lo strutturalismo americano di Hockett si era interessato alla sillaba, chiamando nucleo peak (picco di sonorità, tendenzialmente la vocale).

La struttura della sillaba si chiama struttura piatti, perché non c’è gerarchia tra i costituenti ma sono tutti allo stesso livello. Il primo problema con questa struttura è che le relazioni sono ternarie, non binarie come nel generativismo. La relazione tra attacco e nucleo è diversa tra quella tra nucleo e coda, la seconda relazione è più forte.

La regola di accentazione latina

Il motivo per sostenerlo è dato da un fenomeno che è l’accento lessicale. Osservando il latino, si osserva questa inferenza. La regola di accentazione latina prevede che sia accentata sulla penultima sillaba quando sia lunga. L’accento risale sull’ultima quando la sillaba è breve.

  • Lunga: se contiene vocale lunga, dittongo, o sillaba chiusa
  • Breve: vocale breve

La regola latina quindi è sensibile al nucleo e alla presenza/assenza di una coda. Questa regola di accentuazione latina non fa riferimento minimo all’attacco, è sensibile agli altri due livelli. Infatti, l’ultima parte della struttura è chiamata rima. La struttura corretta è avere una sillaba, che proietta una rima, che proietta un nucleo. Poi può avere una (coda), o (attacco). Un nucleo (cioè una vocale) occorre sempre per la sillaba, non serve per forza una coda e un attacco.

La struttura della rima introduce quella di peso sillabico: definiamo leggera una sillaba che ha soltanto un nucleo a una posizione, la cui rima è presente un’unica X. Una sillaba pesante invece ha due slot riempiti, due X associate a componenti rima. Una sillaba iperpesante ha tre X per i componenti della rima.

Esempi di isomorfismo e regole

Esempio: /’altro/; si proiettano prima le X sopra ogni fonema; sopra fonema A e O (vocali) si proietta una N per indicare il nucleo; sopra L proiettiamo CD per coda; sopra T R proiettiamo A per attacco; sopra A L proiettiamo R per rima e sopra ancora sigma per indicare sillaba; sopra O R per rima e sopra A di attacco e R un sigma. Un caso di isomorfismo è quello in questo caso è TR che fanno entrambe da attacco della sillaba.

Prendiamo la parola /ci’t:ta/ abbiamo due X sulla T, chiamata consonante lunga. Queste sono eterosillabiche, che appartengono a due sillabe. Una parte sta nella coda e una parte sta nell’attacco.

Saussurre invece si era occupato di sillaba: nella sua masterpiece aveva dedicato una parte alla sillaba e alla scala di sonorità. Saussurre parlava della sillaba con sonorità aumentando quando si avvicina al nucleo e diminuendo quando ci si allontana. Sievers (studioso tedesco) parlava non di scala di sonorità, ma di gerarchia di forza consonantica. Le due scale sono simili e fanno riferimento allo stesso concetto. La sonorità va più verso le vocali, mentre qui siamo sul consonantismo. Il segmento più sonoro rispetto a un altro è meno forte.

In termini di sonorità, le vocali si dispongono per altezza, con le vocali basse più sonore. Le semiconsonanti (glides) sono J e W e si dispongono sopra le vocali alte I e U.

Esercitazione 3 e allungamento vocalico

Esercitazione 3: Gorgia toscana, enunciare la regola per termini discorsivi. Poi scrivere la regola segmentale, poi in termini di tratti SPE. Dati: <prato>, <la prateria>, <fuoco>, <abete>, <pipa>, <ago>, <odio>, <la pipa>, <la crema>, <le dita>, <la cuoca>, <la chiave>.

14/03/2024

Allungamento vocalico: In italiano non c’è distinzione di vocale lunga e breve, ma si allungano in uno specifico contesto, ovvero quello di sillaba aperta, accentata e non finale. Le vocali finali accentate non sono lunghe. Ciò si può scrivere anche in termini di regola: V(vocale) → [+lungo]/ -] +acc, poi sigma per indicare sillaba (altro sigma per dire che ci sia un’altra sillaba); ci sono due schiere riguardo la fonologia: chi lo ritiene che la vocale sia lunga solo su parole piane (penultima sillaba); chi sostiene che sia lunga anche se accentata sulla terzultima sillaba (sdrucciola). C’è una differenza in quantità: la vocale si allunga di più quando una parola è piana, ma la durata di una vocale accentate nelle sdrucciole non è breve, comunque lunga, più lunga di un’atona. Non è lunga quanto le altre, ma rimane comunque lunga.

Continuando con la regola, aggiungendo tratti distintivi, mettiamo [+ sillabico, -consonantico]; una vocale lunga e una consonante lunga vanno associate a due livelli dello scheletro. Cioè, la vocale lunga proietta due X, ad esempio la A lunga di [‘ka:ne]. La E è il nucleo, ma riguardo la A lunga la associamo comunque al nucleo, che di seguito avrà la rima. In una lingua che oppone vocali lunghe e brevi, come il latino, sono due nuclei opposti per pesantezza.

Le sillabe iperpesanti contengono una vocale lunga e una consonante in coda, iperpesanti perché contengono tre slot dello scheletro, come la parola mile (con i lunga e l lunga). La vocale lunga presenta due X associate al nucleo.

Il latino rispetto all’italiano ha una quantità vocalica maggiore, e una regola che assegna accento di parola, calibrata sul peso della penultima sillaba che si deriva per regole. Il fatto che le parole piane abbiano una sillaba accentata è un retaggio del latino.

Particolarità delle vocali in italiano

Le vocali in italiano si allungano, soprattutto la sillaba deve essere accentata, che deve essere prominente rispetto a quelle che le stanno intorno, cioè più ricca rispetto a una non accentata, più pesante. L’allungamento vocalico serve a dare peso alla sillaba accentata, serve a metterla in rilievo. Nel caso delle vocali finali non si applica l’allungamento. Le parole tronche italiane non sono uguali a quelle latine, le latine non avevano parole tronche. Altro mutamento importante è proprio questo.

Si genera questo nuovo livello prosodico con l’ingresso delle parole tronche. In VIRTUTEM, la posizione dell’accento lessicale non muta, è sempre sulla U. muta l’assetto della parola, con l’ultima sillaba che scompare. In italiano tendenzialmente le parole finiscono in vocale, in latino invece la maggior parte finiva per consonante.

Tra cantò e bene abbiamo due accenti, uno primario e uno secondario. Quello di bene è primario. Il rafforzamento fonosintattico rende pesante la sillaba tonica finale. In /kantò bene/ la vocale allunga la consonante che viene dopo. Il RF ha origini dalle consonanti in finale di parola in latino, dal punto di vista diacronico. Dal punto di vista sincronico, si distinguono due tipi di rafforzamento fonosintattico: 1 è RF prosodico, il secondo si chiama morfologico. In Toscana si hanno due tipi, il primo è l’accento finale di parola che innesca il processo. Quello morfologico è rappresentato da una lista chiusa di morfemi. Le varietà centro-meridionali non hanno il prosodico del toscano, ma hanno solo quello morfologico. Le varietà del nord invece non ce l’hanno.

RF serve per rendere la silabba pesante quindi. Consideriamo la parola /’padre/. [‘pa:dre] (la vocale si allunga). In /’panda/ [‘panda] (non si allunga perché non è aperta). In /’pjetra/ l’attacco è invisibile al peso sillabico, conta solo la rima. La J sta nell’attacco, la E sta nel nucleo con due X.

15/03/2024

Sillaba aperta che termina con nesso sibilante+occlusiva, contesto di sibilante preconsonantica: /’pasta/. Questa vocale non è lunga come la A tonica di /’kane/. Una sillaba accentata in italiano deve avere la sillaba pesante/forte, cioè il nodo rima deve governare due temporal slots, due unità. La A non si allunga in /pasta/, e nemmeno in /karta/ o /kampo/. La norma ortografica dice di spezzare PA-STA in due sillabe così, con sibilante e occlusiva contigue: questa opzione di tautosillabicità vale in posizione iniziale e finale di parola. Nonostante ci sia questo criterio, l’interpretazione eterosillabica (che i nessi non si trovano nella stessa sillaba) è più forte. I motivi sono:

  • Dato che la vocal
Anteprima
Vedrai una selezione di 1 pagina su 5
Appunti Fonetica e fonologia - parte 2 Pag. 1
1 su 5
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Acquista con carta o PayPal
Scarica i documenti tutte le volte che vuoi
Dettagli
SSD
Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/12 Linguistica italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher chrimane99 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Fonetica e fonologia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Mariani Giovanna.
Appunti correlati Invia appunti e guadagna

Domande e risposte

Hai bisogno di aiuto?
Chiedi alla community