|P[W]
1mW
|
Da notare che se si vuole considerare la tensione anziché la potenza, poiché P=V2/R,
e
dunque log10
¿P∨¿=2log10
¿¿si ha che fuori dal logaritmo c’è un 20 anziché un 10.
Informazioni tipicamente riportate nelle specifiche
Il campo di sicurezza è l’insieme dei valori che può assumere il misurando entro il
quale,
se sono rispettate le condizioni operative, lo strumento funziona secondo le specifiche
fornite.
Il campo di sicurezza del misurando è l’insieme dei valori che può assumere il
misurando senza che il funzionamento del trasduttore resti permanentemente alterato
rispetto alle specifiche fornite.
Le grandezze d’influenza sono tutte quelle grandezze, diverse dal misurando, le cui
variazioni alterano in modo significativo le caratteristiche metrologiche del trasduttore
Il campo di magazzino corrisponde al tempo entro il quale il trasduttore deve restare
a
riposo in immagazzinamento affinché non resti permanentemente alterato.
Cosa sia un trasduttore lo si vedrà in seguito.
Modelli applicativi di interazione con il misurando
Sensori e trasduttori
Per fornire una misurazione è necessario di una interazione tra il misurando e lo
strumento
di misura. La prima interazione tra questi, in genere, è affidata a sensori, oppure a
trasduttori.
Un trasduttore è un dispositivo, impiegato in una misurazione, che fornisce una
grandezza
di uscita avente una relazione specificata con la grandezza di ingresso. Effettuano una
conversione tra grandezze.
Un sensore è un elemento di un sistema di misura che è direttamente influenzato dal
fenomeno, corpo o sostanza che propongono la grandezza da sottoporre a
misurazione. In
altre parole, i sensori sono il primo elemento che interagisce con un misurando in una
catena di misura.
Un dispositivo, quindi, può essere sia un trasduttore che un sensore, così come vi
sono
dispositivi che sono solo trasduttori o sensori.
Valutazione dell’incertezza di una misura
Errori nella misurazione
Gli errori che, alla ripetizione della misurazione, si presentano in maniera casuale, si
dicono errori casuali. Se invece, alla ripetizione della misura (quindi con stesso input),
si
presentano sempre con stesso segno ed entità si parla di errore sistematico. Gli errori
grossolani sono gli errori che sono imputabili alla perizia dell’operatore, o
all’esecuzione
di pratiche errate.
Gli errori di natura sistematica sono errori di offset, errore di guadagno, ed errore di
non
linearità.
L’errore di offset è tale che si presenta in maniera costante indipendentemente
dall’input (si sottolinea che è una generalizzazione della definizione di errore
sistematico,
perché è costante indipendentemente dall’input, e non per l’input specifico per il quale
è
ripetuta la misura); corrisponde ad una traslazione della curva caratteristica. Un
esempio è
dato da una bilancia che presenta una lettura non nulla nonostante non abbia un peso
sopra.
L’errore di guadagno corrisponde ad una variazione nella pendenza della curva
caratteristica, e dunque ad una variazione della sensibilità. L’errore di non linearità,
invece, come noto, è tale che la curva caratteristica si scosti dall’andamento lineare.
Una calibrazione è una operazione preposta a ridurre l’errore sistematico.
Misurazione come processo aleatorio
È noto che la misurazione è un procedimento sistematico ma anche aleatorio. Nello
studiare questa aleatorietà, si fa uso di un approccio statistico.
Si consideri un insieme di letture effettuate, si contino il numero di occorrenze: il
grafico
che mostra sull’asse verticale il numero di occorrenze ni di ciascun valore (cioè quante
volte si è mostrato quel dato valore) rapportato al numero totale di esperimenti N, e
sull’asse orizzontale i valori, divisi in più intervalli di uguale ampiezza, è detto
istogramma del numero relativo di occorrenze.
La regola di Struges afferma che, date N ripetizioni, è opportuno dividere i campioni in
log2
(N) classi. È ragionevole dividere un istogramma in almeno cinque intervalli per poter
identificare se la distribuzione ottenuta è di tipo Gaussiano e non confonderla con una
triangolare, quindi se log2
(N)=5, è ragionevole effettuare un minimo di N=25=32 ripetizioni.
Se comunque l’istrogramma non è sufficiente per affermare con certezza di che tipo
sia
una distribuzione, è possibile aumentare il numero di ripetizioni, e quindi di intervalli.
Il rapporto tra il numero di occorrenze e il numero totale di esperimenti è detto
frequenza
statistica, o frequenza relativa, ed è un valore compreso tra zero e l’unità. Al crescere
del numero di esperimenti, verso l’infinito, si ottiene una stima della probabilità di
occorrenza.
0≤ ni
N ≤1
Funzioni di probabilità e cumulata
Per una variabile aleatoria discreta, si definisce la funzione di probabilità di massa
(pmf) fX
(xi
)=P(X=xi
) la funzione che ad ogni elemento xi associa la probabilità che la
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variabile aleatoria discreta X assuma valori uguali ad xi. Si noti che X è in questo caso
la
misura, essendo una variabile aleatoria. In altre parole, un valore P(X=xi
) indica la
probabilità che X sia pari ad un certo valore xi.
Per una variabile aleatoria continua si parla di funzione di densità di probabilità
(probability density function, PDF). Intuitivamente, tale funzione esprime la probabilità
che
la variabile aleatoria X assuma valori compresi tra x¿ ed x¿+ x
ⅆ .
f X
(x) x
ⅆ =P(x¿≤X≤x¿+ x
ⅆ )
La funzione di probabilità cumulativa (CDF) è definita nel continuo come:
FX
(x)=P(X≤x)
Mentre nel discreto:
N
FX
(x)=∑
i=1
f i
( x)
Dato che la probabilità è sempre positiva, ed essendo la CDF una funzione cumulata,
la
CDF è sempre monotona crescente.
Media e varianza
Media:
Varianza, o scarto quadratico medio.
+∞
μ=E[x]=∫
−∞
+∞
σ2=E[(x−μ)2]=∫
x fx
(x) x
ⅆ
( x−μ)2f X
(x) x
−∞
ⅆ
La radice positiva della varianza, σ, anche detta deviazione standard o scarto tipo, ha
particolare rilevanza pratica in quanto ha la stessa unità di misura della variabile
aleatoria.
La varianza, invece, ha come unità di misura il quadrato di quella della media.
Mediante varianza e media è possibile caratterizzare una distribuzione.
Media campionaria e varianza campionaria
Non è possibile effettuare un numero infinito di ripetizioni di una misurazione. Quindi,
è
necessario considerare caratteristiche valutate su campioni estratti da una certa
popolazione teoricamente infinita.
Si parla di media campionaria la seguente:
x= 1
N
N
∑
i=1
xi
È una stima della media, che diventa più accurata all’aumentare di N.
Analogamente si definisce la varianza campionaria.
s2= 1
N
N−1
∑
i=1
( xi
−
x)2
Si nota essere la somma degli scarti quadratici rispetto alla media campionaria,
rapportata
ad N−1. Lo scarto corrisponde alla variazione di un campione rispetto alla media
campionaria. Si noti che è presente N−1 e non N perché bisogna rimuovere un grado
di
libertà in quanto N valori sono stati già usati per valutare la media. Inoltre, si nota che
c’è
il quadrato perché gli scarti possono avere segno diverso ed eventualmente annullarsi
nella somma, mentre in questo modo ogni scarto è considerato.
Distribuzione gaussiana
La distribuzione gaussiana ha la seguente pdf:
1
σ √
2π e
−(x−μ)2
2σ2
Dal grafico, si nota che la media è pari al centro della
distribuzione, mentre la deviazione standard è la distanza
tra la media e i punti di flesso.
La deviazione standard da informazione sulla
dispersione dei valori ottenuti dalla misurazione , rispetto
alla media. Maggiore è la deviazione standard, maggiore è
la dispersione rispetto alla media, e minore è la ripetibilità
(essendo questa l’attitudine ad ottenere valori poco
differenti fra loro).
Per valutare la probabilità che il valore ricada in un certo intervallo, è noto che si
valuta
l’area sottesa dalla pdf in tale intervallo. Valori notevoli sono le probabilità che una
misura
sia compresa tra μ±σ, pari a 0.6826, che sia compresa tra μ±2σ, pari a 0.9544, e tra
μ±3σ,
pari a 0.9973.
Come stimare una incertezza
Il metodo per stimare l’incertezza associata ad una misurazione è sancito dalla GUM.
Si definisce incertezza standard o tipo u o σN, una stima della deviazione standard
σ
prevista per il valore di misura.
Questa incertezza non è l’unico modo di esprimere una unità di misura, ma vi sono
diversi
modi, sempre dettati dalla GUM. A seconda del metodo impiegato per la stima di u si
classifica l’incertezza come categoria A oppure B. Si noti che l’incertezza è la stessa,
ciò
che cambia è il metodo di valutazione; infatti, è più opportuno parlare di valutazione di
tipo A o di tipo B.
La valutazione di tipo A è effettuata a posteriori, quindi in seguito alla misurazione.
Quella
di tipo B è invece effettuata a priori, in cui si ipotizza la distribuzione del fenomeno
mediante specifiche, fornite dal costruttore, degli strumenti usati e/o esperienza
dell’operatore.
Un terzo modo, il più usato è considerare una valutazione combinata, in cui si usano
entrambi i modi e si effettua una somma quadratica tra le due valutazioni.
In certi casi non c’è scelta tra come valutare l’incertezza, se a priori o posteriori. Nel
caso
di misurazioni non ripetibili, come ad esempio misurazioni distruttive, serve per forza
effettuare una valutazione di tipo B.
Valutazione di tipo A
La valutazione di tipo A è effettuata a posteriori, quindi in seguito alla misurazione. È
anche detta incertezza sperimentale. Si può dimostrare che l’incertezza sperimentale
uA è data dal rapporto tra lo s
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