COMPUTO METRICO
Una prima distinzione che possiamo fare è in base al momento in cui la stima è riferita:
• Computo metrico a consuntivo: quando stiamo effettuano una stima ex-post (compilato
dopo l’esecuzione dei lavori). Esso viene utilizzato spesso quando si vanno a realizzare
nuovi manufatti edilizi, ad esempio, nei contratti di appalto si stabilisce che il direttore dei
lavori ogni tot di euro per lavori (esempio ogni 50 mila euro di lavori) verifica i lavori
effettivamente svolti, sia da un punto di vista quantitativo che qualitativo, dal costruttore e
se sono stati svolti correttamente emette per quella parte di lavori il pagamento al
costruttore.
• Computo metrico a preventivo: quando stiamo effettuando una stima ex-ante (compilato
prima dell’esecuzione dei lavori).
Abbiamo visto un esempio di computo metrico a preventivo:
N.ord Designazione U.M. Dimensioni Quantità Prezzo
TARIFFA dei lavori Lung. | Larg. | H/peso Unitario| Totale
Vi è il numero ordine (numeri progressivi che identificano le voci all’interno del computo) e il
numero di tariffa che è un codice alfanumerico che individua in maniera univoca la voce
riportata nel prezziario. La designazione dei lavori che è una descrizione dello specifico lavoro
che viene compiuto specificando anche i materiali. Vi è poi la colonna del numero di parti
uguali poi quella delle dimensioni geometriche e poi la colonna quantità i cui valori all’interno
sono il prodotto di quest’ultime. L’ultima colonna mi dice quanto costa realizzare un’unità e
anche l’importo totale dato dal prodotto dell’quantità per il prezzo unitario.
Altra distinzione che possiamo fare:
▪ Computo metrico a misura: quando si determinano analiticamente i costi rispetto alle
effettive quantità di materiale utilizzati o di lavoro svolto.
▪ Computo metrico a corpo: quando vengono raggruppate più voci di costo per realizzare un
elemento funzionale il cui costo viene, quindi, riportato nella sua interezza senza specificare
le quantità necessarie.
All’interno di un computo metrico sono discriminate in maniera sequenziale tutte le operazioni da
effettuare pertanto per redigerlo bisogna conoscere tutti i passaggi della costruzione.
Considerando i diversi lavori e materiali si va poi a riportare il prezzo totale per la realizzazione
dell’opera che è un costo tecnico di costruzione comprensivo di spese generali e utile del
costruttore. I costi unitari sono presi dai prezziari regionali delle opere pubbliche (risultati da
indagini da parte delle regioni) che vengono ad essere aggiornati di anno in anno. La limitazione di
questi dati è che sono riferiti a lavori per opere pubbliche in condizioni ordinarie. Dal punto di vista
dell’ordinarietà stesso il prezziario prevede delle maggiorazioni (incrementi fino al 50% delle voci)
nel caso di realizzazione di opere in contesti svantaggiati (presenza di vincoli che ostacolano la
realizzazione dell’opera). Questi costi unitari, inoltre, derivando dal monitoraggio delle opere
pubbliche (che in genere sono di grandi dimensioni e quindi ci sono economia di scala differenti)
comportano delle limitazioni nel momento in cui le opere da realizzare sono di tipo privato. Però
nonostante questo disallineamento, questi dati vengono comunque utilizzati perché rappresentano
una fonte informativa terza.
Potrebbero esserci delle voci di costo particolari che non sono presenti magari nel prezziario
regionale (tipo un parquet di elevato pregio) ed occorre, quindi, andare a predisporre una analisi
dei prezzi che prevede che si vada a ricostruire quella voce di costo che è mancante all’interno del
prezziario. Si produce così un “nuovo prezzo “. Il nuovo prezzo viene ed essere determinato
andando ad individuare tutti gli elementi che rientrano nella lavorazione e che concorrono alla sua
realizzazione, si individuano quindi i costi di: materiali, manodopera e traporti e noleggi. A questi
vanno poi sommati le spese generali (15% del costo tecnico) e l’utile di impresa (10% del costo
tecnico).
COSTO DI RIPRODUZIONE DEPREZZATO
Al concetto del valore di costo è molto spesso associato un procedimento ossia il costo di
riproduzione deprezzato che postula che sotto determinate ipotesi il valore di un bene possa
essere determinato ricorrendo al costo a nuovo del manufatto edilizio andandolo a deprezzare
tenendo conto di obsolescenza vetustà ecc. È un procedimento di stima che viene richiamato
nell’ambito di applicazione del criterio di stima del valore di surrogazione (la succedaneità deve
essere valutata rispetto alla funzione esplicata dai beni). Il valore di surrogazione è inteso come
valore di mercato quando sussistono dati storici di beni sostituti, è inteso come valore di costo
quando non esistono dati storici e quindi il valore di mercato del bene è inteso come valore di
riproduzione a nuovo tenendo però conto che l’immobile oggetto di stima presenta obsolescenza e
vetustà e quindi deve essere deprezzato. Di per sé l’applicazione del costo di riproduzione
deprezzato è semplice: Costo a nuovo (stimabile tramite i prezziari) - Costi che teoricamente
bisognerebbe sostenere per riportare l’immobile, dallo stato in cui si trova al momento della
valutazione, in uno stato nuovo.
= = − ∗ = ∗ ( − ) questo ci dice che il valore di surrogazione è pari al
costo al nuovo meno una percentuale dovuta al deprezzamento
Ci sono però dei casi particolari in cui è necessario graduare il grado di obsolescenza e non
considerare quindi un deprezzamento totale
La prima formulazione per il calcolo del deprezzamento (D) che abbiamo visto è la seguente:
( )
+
= − ,
Questa formulazione, messa a punto nella seconda metà degli anni ’70 dall’unione europea degli
esperti contabili, è una formula empirica riferita ad immobili a destinazione produttiva realizzati in
cemento armato con una durata di vita economica compresa tra i 50 ed i 100 anni. La formula
viene ad essere applicate alle 3 componenti principali in cui è possibile scomporre un manufatto
edilizio, ossia: finiture, impianti e strutture. Quindi si va ad applicare la formula una volta per le
finiture, una volta per gli impianti e una volta per le strutture. Ciò viene fatto perché la vita
economica delle tre componenti è diversa. L’unica incognita all’interno della formulazione è “A”
che rappresenta in termini percentuali il rapporto tra la vita trascorsa dall’immobile rispetto alla
vita economica totale. Questo rappresenta un corretto modo di agire quando la formula viene
adeguata rispetto alle componenti principali facendo variare la vita economica del componente e
facendo variare il termine A così da tener conto che le componenti si vanno a deprezzare in
maniera differente l’una dalle altre. È più corretto fare cosi rispetto ad utilizzare una formulazione
unica, però ad esempio se consideriamo le finiture all’interno presentano componenti che hanno
vita economica differente (infissi, pavimenti, rivestimenti che hanno una durabilità assai diversa)
per quanto riguarda gli impianti una cosa è avere un impianto di allarme che richiede un
aggiornamento ogni 5/10 anni e un'altra cosa è parlare di un impianto idrico o sanitario che ha una
durata di 20/30 anni; lo stesso dicassi delle strutture in cui rientrano le strutture di copertura che
sono soggette a fattori esterni, che comportano usura, come fenomeni atmosferici. Quindi
all’interno di una componente principale ci sono molte altre componenti che andrebbero
deprezzate singolarmente.
Principalmente sono 3 gli elementi che incidono sul deprezzamento:
• Vetustà (vecchiaia): deprezzamento in base al numero degli anni passati, a prescindere se
sia stato o meno utilizzato il manufatto edilizio.
• Decadimento reddituale: indica la perdita di reddito o di remunerazione dovuta al fatto che
diventano sempre più frequenti interventi di manutenzione straordinaria che vanno a
ridurre il reddito percepibile.
• Obsolescenza tecnologica e funzionale: vuol dire che potrei conseguire dei vantaggi dal
punto di vista di comfort e utilizzazione del manufatto edilizio ricorrendo a componenti
edilizie più nuove in grado di essere più performanti rispetto alle medesime componenti ma
di epoca più vecchia. Questo tipo di voce che influisce sul deprezzamento risulta ad essere
alquanto complessa da quantificare per il fatto che, quando andiamo a considerare
l’elemento alternativo bisognerebbe fare una sorta di bilancio tra il costo che uno dovrebbe
sostenere per rifare ex novo quella componente rispetto a quello che sarebbe il costo da
sostenere lasciando la situazione così com’è. In pratica cerca di capire il periodo di ritorno
dell’investimento in termini di risparmio. Per alcune tipologie di componenti è difficile
determinare il risparmio e per questo spesso non si considera questa componete di
obsolescenza andando a ridurre la vita economica dell’elemento funzionale e tendo conto
solo di vetustà e decadimento reddituale.
Formula per deprezzamento per vetustà pura:
( )
+ −
( )
∆ = − ∗
( )
+ −
∆
> : deprezzamento per logoramento fisico
> : valore iniziale
> : valore di recupero
:numero
> di anni di durata in efficienza
:
> numero di anni al momento della stima
:
> saggio di interesse
Il grafico ci dà l’idea di come varia il risultato della formula al variare del saggio di attualizzazione
più è basso il saggio più è elevato il deprezzamento e viceversa. È un motivo per il quale all’interno
della formula bisognerebbe applicare il tasso di interesse legale, fissato dal ministero delle finanze
ogni anno, e che sarebbe il tasso più basso possibile, in questo modo non tendiamo a sovrastimare
il deprezzamento in base alla vetustà pura.
Formula per deprezzamento per decadimento reddituale:
( )
+ −
( )
∆ = ∗ ∗
( )
+ −
> : valore di costo iniziale
:
> spesa per manutenzione espressa in percentuale del costo inziale dell’elemento nuovo
:
> numero di anni tra due interventi di manutenzione consecutivi
:
> anno d