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PREDETERMINAZIONE E AFFISSIONE DEL CODICE DISCIPLINARE
Quando nel 1970 il legislatore volle imporre una specifica procedura per l'adozione dei provvedimenti disciplinari, si ispirò a quelle materie che erano nate intorno al potere di punire – che avevano una tradizione molto consolidata su quali dovessero essere i limiti della punizione – e ai loro principi millenari: il diritto penale e il diritto amministrativo (aree del diritto in cui è prevista l'irrogazione di sanzioni). Uno dei principi fondamentali che viene applicato nel diritto "nullum crimen sine poena, nulla poena sine lege" (nessun reato senza una pena, penale è nessuna pena senza una legge): nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente previsto come reato dalla legge perché, nel momento in cui si tiene un determinato comportamento, si deve essere consapevoli che potrebbe arrecare delle conseguenze; a questo principio, il diritto penale.affianca il principio di tassatività, per cui un comportamento che può generare conseguenze deve essere descritto in maniera specifica e chiara. L'art. 7 dello Statuto dei lavoratori si ispira a questi principi, che devono essere interpretati e applicati più o meno restrittivamente a seconda dell'importanza dell'interesse (con l'irrogazione di una sanzione penale viene compromessa la libertà della persona; nel diritto del lavoro, invece, l'interesse in gioco è meno importante – es. svolgimento dell'attività lavorativa, realizzazione del progetto esistenziale, etc. – per cui l'interpretazione può anche essere meno restrittiva). "nullum crimen sine poena, nulla In base a quanto prevede l'art. 7, l'applicazione del principio pena sine lege" viene assolta dall'obbligo di predeterminazione e di previa affissione del "le norme disciplinari relative"
essere adottato dal datore di lavoro.essere applicato: per questa ragione, i contratti collettivi nazionali di lavoro prevedono quasi sempre un codice disciplinare, e cioè un’elencazione di una serie di comportamenti a cui corrispondono certe sanzioni.
Assieme alla predeterminazione, l’affissione consente al lavoratore di conoscere preventivamente i comportamenti vietati e garantisce il requisito tecnico della c.d. “pubblicità”.
Il codice disciplinare deve essere affisso in un luogo accessibile a tutti (in genere, una bacheca all’ingresso dell’azienda); non sono sufficienti “mezzi equipollenti di comunicazione”: dunque, l’affissione può essere affiancata ma non sostituita da altre forme di comunicazione (es. pubblicazione nell’area intranet sito web aziendale). L’affissione materiale del codice disciplinare richiama la realtà imprenditoriale in cui lo Statuto è stato concepito: infatti, poiché tanti lavoratori confluivano
Nello stesso luogo, si prevedeva l'affissione materiale del documento in tutte le sedi dell'azienda in modo che tutti potessero leggerlo. Il mancato rispetto dell'onere di predeterminazione e affissione invalida il provvedimento disciplinare (natura costitutiva): infatti, qualsiasi provvedimento che sia adottato dal datore di lavoro senza prima aver affisso il codice disciplinare in un luogo accessibile a tutti non è legittimo (illegittimità insanabile: la sanzione irrogata è nulla), perché non viene definito un quadro chiaro di quali sono i comportamenti illegittimi e quali sono le sanzioni corrispondenti. Tuttavia, la Cassazione ha affermato che il datore di lavoro può in ogni caso sanzionare un "immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perché contrario al comportamento c.d. minimo etico o a norme di rilevanza penale [...] in quanto il lavoratore ben può rendersi conto, anche al di là di una.La Corte di Cassazione ha stabilito che "la disciplina interna di un'azienda può prevedere sanzioni anche per comportamenti non esplicitamente menzionati nel codice disciplinare, purché tali comportamenti siano evidentemente illegittimi" (Cass. 26 marzo 2014, n. 7105).
Non è necessario che il codice disciplinare contenga un elenco dettagliato delle infrazioni e delle relative sanzioni, come avviene nel sistema penale, poiché si tratta di interessi meno rilevanti della libertà personale. Per la validità del codice disciplinare è sufficiente che:
- siano chiare le ipotesi di infrazione, anche se in modo schematico;
- siano indicate le conseguenti sanzioni, anche se in maniera ampia e suscettibile di interpretazione.
diadattamento secondo le effettive e concrete inadempienze. Poiché il codice disciplinare non potrà contemplare ogni possibile potenziale infrazione, spesso i contratti collettivi adottano la tecnica dell'esemplificazione, invece che quella della tassatività. Il codice disciplinare costituisce una specificazione della fattispecie (elencazione generale dell'art. 2104 del Codice civile).
Il codice disciplinare ha anche la funzione di dare indicazioni rispetto alla proporzionalità (es. attraverso l'utilizzo di aggettivi come "lieve" o "grave"); tuttavia, l'interpretazione delle norme da parte del datore di lavoro è relativa, e perciò il principio di proporzionalità rimette alla contrattazione collettiva di definire l'entità dei comportamenti (anche se comunque lascia degli spazi decisionali al datore di lavoro) -> la valutazione posta in essere dal datore di lavoro è soggetta
al giudice, che deve valutare se la sua analisi è corretta o meno.
LA CONTESTAZIONE DELL'ADDEBITO
La contestazione dell'addebito è l'atto formale con il quale il datore di lavoro imputa edunque contesta al lavoratore la commissione di un'infrazione.
La contestazione dell'addebito è il passaggio fondamentale per la realizzazione del diritto di difesa del lavoratore: imponendo una procedura per l'irrogazione di una sanzione, l'art. 7 scinde il momento in cui al lavoratore viene comunicato che è stato da lui posto in essere un'inadempimento (contestazione) dal momento in cui viene irrogata la sanzione, poiché tra questi due momenti il lavoratore deve poter esercitare il suo diritto alla difesa. La contestazione dell'addebito differisce dalla contestazione del provvedimento disciplinare in sede giudiziaria, poiché la prima interviene in una fase precedente, ovvero quando il provvedimento non è ancora
stato irrogato; dunque, la sanzione può essere applicata solo a seguito della difesa del lavoratore, poiché alla luce di questa il comportamento del lavoratore o la sua entità potrebbero risultare diversi da quelli apparsi al datore di lavoro. In merito alla contestazione dell'addebito (rispetto a come il datore deve contestare), la giurisprudenza ha elaborato alcuni principi che non sono espressi esplicitamente dalla legge, ma che sono stati desunti dalla stessa funzione che la contestazione svolge. I requisiti previsti dalla giurisprudenza sono:- La buona fede e la correttezza: la contestazione dell'addebito deve essere realizzata in modo tale che sia effettiva ed efficace la difesa del lavoratore;
- La tempestività: la legge non prevede un termine per la contestazione; tuttavia, deve esservi una stretta connessione temporale con l'evento, da intendersi però in senso relativo, secondo il criterio della c.d.
“ragionevole immediatezza”. La Cassazione specifica questo criterio perché non si può definire una tempistica uniforme per tutti i contesti lavorativi, dal momento che gli ambienti in cui può svilupparsi un rapporto di lavoro subordinato sono molto diversi: dovrà rispettare una tempistica più breve di una grande impresa con migliaia di dipendenti, poiché il sistema di controllo è diverso e quindi anche il tempo che può intercorrere tra la conoscenza del comportamento illecito e la contestazione dell’addebito; inoltre, il datore di lavoro deve effettuare un minimo di verifica prima di contestare l’addebito (accertamento del fatto): l’esigenza di porre in essere una certa verifica è legata al fatto che la contestazione dell’addebito costituisce la base su cui poi si sviluppa tutta la vicenda e cristallizza il tema di cui si discuterà da lì in poi.
contratto collettivo può prevedere dei limiti e termini specifici, poiché si confronta con la specificità di ogni settore; anche nel pubblico impiego si prevedono delle tempistiche specifiche.
Il requisito della tempestività risponde all'esigenza di tutelare l'interesse del lavoratore affinché il procedimento intervenga in tempi brevi, al fine di garantirgli, mediante il più preciso ricordo dei fatti, l'esercizio effettivo del diritto di difesa.
La specificità: esposizione in modo preciso di tutte le indicazioni necessarie per individuare nella sua materialità storica il comportamento commissivo/omissivo del lavoratore identificabile come infrazione; dunque, la contestazione dell'addebito deve descrivere il fatto in maniera specifica e il più possibile precisa, altrimenti il lavoratore potrebbe non riuscire a difendersi e il provvedimento potrebbe considerarsi illegittimo. Non implica l'obbligo di indicare le
norme legali/contrattuali che si reputano violate (Cass. 9 aprile 1990, n. 2940): infatti, la contestazione dell'addebito deve riguardare