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APPROFONDIMENTO: STRUTTURA ORGANIZZATIVA E VIOLENZA A SCUOLA - IL CASO DELLA COLUMBINE HIGH SCHOOL
Nel 1999, alla Columbine High School di Littletown, Colorado, due teenager uccisero 12 studenti e un professore, ferendo più di 20 persone prima di rivolgere le armi contro sé stessi. Dopo quel tragico episodio, la violenza nelle scuole degli Stati Uniti è diventata un'emergenza nazionale. L'entità della carne cina ne ha fatto, all'epoca, il caso più drammatico di violenza nelle scuole mai veri catosi nella storia americana. La sparatoria delle Columbine, però, fu solo la più sanguinosa delle oltre venticinque che hanno sconvolto gli Stati Uniti tra gli anni '90 e i primi anni Duemila. Nel 2007,1 studente 23 enne uccise due suoi compagni in un dormitorio e altre 30 persone in un'aula della Virginia prima di togliersi la vita, un episodio ancora più drammatico rispetto alla sparatoria delle Columbine e che ha
sollevato nuove preoccupazioni per la diffusione delle armi e le esplosioni di violenza nei campus universitari. Di fronte ai tentativi dei dirigenti scolastici, dei sopravvissuti e dei familiari delle vittime di spiegare questi eventi, sorge spontaneo un interrogativo: perché nessuno ha avuto il benché minimo sentore che quegli studenti si stavano preparando a uccidere dei compagni? Dopo ogni sparatoria, i membri della comunità cercano di capire come dei ragazzi abbiano potuto commettere delitti tanto atroci. Il concetto di "struttura organizzativa" può aiutarci a capire meglio perché coloro che perpetrano la violenza omicida nelle scuole sfuggono così spesso all'attenzione dei dirigenti scolastici. La sociologa Katherine Newman e i suoi dottorandi hanno visitato due comunità che erano state sconvolte da sparatorie scolastiche alla fine degli anni '90 dove hanno parlato con docenti, genitori e studenti. In entrambi casi, la.Newman (2004) ha scoperto l'esistenza di numerosi segnali che avrebbero dovuto far presagire azioni violente da parte di quegli studenti (scritte deliranti, minacce ai compagni, precedenti disciplinari e maltrattamento di animali) ma che erano stati regolarmente ignorati dagli insegnanti e dei dirigenti scolastici. La causa, secondo la sociologa, sarebbe un problema di comunicazione de nito "perdita di informazioni", ascrivibile alla struttura organizzativa delle scuole. Come abbiamo osservato, la struttura organizzativa fa riferimento alle routine che regolano l'attività quotidiana di un'organizzazione. Alcune routine e pratiche standardizzate delle scuole che generano una perdita di informazioni possono aiutare a spiegare perché in molti casi i docenti e dirigenti scolastici non identificano gli studenti disturbati. Per esempio, negli Stati Uniti in genere i dirigenti scolastici sono convinti che gli studenti trasferiti o promossi da una scuola.all'altra debbano avere la possibilità di ripartire ex novo, per cui le loro schede disciplinari non eseguono gli spostamenti. Di conseguenza, il preside di una scuola media non condivide quasi mai le informazioni su uno studente problematico con il preside di un liceo. Analogamente, i rigidi confini tra scuole e comunità impediscono quasi sempre ai dirigenti scolastici di conoscere gli incidenti disciplinari che si verificano al di fuori della scuola. Inoltre, gli insegnanti di quasi tutte le scuole medie e di quasi tutti i licei vedono i propri allievi appena 45 minuti al giorno, e pochi arrivano a frequentarli fuori dall'aula. Tutti questi fattori contribuiscono a creare una situazione in cui le informazioni sugli studenti disturbati sono frammentate, nel senso che ognuno conosce solo un pezzo della storia. Considerando la rigida struttura organizzativa delle scuole americane, l'alienazione, la rabbia e il senso di frustrazione di uno studente rischiano di.perdersi nelle strette maglie dell'organizzazione, limitando ogni tipo di comunicazione. Perciò, questi studenti passano quasi sempre inosservati perché non commettono una follia. Riuscendo a stabilire in che modo la struttura organizzativa di una scuola contribuisce alla perdita di informazioni sui ragazzi a rischio, gli esperti possono proporre soluzioni per la ristrutturazione del flusso informativo, in modo tale che gli studenti affetti da gravi turbe psichiche abbiano meno probabilità di passare inosservati. L'azione sociale Finora abbiamo esaminato i modi in cui la struttura sociale opera a tutti i livelli del nostro mondo e come essa influenza la nostra vita sociale. Tuttavia, gli esseri umani non sono meri prodotti della struttura. Noi pensiamo, decidiamo, agiamo; anche se la struttura sociale ci impone dei limiti, conserviamo sempre una certa capacità di azione. Struttura e azione sociale sono in realtà due facce della stessa medaglia.La struttura e l'azione sociale sono strettamente intrecciate: è attraverso le azioni sociali che si costruisce la struttura, che a sua volta costituisce l'insieme dei vincoli e delle risorse nei quali l'azione sociale si concretizza. L'azione può essere definita generalmente come l'azione umana nel contesto sociale.
Nell'introdurre l'azione sociale non possiamo non parlare del sociologo tedesco che definì la sociologia come la scienza che studia l'azione sociale. Il suo obiettivo era comprendere le ragioni profonde che gli individui attribuiscono alle proprie azioni, scoprirne il senso. Aveva compreso che gli obiettivi dell'azione umana cambiano nello spazio e nel tempo, secondo le condizioni culturali, organizzative, economiche e sociali di una società.
Weber identificò dunque 4 tipi di azione umana:
- L'azione tradizionale;
- L'azione attiva;
- L'azione razionale rispetto al valore;
- L'azione razionale rispetto ai fini.
Rispetto allo scopo.
4. L'azione (Spiegazione approfondita p.15 Weber)
In sociologia l'azione umana sociale è stata definita in molti modi, prenderemo in considerazione le definizioni di Weber, di Durkheim e degli interazioni simbolici.
Weber
Per l'azione umana è sociale quando, in relazione al significato che l'individuo o gli individui agenti le attribuiscono, tiene conto del comportamento degli altri e a sua volta ne è influenzata.
Riteneva che le caratteristiche che un'azione deve possedere per poter essere definita sono due:
- Interazione: l'azione deve collocarsi nella prospettiva del rapporto con l'altro, realizzato o pensato. Cioè può anche darsi che un agire sia sociale anche quando avviene non interazione con un'altra persona, ma basta che quel comportamento sia messo in atto nella prospettiva del rapporto con un'altra persona, quindi anche laddove sia solo pensato.
- Conferimento di significato:
L'azione, almeno nell'intenzione di chi agisce, deve avere valore comunicativo verso l'altro. Deve, allo scopo, essere comprensibile all'altro, almeno secondo il punto di vista di chi agisce. Quindi per Weber non è sufficiente l'esistenza di un comportamento per affermare che sia azione sociale. È necessario conoscere gli aspetti soggettivi di tale comportamento, individuare le ragioni per il soggetto agente. La sua, come comprendete, ricorderemo, è una sociologia per cui deve ricostruire la rappresentazione dei fatti secondo il punto di vista di chi li compie.
Per Weber dunque se l'azione non si svolge in una prospettiva interattiva e/o manca un messaggio comunicativo, quell'azione non può essere definita come sociale.
Durkheim
Per l'azione sociale corrisponde ai modi di agire, di pensare e sentire presenti in una cultura. Per cui sono modi esterni all'individuo.
che egli apprende attraverso i processi di socializzazione e che gli si impongono perché sono dotati di grande potere di coercizione. Questi modi agiscono dunque, come forze che determinano l'azione. Per Durkheim un comportamento è sociale se corrisponde a uno o più di questi tre modi. Cioè indipendentemente da ogni interazione, da ogni conferimento di significato e dal livello di consapevolezza che ne ha l'individuo. Appare chiaro che che non sempre ciò che per Durkheim è azione sociale lo è anche per Weber. Per Durkheim il fatto che un individuo viva la propria azione come un fatto spontaneo non preclude che esso faccia riferimento a modelli di comportamento e schemi appresi. La maggior parte delle volte, questa adesione trova gratificazione e si rinforza grazie a sanzioni positive alle che si ricevono quando gli schemi di comportamento vengono seguiti. Tuttavia, esistono anche le sanzioni negative (dalla vergogna interiore per avercommesso un furto alla pena comminata da un tribunale) che possano punire le azioni non conformi ai modi di agire, pensare e sentire. L'interazionismo simbolico ritiene che l'azione sociale sia tale quando colui che pone in essere un comportamento agisce tenendo in mente gli altri individui. In altre parole, secondo questa prospettiva, nell'agire le persone stimano l'impatto che la propria azione avrà sugli altri attori coinvolti nell'interazione e agiscono sulla base di questa stima. È questa un'azione sociale più simile a quella ideata da Weber, ma comunque diversa. Secondo questa prospettiva, infatti, nell'agire le persone pongono sempre attenzione agli effetti che la loro azione avrà sugli altri individui, nei confronti dei quali l'azione si pone. Ovviamente chi agisce non avrà la certezza della reazione dell'altro, ma può stimarne la reazione. Nell'interazione sociale le persone comunicano.
agli altri i signi cati in modo simbolico. Gli altri interpretano questi simboli e orientano la loro risposta sulla base della loro interpretazione del signi cato dell'azione altrui. Si tratta di interpretare le azioni sulla base della reciproca in uenza. Christopher nel 2011 ha de nito questa dinamica ladanza dell'interazione. Quindi mentre in Weber per de nire se un'azione sia sociale o no il signi cato che chi agisce attribuisce a quella azione, nell'interazionismo simbolico invece è importante che vi sia una reciproca in uenza nelle azioni. Quindi non è importante solo il punto di vista di chi pone in essere le azioni ma anche dell'altro. Quanto è libera l'azione umana? Quando è libera l'azione sociale? Non esiste in realtà un'unica risposta, dipende della prospettiva sociologica che intendiamo prendere in considerazione per spiegare e comprendere la società e i fenomeni sociali. Per Durkheim,l'azione umana è decisamente vincolata e costruita dagli individui sulla base di quelli che oggi possiamo definire processi di socializzazione. Questo perché per il sociologo l'azione umana corrisponde a qualsiasi modo di pensare, agire e sentire.