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L'APPROCCIO DEVOTO (UK), L'APPROCCIO STILISTICO (F) E L'APPROCCIO MUSEALE (A)

Gli inglesi proponevano un approccio "anti-restaurativo" che esaltasse il vigore e la bellezza di un mitico Medioevo in opposizione alla società mercantile industriale, concependo la necessità di conservare i monumenti storici e ammettendo gli interventi utili a prolungare il più possibile la vita dell'architettura antica alla quale, però, doveva essere riconosciuto anche il "diritto di morire".

Il francese vi opponeva, invece, una visione volta alla conservazione del monumento storico capace di riportarlo alla sua unità stilistica, donandogli un aspetto che in passato avrebbe anche potuto non avere. Segli inglesi si spesero per un approccio conservativo cosiddetto "devoto", che puntasse sempre a rendere visibili tutti i segni del tempo; per Viollet-le-Duc la tecnica del restauro stilistico portava invece a

cancellarli, attraverso l'eliminazione delle parti non coerenti e proponendo anche dei rifacimenti integrali, falsificandol'opera, in quanto, per il francese, la Storia aveva un significato pedagogico, di insegnamento che doveva essere chiaramente esplicitata. Per entrambi gli studiosi, però, non era importante conservare la città in quanto tale, ma la conservazione del modello sociale a cui essa apparteneva (espresso attraverso i monumenti storici). Al limite dell'approccio devoto (a cui manca in sostanza un valore d'uso del monumento storico) si contrappone anche quello proposto dagli studi di C. Sitte e applicati in Bruxelles da C. Buls. L'approccio sittiano è cosiddetto "museale" poiché l'ambiente urbano e il monumento dovevano essere conservati come pezzi da museo per il loro valore storico e artistico. Nell'approccio museale, la conservazione di una porzione più ampia del singolo monumento nonerafinalizzata a supportare la storicità evolutiva dell'ambiente urbano (ensamble), ma a esaltare l'opera monumentale. L'ELABORAZIONE TEORICA: dal monumento storico all'ambiente urbano Gli anni '30 in Italia vedono una nuova stagione di vaste demolizioni, con obiettivi politici, economici, di immagine. Si vuole allontanare dal centro città i ceti sociali più poveri e meno controllabili; offrire agli ambienti che hanno sostenuto l'ascesa del Regime occasioni di condurre lucrose operazioni immobiliari; celebrare il regime con un linguaggio architettonico magniloquente, capace di impressionare il pubblico e accattivare il consenso. All'interno del Governo fascista le posizioni erano varie e differenti: la politica di G. Bottai, Ministro dell'Educazione Nazionale dal 1936, consisteva nel "difendere la monumentalità autentica dell'antico contro la falsa monumentalità del falso moderno" e da essa.discende la legge 1089 del 1939 sulla tutela delle cose d'interesse artistico estorico. Ma il contributo e l'opera di C. Sitte cominciano a influenzare i caratteri del dibattito urbanistico fin dai primi anni del XX secolo. Nel 1916 M. Piacentini scriveva che "per conservare una città non basta salvare i monumenti e i bei palazzi, isolandoli e adattandovi intorno un ambiente tutto nuovo; occorre anche salvare l'ambiente antico con cui sono intimamente connessi". Perché ciò avvenga in maniera sistematica devono verificarsi 3 condizioni:
  1. la città antica deve essere concepita unitariamente come oggetto storico e non come somma di tanti monumenti;
  2. alla città antica deve essere riconosciuto sia un valore conoscitivo, sia un valore identitario (l'approccio della città come intera opera d'arte è recente e risale alla fondazione dell'urbanistica come disciplina autonoma);
  3. il progetto conservativo
della città antica non deve apparire come una "impossibilità storica" ovvero non deve compromettere il naturale processo evolutivo della società e con essa degli spazi urbani. L'APPROCCIO CRITICO Il merito di G. Giovannoni (Vecchie città ed edilizia nuova, 1931) è di aver sancito definitivamente il cambio di scala della tutela: dallo spazio minuto del monumento (e del suo limitatissimo intorno) al sistema di tessuti intrisi di valore storico; ma soprattutto nell'aver riconosciuto al "patrimonio storico urbano" l'indiscutibile valore identitario oltre a quello artistico. Egli ha riconosciuto il rapporto tra urbs e civitas nel tessuto connettivo della città; e in particolare aver sancito che il valore storico della città non è un valore in sé (un dato da conoscere) ma un valore per qualcuno (la società) mettendo definitivamente in risalto il sistema di relazioni sociali che vengono.attivate attraverso la conservazione dei tessuti insediativi urbani. Madall'introduzione del concetto di patrimonio storico urbano si accompagna anche un modo nuovo diaffrontare la conservazione, ovvero a tecniche e approcci che appartengono essenzialmente al progettourbanistico. Anche in questo caso l'apporto di Giovannoni è stato fondamentale: sostenendo che il patrimoniostorico urbano aveva un valore sociale, riteneva che fosse necessario legittimarlo attraverso uno strumentotecnico come il Piano urbanistico. Per Giovannoni, infatti, ogni parte antica della città doveva essere inseritain una visione più ampia del contesto urbano cosicché da far risaltare la sua relazione con la società presentee con il sistema di reti che la modernità imponeva (viarie trasportistiche). In questo modo poteva esseregiudicato sia il "valore d'uso" della parte antica rispetto a questioni tecniche, in particolare il rapporto che

Il patrimonio urbano aveva con le «reti urbanistiche primarie».

EVOLUZIONE DELLE TECNICHE DI INTERVENTO

Nella seconda metà dell’Ottocento prende corpo l’idea di modernizzazione e decoro della città per la quale il monumento storico viene salvato dalle rettifiche e dagli allineamenti dei tessuti esistenti per adeguarli al progresso. Un sistema di interventi che in Italia ha trovato nella legge sull’esproprio del 1865 un forte riferimento normativo, e che ha sfruttato gli strumenti propri dell’urbanistica (il Piano regolatore e il Piano di ampliamento) per trovare attuazione. Successivamente si forma l’idea di miglioramento della città attraverso tecniche di sventramento intese sia come cura igienica del tessuto insediativo sia come cura sociale per gli ampi strati di popolazione debole. Un’idea di conservazione dei monumenti storici applicata soprattutto dopo il 1880, in particolare in Italia dopo l’emanazione della

Leggeper Napoli del 1885. L'idea di tutela della città ha sostanzialmente caratterizzato i primi trent'anni del Novecento, soprattutto attraverso le tecniche dell'isolamento e del diradamento edilizio applicate ancora nei Piani regolatori introdotti nell'Ottocento. L'emanazione in Italia della Legge 1150/1942 (PRG), come è noto non ha trovato attuazione almeno fino al secondo dopoguerra e pertanto l'idea 'giovannoniana' di inserire il patrimonio storico urbano in una logica i Piano territoriale rimane, anche nelle esperienze condotte dallo stesso Giovannoni, precluse allo strumento regolativo. È solo con la formazione del concetto di "centrostorico" – che considera tutto il tessuto urbano del centro città come un "monumento integrale" da tutelare – che si mettono in discussione le tecniche conservative adottate fino a quel momento (prevalentemente rivolte all'aspetto

estetico-compositivo del progetto di conservazione) e che prende forma l’idea del risanamento conservativo (rivolta a mantenere l’aspetto fisico per conservare gli aspetti storico-formativi).

L’ELABORAZIONE TEORICA: la nascita dei centri storici Dopo la Seconda guerra mondiale il volto delle città italiane subisce una trasformazione senza precedenti, sia attraverso i Piani di Ricostruzione (che spesso apportano più danni degli stessi bombardamenti) sia con il veloce procedere dell’espansione urbana (speculazioni edilizie). È in questo contesto socioeconomico e cultuale che si ritorna a riflettere sul rapporto tra “vecchio e nuovo” – tema molto dibattuto anche in sede internazionale (8° CIAM di Hoddesdon, 1951) – e che prende forma il concetto di “centro storico”. Protagonisti del dibattito sono E.N. Rogers, R. Pane, C. Brandi, L. Benevolo, L. Detti, L. Piccinato, A. Cederna. Questo fronte culturale, peraltro

Il testo fornito è un'analisi critica che coinvolge associazioni e riviste. Da un lato, avvia un confronto polemico e vivacissimo interno alla disciplina, dall'altro conduce una battaglia d'opinione contro il malgoverno e il saccheggio urbanistico. Si tratta di una battaglia democratica, civile, di opposizione rispetto ai blocchi di potere politico ed economico dominanti.

Per tutti gli anni '60, comunque, la cultura dell'espansione domina incontrastata anche negli strumenti urbanistici, che sanciscono la divaricazione tra vecchia e nuova città, stabilendo per quest'ultima i criteri di accrescimento e rinviando a futuri strumenti attuativi le ipotesi per le aree centrali di antica formazione, sottoposte a un indifferenziato vincolo di salvaguardia (come quelli per Assisi e Gubbio, ad opera di G. Astengo).

Proprio per la sua compattezza e omogeneità, il centro storico viene poi considerato un tema specifico da trattare separatamente dal resto della città attraverso anche

strumenti ad hoc. Se quindi la sua definizione ha portato a tutelare la zona del centro nella sua integrità, è anche vero che proprio per la sua marcata distinzione dalla città che si stava formando, fin dall’inizio ha goduto e contemporaneamente sofferto di una disciplina settoriale e specifica.

LA CARTA DI GUBBIO DEL 1960

Il Convegno Nazionale dal titolo Salvaguardia e risanamento dei centri storico-artistici, fortemente voluto da G. Astengo che in quel momento stava lavorando al PRG di Gubbio, è stato promosso da un gruppo di architetti, urbanisti, giuristi, studiosi di restauro, e dai rappresentanti dei comuni. Esito del Convegno è la Carta di Gubbio: una dichiarazione di principi sulla salvaguardia ed il risanamento dei centri storici che riconosce l’importanza nazionale della questione sottolineando l’essenzialità delle specifiche condizioni locali, ritiene di estrema urgenza il procedere ad una ricognizione e classificazione dei

ella demolizione di edifici storici, al fine di preservare l'identità e la memoria delle città. Inoltre, sottolinea l'importanza di promuovere interventi di riqualificazione urbana per migliorare la vivibilità delle aree storiche e garantire la loro integrazione con il contesto urbano circostante. La Carta invita anche alla partecipazione attiva dei cittadini e delle comunità locali nella gestione e nella valorizzazione dei centri storici, al fine di favorire un processo di sviluppo sostenibile e inclusivo.
Dettagli
A.A. 2020-2021
44 pagine
SSD Ingegneria civile e Architettura ICAR/21 Urbanistica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher alberto.alleva di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Urbanistica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Politecnico di Milano o del prof Galuzzi Paolo.