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CAPITOLO 3: I CONFINI DELL’IMPRESA
Introduzione
L’evoluzione dell’impresa come istituzione centrale nel sistema economico e
produttivo segna il passaggio da un capitalismo di mercato (scambio di beni tra singoli
individui) a un capitalismo delle organizzazioni (scambio di beni tra imprese e
organizzazioni). Ovvero, In questo nuovo paradigma, i mercati non si limitano più a
mediare direttamente i rapporti di scambio tra individui, ma si configurano come
strumenti per facilitare gli scambi tra organizzazioni.
Un elemento fondamentale del capitalismo delle organizzazioni è la definizione del
confine dell’impresa. (interno ed
Il confine rappresenta, da un lato, una linea di separazione tra due contesti
esterno) e, dall’altro, un’area di massimo contatto e interazione tra questi stessi
contesti. In sintesi, il confine non è solo una barriera, ma anche un ponte tra l’impresa
e il suo ambiente.
le combinazioni produttive
Il processo di produzione di un bene da parte di un’impresa prevede una serie di
combinazioni produttive che si delineano in 3 fasi:
1. Acquisizione delle risorse: l’impresa raccoglie gli input necessari (materie
prime, lavoro, macchinari, ecc.).
2. Trasformazione degli input: le risorse vengono lavorate per ottenere il
prodotto finito.
3. Vendita del prodotto: l’output viene distribuito sul mercato per il consumo
L’insieme delle combinazioni produttive che vanno dall’acquisizione dell’input fino alla
commercializzazione dell’output costituisce il cosiddetto processo terminale settoriale.
Se aggiungiamo a questo anche i processi svolti da attività di supporto esterni
all’impresa si parla di sistema economico settoriale
Make or buy: dentro e fuori il confine
Il confine dell’impresa demarca quali combinazioni produttive vengono svolte
internamente e quali vengono esternalizzate. Questo concetto è spesso sintetizzato
nei termini:
Make: le attività svolte all’interno del confine dell’impresa.
Buy: le attività affidate a soggetti esterni attraverso processi di outsourcing o
scambio sul mercato.
La definizione del confine non è solo una questione operativa, ma riflette scelte
strategiche fondamentali, determinando come un’impresa si posiziona nel sistema
economico settoriale e nelle dinamiche di mercato.
Il confine dell’impresa
Il concetto di confine dell’impresa si ricollega anche alle attività produttive svolte
al suo interno o esterno. In generale:
Una combinazione produttiva è un insieme di attività che trasformano
materiali o risorse, secondo processi specifici e ripetibili, in un determinato arco
di tempo, con un inizio e una fine ben definiti.
Per svolgere queste attività, sono necessari i fattori della produzione:
macchinari, materie prime, lavoro, ecc. Questi costituiscono gli strumenti
fondamentali per produrre qualcosa.
Il flusso di servizio è l'output finale della combinazione produttiva, chiamato
"flusso" perché il processo è ripetitivo e produce risultati in modo continuo.
Interno vs. Esterno all’impresa
Una combinazione produttiva è interna all’impresa se i fattori della
produzione sono di proprietà dell’impresa stessa. In questo caso, l’output
prodotto è sotto il controllo del soggetto che gestisce l’impresa.
Una combinazione produttiva è invece esterna all’impresa se i fattori della
produzione appartengono a un altro soggetto giuridico. Qui, l’impresa non
possiede direttamente i mezzi di produzione né ha controllo diretto sui flussi di
servizio.
In questo caso quindi, il confine dell’impresa distingue ciò che l’impresa controlla
direttamente (interno) da ciò che è affidato a terzi (esterno).
Tuttavia, per determinare se una combinazione produttiva sia effettivamente interna o
esterna, è spesso necessario integrare alla prospettiva contrattuale altre prospettive,
che completano la definizione del confine dell’impresa. Tra queste troviamo:
1. Prospettiva soggettiva dell’organo di governo
Si tiene conto del punto di vista dell’organo di governo dell’impresa, il
o quale sarà lui a percepire e distinguere le attività come interne ed
esterne all’impresa.
2. Relazioni tra combinazioni produttive
Si guarda alle connessioni tra le varie attività produttive. Il confine si
o trova dove queste relazioni passano dall’essere coordinate come un unico
sistema a diventare semplicemente rapporti tra elementi separati.
3. Discrezionalità manageriale
L’impresa ha un confine laddove termina l’area gestionale del suo organo
o di governo e inizia quella di altre entità.
4. Vincoli e regole
Si considera il confine dove cambiano in modo significativo i vincoli o le
o regole che governano le attività.
La definizione del confine dell’impresa permette di qualificare le relazioni esterne
dell’impresa stessa. Sono considerate esterne, ad esempio, le relazioni tra un’impresa
produttrice di beni economici e un fornitore che le offre componenti o servizi specifici.
Queste relazioni esterne sono frequentemente regolate tramite contratti, che
stabiliscono i termini e le condizioni delle interazioni tra le parti.
Prospettive teoriche nella scelta dei confini dell’impresa
Prima di analizzare le ragioni di convenienza che guidano un’impresa nel decidere se
gestire internamente o esternalizzare una combinazione produttiva, è utile chiarire
alcune convinzioni errate riguardo alla definizione dei confini aziendali:
1. "Se una combinazione produttiva offre vantaggi competitivi, allora
deve essere mantenuta all’interno."
Falso: indipendentemente dal vantaggio competitivo, se un fornitore è in grado
di garantire una produzione a costi inferiori e con una qualità superiore, è più
conveniente esternalizzare quella combinazione produttiva.
2. "Esternalizzare le combinazioni produttive consente di ridurre i costi di
produzione."
Falso: esternalizzando una combinazione produttiva, l’impresa sostituisce gli
ammortamenti con i costi esterni; viceversa, internalizzando, si verificano
dinamiche opposte. In entrambi i casi, il volume complessivo dei costi non
subisce variazioni significative.
3. "Internalizzare le combinazioni produttive elimina il margine di profitto
del fornitore."
Falso: il fornitore ha spesso a disposizioni fattori di produzione specifici, difficili
da replicare, come macchinari specifici o materie prime particolari. Se l’impresa
decidesse di svolgere quelle attività internamente senza avere questi fattori
specifici, potrebbe finire per: Sostenere costi più alti rispetto a quelli del
fornitore e compromettere la qualità dei prodotti.
4. "Internalizzare le combinazioni produttive consente di proteggere
l’impresa dalle fluttuazioni di mercato."
Falso: per mitigare l’impatto delle fluttuazioni di mercato (ad esempio, variazioni
di prezzi o tassi di interesse), è sufficiente stipulare contratti con i fornitori che
stabiliscano in anticipo quantità e prezzi.
Alla luce di queste considerazioni, la scelta dei confini aziendali richiede un’attenta
valutazione dei benefici, dei costi e, soprattutto, della redditività associata alle
make buy
alternative di (gestione interna) o (acquisto esterno).
La prospettiva neo-istituzionale
Secondo la prospettiva neo-istituzionale, la determinazione dei confini aziendali
dipende dai seguenti fattori:
1. Differenziale tra i benefici netti: (interni ed esterni)
BI: Benefici netti derivanti dallo svolgimento di una combinazione
o produttiva all’interno dell’impresa.
BE: Benefici netti derivanti dallo svolgimento della stessa combinazione
o produttiva in un’altra impresa.
2. Differenziale tra i costi:
CO: Costi di organizzazione propri dell’impresa.
o CT: Costi di transazione associati al funzionamento del mercato.
o
Se: BI > BE (i benefici interni superano quelli esterni)
CO < CT (i costi organizzativi interni sono inferiori ai costi di transazione)
Allora risulta conveniente per l’impresa svolgere internamente la combinazione
(make).
produttiva In caso contrario, sarà più vantaggioso acquistarla all’esterno
(buy).
Analizziamo ora le singole variabili della prospettiva neo-istituzionale, partendo dai
benefici e passando poi ai costi di organizzazione e di transazione:
Benefici
I benefici netti indicano la differenza tra i ricavi e i costi quando un'attività viene
svolta internamente all'impresa, rispetto a quando la stessa attività viene affidata a un
soggetto esterno. In pratica, misurano il vantaggio economico di mantenere un'attività
all'interno dell'impresa invece di esternalizzarla.
I benefici dipendono da: (lato dell’offerta e lato della domanda);
Economie di scala
Economie di apprendimento;
Economie di scopo
Economia di scala (dal lato dell’offerta)
Consideriamo un’impresa che abbia a disposizione un unico macchinario, con il quale
Q1 CUM1
produce una quantità a un costo unitario medio pari a . Successivamente,
l’impresa decide di acquistare un secondo macchinario, aumentando la produzione a
Q2 CUM2
e riducendo il costo unitario medio a . Infine, con l'acquisto di un terzo
Q3,
macchinario, la produzione raggiunge mentre il costo unitario medio scende
CUM3.
ulteriormente CUM1>CUM2>CUM3 all’aumentare della scala
In questo scenario, si verifica che :
produttiva, il costo unitario medio diminuisce. Questo fenomeno è indicativo di
un’economia di scala dal lato dell’offerta .
Causa principale delle economie di scala dal lato dell’offerta:
Il principale fattore alla base delle economie di scala dal lato dell’offerta è la presenza
di costi fissi una tantum. Si tratta di costi iniziali elevati che l’impresa deve sostenere
per avviare la produzione, ma che non si ripetono in seguito. Con l’aumento della scala
produttiva, tali costi fissi vengono distribuiti su un numero maggiore di unità prodotte,
riducendo così il costo unitario medio.
Altre fonti di economie di scala dal lato dell’offerta
1. Fattori di produzione indivisibili:
Questi includono macchinari o impianti il cui costo resta invariato al variare
della produzione. Poiché il costo è fisso, l’aumento della produzione ne riduce
l’incidenza sul costo unitario.
2. Efficienze nella gestione delle scorte:
La produzione su larga scala consente un miglior utilizzo delle scorte di materie
prime e prodott