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ACME.

-dal 1936 diventa fotografo freelance.

-documenta in particolare la cronaca nera e gli ambienti criminali, poveri e malfamati di New

York.

-dal 1938 monta nella sua auto il sistema radio della polizia di New York per arrivare prima

degli altri sulle scene dei delitti; questo gli garantiva una scena ancora “pulita” e autentica,

per essere sicuro di cogliere tutto nei minimi dettagli.

-1941: esposizione personale: Weegee, Murder is my Business: dipinge la città di New York

come un’enorme scena del crimine.

-prototipo del fotoreporter d’assalto e del paparazzo.

-caratteristica stilistica: uso del flash al magnesio: questo non solo illuminava la scena, ma

contribuiva a creare un’atmosfera allucinata e quasi irrealistica.

-città come enorme luogo del delitto, ambiente del torbido, del morboso, della violenza, dello

squallore, dell’eccentrico e del bizzarro.

-forte influenza sull’iconografia del film noir (The Naked City, film del 1948 di Jules Dassin,

ispirato al suo libro fotografico, per il quale collaborerà).

-l’asse verticale: New York e i suoi grattacieli.

On the Spot

Fotografia esemplificativa di Weegee (al secolo Arthur Fellig): in primo piano il cadavere

avvolto dal lenzuolo bianco, i contrasti b\w molto accentuati dall’utilizzo del flash al magnesio

e infine una certa ironia grottesca contenuta nel titolo della fotografia che gioca sul nome del

bar sulla scena, Spot, e il significato della frase on the spot ovvero sul luogo (del crimine).

Diventa il prototipo del fotoreporter di cronaca nera d’assalto.

Titolo: Vista dalla finestra a Le Gras

Autore: Joseph Nicéphore Niépce

Anno: 1826

Analisi: Niepce fu un fotografo e inventore francese nato nel 1765 e morto nel 1833. Già nel

1822 egli sperimenta una speciale resina, il bitume di giudea, che gli permette di ottenere

immagini con una tecnica di tipo incisorio e parallelamente continuare a ragionare su come

poter applicare certe migliorie alla camera oscura. Ma in realtà è dal 1816 che lavora a

questo sogno di ottenere immagini dalla camera oscura, e dopo circa dieci anni Niepce

realizza quello che si può leggere come il positivo di una ripresa dell’ambiente esterno della

soffitta nella casa di famiglia.

La veduta, come viene considerata la prima immagine fotografica della storia è un

paesaggio con architetture (tetti, rami e cielo) di rarissima nitidezza, impresso su una lastra

di peltro spalmata di Bitume di Giudea e lasciata nella camera oscura per circa dieci ore.

Durante questo lungo arco di tempo il sole ha completato il suo percorso fino all’orizzonte,e

quindi nell’alternarsi delle zone chiare dovute al bitume e di quelle scure connesse al metallo

sottostante, non è possibile stabilire l’ora della ripresa. Infatti il sole colpisce entrambi i lati

presentandosi come una somma di temporalità, una specie di mezzogiorno eterno.

Niepce battezza ciò che ha ottenuto con un nome di origine greca “eliografia” (scrittura del

sole) che spiega con queste parole: “ La scoperta che ho fatta, e che indico col nome di

eliografia, consiste nel riprodurre spontaneamente, mediante l’azione della luce colle

digradazioni di tinte dal nero al bianco, le immagini ricevute nella camera oscura. “

L’avverbio “spontaneamente” decreta la nascita della possibilità che un apparecchio

meccanico sia in grado di riprodurre da solo, in autonomia, una visione reale.

La fotografia in immagine, scattata il 9 febbraio del 1826 è quindi il primo esempio riuscito

con successo di fissare una fotografia in maniera permanente. La miscela di bitume esposta

alla luce si è indurita mentre quella non esposta è stata rimossa con una miscela di olio di

lavanda e petrolio bianco. II lungo tempo di esposizione ha permesso di osservare

l'illuminazione degli edifici su entrambi i lati, il che suggerirebbe che l'esposizione potrebbe

essere durata circa 8 ore.

Tuttavia, secondo un ricercatore che studiò gli appunti di Niépce, si parlerebbe addirittura di

diversi giorni. Si tratta di un'immagine approssimativa e labile in bianco e nero. In seguito

Niepce scopre di poter annerire ulteriormente le parti metalliche della lastra con i vapori di

iodio, in modo da poter aumentare il contrasto chiaroscurale, e riesce anche a eliminare del

tutto il bitume indurito con l’alcol, lasciando solo l’alternanza di parti metalliche più o meno

scure. La ripresa ha però bisogno ancora di tempi lunghissimi e ciò rende la scoperta poco

funzionale. Infatti dopo diversi tentativi per perfezionare le tecniche di Niépce, Louis

Daguerre mette a punto un procedimento di ripresa più rapido e in grado di restituire soggetti

più dettagliati, la dagherrotipia, presentata al pubblico nel 1839.

Titolo: Meudon

Autore: André Kertész

Anno: 1928

Genere: Città

Analisi: “Meudon” è una foto scattata a Parigi e trasmette l’idea del rapporto tra fotografia e

ambiente urbano. La foto comunica la natura enigmatica della città, come esperienza e

come luogo. La periferia parigina è ricoperta di stranezza e di un alone inquietante. Gli edifici

sono incombenti e ambigui. Il ponte simboleggia la città come serie di strutture, di significati

sospesi. Il “quadro” avvolto nel giornale è un’icona urbana. È reale e surreale insieme. Tutto

carico di significati potenziali ma irriconoscibili. Ne risultano una serie di elementi disparati,

di dettagli momentaneamente uniti in un campo di possibilità visive (una geometria di

relazioni formali di ciò che la città ha da offrire al fotografo) che sembrano voler rivelare un

significato nascosto sulla natura della città, ma che è impossibile da conoscere.

Su André Kertész: giunge a Parigi da Budapest nel 1925. Fotografa la città dalla finestra del

suo albergo a Montparnasse come Brassaï, ma a differenza sua passeggia anche tra le

occupazioni quotidiane e diurne della città.

Non si interessa mai alle vedute classiche o alle icone. L’ambientazione urbana si

abbandona alla serendipità: un amalgama continuo di contrapposizioni casuali e ironie

irrisolvibili, un perpetuum mobile. La sua opera risponde alla cifra individuale di ogni città: il

suo modo di vedere Parigi non è lo stesso di New York o di Budapest. Kertész è il fotografo

della città come spettacolo irrisolvibile di immagini mentali. La città è un enigma ed esiste

come una serie di possibilità fotografiche, ciascuna delle quali rappresenta una chiave per

penetrarne il mistero.

Cindy Sherman

-artista americana, nota per i suoi autoritratti concettuali.

-è una delle fotografe americane più stimate e una delle artiste viventi più influenti.

-non manipola le foto, ma costruisce attentamente la scena: crea una finzione mantenendo il

valore di verità della fotografia.

-Cindy si era immaginata pittrice, ma presto perse interesse perché secondo lei non c’era

nient’altro da dire; capì poi che poteva semplicemente usare una macchina fotografica,

quindi la prese e la puntò su se stessa, un gesto che diventerà la sua vera firma.

-Sherman ha iniziato ad incorporare i suoi interessi per i costumi e il trucco nella sua ricerca

artistica, iniziando a documentarsi vestita con ogni sorta di travestimento.

-da quel momento è diventata anche quasi l’unico soggetto delle sue foto, anche se

difficilmente possono essere descritte come autoritratti, infatti lei ha dichiarato al New York

Times che nessuno dei personaggi la rappresenta.

-nel corso della sua carriera Sherman si è trasformata in tantissimi personaggi diversi in una

illustrazione sempre avvincente di come la cultura visiva modella le apparenze: una dura

manifestazione del carattere fittizio e grottesco della società odierna saturata dai media.

Untitled Film Stills

L’unico suo progetto che ottenne successo fu Untitled Film Stills: 69 fotografie realizzate tra

il 1977 il 1980.

Questo progetto contiene opere epocali che ha attinto al vocabolario della cultura popolare

nell’America del dopoguerra risultando in una riflessione profondamente potente e ancora

incisiva sui temi della rappresentazione dell’identità e femminilità stereotipata, non solo negli

Stati Uniti ma nella cultura occidentale in generale.

In ogni fotografia l’artista ha posato come un personaggio ispirato ai ruoli femminili nei film

degli anni ‘50 e ‘60: film noir e B-movies, ma anche neorealismo italiano e no Nouvelle

Vague francese (Hitchcock, film hollywoodiani degli anni Trenta, film europei); indossò

parrucche, costumi vintage e altri oggetti di scena, impersonando un cast di stereotipi

tramandati dall’intrattenimento di massa e da Hollywood.

Questa foto in particolare rappresenta una casalinga solitaria e infelice estranea nella

grande città di Hollywood.

Titolo: L’annegato

Autore: Hippolyte Bayard

Anno: 1840

Analisi:

Un uomo seminudo sta appoggiato a una parete, ha gli occhi chiusi e le braccia conserte.

Bayard con questa immagine dichiara la sua morte suicida per annegamento volontario nella

Senna.

Bayard sperimentava gli effetti della luce su carta sensibile fin dal 1837, e arrivò a produrre

immagini positive direttamente su carta ben prima di Daguerre ed espose la sua invenzione

a una mostra di beneficenza di Parigi nel giugno del 1839, cioè due mesi prima della

spiegazione ufficiale del dagherrotipo. La mostra passò inosservata per mancanza di

pubblicità, e quando Bayard mostrò la sua invenzione a François Arago (deputato e poi

Primo Ministro, oltre che matematico fisico e astronomo) nella speranza di ottenere il suo

appoggio statale, costui invece, lo convinse a stare nel silenzio ancora per un po’, si dice

persuadendolo dell’inutilità della sua invenzione,e con un compenso di seicento franchi dal

ministero dell’interno come ricompenso simbolico per il suo silenzio. Pare però esplicativo il

fatto che nel frattempo Arago aveva proposto un contributo economico per l’invenzione di

Louis Daguerre esposta all’Accademia delle Scienze di Parigi due mesi dopo: infatti il

governo francese acquistò i diritti per l’utilizzo pubblico del dagherrotipo e fu assegnata a

Daguerre una pensione a tempo indeterminato. Bayard viene in pratica scaricato dal

governo francese perchè le sue ricerche non devono oscurare o intralciare l’acquisto del

brevetto del Daguerrotipo, ma evidentemente il denaro non è sufficiente a sanare l’offesa del

ricatto subito, infatti vedita subito a una personale vendetta. In questo caso progetta una

vendetta del campo fotografico e il 18 o

Dettagli
Publisher
A.A. 2023-2024
34 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Fracesco_Matt di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia della fotografia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Villa Paolo.