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PROCESSO DEL LAVORO
Processo del lavoro (artt. 409 e ss. c.p.c.)
Il processo del lavoro riguarda tutte le controversie che abbiano ad oggetto rapporto di
lavoro subordinato, anche se non inerenti all’attività di impresa.
Sono assoggettate al rito del lavoro, tra le altre, le controversie inerenti tutti i rapporti di
lavoro cd. para-subordinato (rapporti di agenzia, rappresentanza commerciale ecc.) così
come la maggioranze delle controversie di lavoro pubblico (escluse le controversie di lavoro
che riguardino i docenti universitari, gli appartenenti alla carriera prefettizia, il personale
diplomatico, la polizia di stato, i militari e i magistrati, le quali sono assoggettate alla
giurisdizione esclusiva del Tar).
Si pensi, a titolo esemplificativo, alle controversie inerenti al licenziamento, alla mancata
corresponsione della retribuzione o del trattamento di fine rapporto, al mancato pagamento
del lavoro straordinario…*I licenziamenti sono trattati con priorità rispetto a tutte le altre
cause di lavoro Giudice (ordinario) competente per materia è il tribunale sezione lavoro
(tribunale in composizione monocratica). Cambiano, invece, a seconda dei casi, le norme
sulla competenza territoriale.
Per quanto riguarda i rapporti di lavoro subordinato, il giudice competente - a scelta del
ricorrente - può essere quello del luogo ove è sorto il rapporto di lavoro o della sede legale
dell’azienda o una filiale dell’azienda presso la quale il lavoratore è addetto.
Per quanto riguarda i rapporti di lavoro para-subordinato, il tribunale competente è quello del
luogo ove il lavoratore para-subordinato ha eletto domicilio.
Per quanto riguarda i rapporti di lavoro pubblico, il giudice competente è quello del luogo ove
ha sede l’ufficio presso il quale il lavoratore svolge la propria attività (si prescinde in tutti
questi casi dalla residenza). Si tratta di fori speciali inderogabili (un eventuale accordo che
dovesse derogare rispetto alla competenza non avrebbe alcun effetto).
Il rito del lavoro è un giudizio a cognizione piena di carattere speciale (in quanto deroga
rispetto ai principi generali previsti per il rito ordinario).
Il processo del lavoro ha inizio con ricorso, depositato telematicamente presso la cancelleria
(sezione lavoro). È espressamente la legge a prevedere che l’indicazione dei mezzi di prova
e dei documenti che si offrono in comunicazione siano a pena di decadenza negli atti
introduttivi (tanto per il
ricorrente quanto per il resistente): ci sono pochissimi margini per le parti nel corso del
giudizio di dedurre nuovi mezzi di prova. Il giudice con decreto fissa la data d’udienza;
dopodiché, ricorso e decreto di fissazione dell’udienza vengono notificati al resistente (in
genere, sempre telematicamente).
Il resistente ha l’onere di costituirsi con una memoria difensiva almeno dieci giorni prima
dell’udienza. Costui per difendersi potrà:
- proporre eccezione in senso stretto (di rito o di merito);
- chiamare in causa un terzo (chiedendo, a tal fine, un differimento dell’udienza per
consentire la citazione del terzo)
- proporre domanda riconvenzionale
*Le modalità processuali di proposizione della domanda riconvenzionale sono diverse:
nell’ambito del rito ordinario, è sufficiente che la domanda riconvenzionale venga inserita
nella comparsa di costituzione e risposta; nel processo del lavoro, invece, si rileva un
ulteriore onere poiché non basta inserire la domanda riconvenzionale nella memoria
difensiva, ma occorre, altresì, notificarla al ricorrente e chiedere al giudice la pronuncia di un
nuovo decreto che differisca la prima udienza.
Il ricorrente, con una nuova memoria, potrà sì difendersi, ma limitatamente alla domanda
riconvenzionale. La mancata richiesta del differimento dell’udienza determina
l’inammissibilità della domanda riconvenzionale. Se non si è ottemperata questa modalità, la
domanda
riconvenzionale si potrà riproporre in un giudizio autonomo.
Inoltre, l’art. 416 c.p.c. prevede che il resistente debba proporre tutte le proprie difese e
abbia l’onere di prendere posizione non limitata ad una generica contestazione sui fatti
costitutivi allegati dal ricorrente: ciò significa che le contestazioni del datore di lavoro devono
essere specifiche, fermo restando i principi di chiarezza e sinteticità degli atti processuali.
*Tutti gli atti processuali devono essere improntati alla chiarezza e alla sinteticità.
C’è un regolamento attuativo della Riforma Cartabia che fissa delle soglie agli atti: un atto
introduttivo, ad esempio, non può superare le 80.000 battute = circa 40 cartelle.
Nel caso in cui non si prenda posizione sui fatti allegati dal ricorrente, questi ultimi
divengono non contestati e un fatto non contestato diviene pacifico (cioè non controverso):
ciò esonera il ricorrente dall’onere probatorio. Anche qui, v’è l’onere del patrocinio.
Il processo del lavoro è caratterizzato da immediatezza, concentrazione e oralità.
All’udienza, il giudice verifica, innanzitutto, verifica la regolarità del contraddittorio.
Eventualmente, il giudice potrebbe rilevare l’incompetenza.
L’eccezione di incompetenza può essere sollevata dal convenuto che si è costituito
tempestivamente ovvero può essere direttamente rilevata dal giudice all’udienza di
discussione (art. 428 c.p.c.).
Occorre, a pena di inammissibilità, indicare quale dovrebbe essere il giudice competente,
con relative argomentazioni.
Dopodiché, il giudice interroga liberamente le parti (assistita dai propri legali) e tenta
obbligatoriamente la conciliazione (il che fa intendere che per le parti vi sia un onere di
comparizione personale all’udienza).
L’interrogatorio libero è un dialogo che si svolge liberamente tra il giudice e le parti (non
avvocati) finalizzato alla chiarificazione dei fatti di causa (le domande non sono
predeterminate).
Allorquando sia possibile, il giudice formula una proposta conciliativa fissando un termine
alle parti affinché queste possano aderire o rigettare la proposta. Quando il giudice formula
una proposta conciliativa e una parte rifiuti e accade che la sentenza ricalchi il contenuto
della proposta ci possono essere delle ripercussioni sulle spese di lite.
Differentemente dal rito ordinario in cui le parti sono libere di modificare e/o precisare
domande, eccezioni e conclusioni, nell’ambito del processo del lavoro il potere difensivo
delle parti è molto limitato perché si possono operare delle modifiche e/o precisazioni
soltanto qualora sussistano gravi motivi (= le nuove allegazioni devono derivare da esigenze
difensive) e previa autorizzazione del giudice. Se la conciliazione ha esito positivo, il giudice
redige processo verbale di conciliazione che ha valore negoziale e cessa la materia del
contendere.
Il verbale di conciliazione costituisce titolo esecutivo (giudiziale): se non vi è adempimento
spontaneo, sulla base del verbale di conciliazione è possibile avviare qualunque tipologia di
esecuzione forzata. Se la conciliazione non
avviene e non v’è la necessità di modificare e/o precisare domande, eccezioni o conclusioni,
il giudice dovrà statuire sui mezzi di prova (i quali, si rammenta, sono già stati previamente
indicati negli atti introduttivi): costui ammette i mezzi di prova già indicati dalle parti ovvero si
riserva sulla loro ammissione (= si ritira in camera di consiglio e, nei giorni successivi
scioglie la riserva, pronunciando ordinanza che andrà comunicata alla parte attraverso la
cancelleria).
Tendenzialmente, nell’ambito del processo del lavoro non sono ammessi nuovi mezzi di
prova; un mezzo di prova nuovo è ammesso soltanto se la parte dimostra di non averlo
potuto dedurre per un fatto non imputabile.
Le prove documentali sono prove pre-costituite, cioè si formano prima e al di fuori del
processo; le prove costituende si formano, invece, all’interno del processo.
Tutte le prove costituende sono assoggettate ad un vaglio preventivo di ammissibilità e
rilevanza. Una prova è ammissibile quando non supera i limiti legali previsti dal Codice civile
o dal Codice di procedura civile. La prova per testi ha dei limiti di ammissibilità: la
testimonianza non può essere utilizzata, ad esempio, per dimostrare l’esistenza di un
contratto per il quale sia richiesta la forma scritta ab substantiam o ad probationem.
Una prova è rilevante allorquando i fatti oggetto di essa siano utili e pertinenti ai fini della
decisione della controversia.
Nell’udienza del lavoro, il giudice (al termine dell’udienza o riservandosi) dovrà valutare
l’ammissibilità e la rilevanza delle prove costituende (le più rilevanti sono la testimonianza e
l’interrogatorio formale): se il controllo ha esito positivo, costui con ordinanza ammette i
mezzi di prova e fissa la data per l’assunzione della testimonianza o dell’interrogatorio
formale (cd. udienza istruttoria); se il controllo, invece, ha esito negativo, sempre con
ordinanza il giudice rigetta i mezzi di prova.
Nell’ambito del rito del lavoro, i poteri istruttori del giudice sono molto più accentuati.
L’art. 421 c.p.c. è particolarmente rilevante a livello pratico: tale norma consente al giudice
del lavoro di assumere, anche oltre i limiti di ammissibilità del Codice civile, ogni mezzo di
prova.
Detti limiti di ammissibilità riguardano prevalentemente la prova per testi (i limiti sono fissati
dall’art. 2721 e ss. c.c.): essi nell’ambito del processo del lavoro possono essere superati.
Un altro limite che può essere superato nel processo del lavoro è quello di cui all’art. 246
c.p.c. il quale prevede che non possa rendere testimonianza colui che ha interesse diretto
nella vertenza:
il giudice del lavoro può sentire testi che non potrebbero rendere testimonianza a norma
dell’art. 246 c.p.c. potendoli, tuttavia, soltanto interrogare liberamente.
Dall’interrogatorio libero il giudice può trarre soltanto “argomenti di prova”, ossia elementi di
valutazione di altri mezzi di prova.
Nel processo del lavoro regnano le prove atipiche.
Le prove “tipiche” sono quelle espressamente disciplinate dal legislatore; le prove “atipiche”,
invece, si sono formate nella prassi giurisprudenziale: non c’è nessuna disposizione
codicistica che le contempli.
La perizia stragiudiziale, ad esempio, è una prova atipica: a spese del lavoratore, costui si
reca dal medico legale, chiedendo la redazione di una relazione tecnica. Osservando la
prassi, appare impensabile incardinare una causa di lavoro