IL DOVERE DI MANTENIMENTO
I genitori hanno l’obbligo di mantenere i figli in proporzione ai loro redditi, anche se questi sono
maggiorenni, purché non siano economicamente indipendenti. Il mantenimento deve soddisfare le
esigenze del figlio e permettergli di conservare il tenore di vita goduto prima della crisi genitoriale.
Mantenimento dei figli maggiorenni
L'obbligo di mantenere i figli maggiorenni permane finché non raggiungono l'autosufficienza
economica, perché il genitori hanno la responsabilità alla realizzazione piena del figlio. Tuttavia, se
il mancato raggiungimento dell'indipendenza è imputabile al comportamento del figlio (ad esempio,
se non si impegna negli studi), l'obbligo potrebbe cessare. Il dovere di mantenimento, quindi, trova
un limite nel comportamento del figlio non autosufficiente.
Diritto di famiglia
Mantenimento diretto
In alcuni casi, il mantenimento può essere fornito in via diretta, ovvero il genitore che ospita il figlio
si occupa direttamente delle sue spese.
Assegno di mantenimento per la prole
Il giudice può prevedere che il mantenimento sia eseguito in via diretta, specie quando il regime di
affidamento implichi quotidianità nel rapporto con il figlio minore. Quando il mantenimento diretto
non copre tutte le esigenze, il mantenimento del genitore separato o divorziato è assolto con la
corresponsione di un assegno periodico (solitamente dato nelle mani del genitore presso il quale vi è
il collocamento prevalente). L’assegno periodico è quantificato in base ai seguenti criteri:
Le esigenze del figlio;
• Il contributo di ciascun genitore nei compiti domestici;
• I tempi di permanenza del figlio presso ciascun genitore (più tempo trascorso, maggiore il
• contributo richiesto);
Il tenore di vita che il figlio ha goduto durante la convivenza con entrambi i genitori
• (mantenendo uno stile di vita sobrio, evitando eccessi di lusso per preservare l'equilibrio con
i suoi coetanei);
Le risorse economiche di entrambi i genitori (art. 337-ter, c.c.).
• Diritto di famiglia
Lezione n. 8 (31 ottobre 2024)
Oggi esiste una pluralità di modelli familiari: oltre alle famiglie fondate sul matrimonio, l’ordinamento
riconosce anche le unioni civili e le convivenze di fatto.
La Legge Cirinnà: disciplina di unioni civili e convivenze di fatto
La regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e delle convivenze di fatto è stata
introdotta con la legge 20 maggio 2016, n. 76, nota come Legge Cirinnà.
Testo caratterizzato dalla presenza di un unico articolo diviso in 69 commi:
Commi 1 a 35: unioni civili
o Commi 36 a 49: convivenze di fatto
o Commi 50 a 65: contratti di convivenza
o Commi 66 a 69: aspetti economici
o
Ratio dell'intervento legislativo
La necessità di questa legge nasce:
1. Dall’esigenza di riconoscere giuridicamente le unioni tra persone dello stesso sesso, finora prive di
tutela specifica.
2. Dalla pressione dell’Unione Europea, che ha richiamato l’Italia affinché garantisse un quadro normativo
adeguato per queste coppie.
Con la Legge Cirinnà, le coppie dello stesso sesso possono formalizzare la loro unione attraverso un
apposito istituto, stante che il matrimonio presuppone la diversità del sesso dei nubendi. Inoltre, il
legislatore ha colto l’occasione per disciplinare anche le convivenze di fatto, una realtà già diffusa nella
società, ma priva di una regolamentazione chiara.
L’obiettivo era introdurre elementi di certezza giuridica in un contesto che, fino a quel momento, ne
era privo.
Critiche alla Legge Cirinnà
Uno dei principali punti di critica riguarda la scelta di disciplinare unioni civili e convivenze di fatto
all’interno dello stesso provvedimento, nonostante rispondano a esigenze diverse:
Unioni civili: nascono dall’esigenza di formalizzare un legame stabile tra persone dello
• stesso sesso, che, se potessero, si sposerebbero.
Convivenze di fatto: rappresentano una scelta volontaria e consapevole di chi decide di
• non formalizzare la propria unione, pur avendone la possibilità, poiché cercano di
sottrarre il proprio rapporto alla rigida disciplina del matrimonio.
Le critiche riguardano il fatto che includere le convivenze di fatto nella stessa legge delle unioni civili
potrebbe mortificare la volontà di chi sceglie di non vincolarsi con un riconoscimento formale. Le
coppie conviventi, infatti, non richiedono uno status giuridico equivalente a quello matrimoniale, bensì una
tutela che rispetti la loro autonomia. Tuttavia, una regolamentazione minima è comunque indispensabile,
per tutelare alcuni diritti sociali della coppia di fatto.
Diritto di famiglia
Unione Civile ️
Per costituire validamente un’unione civile, devono sussistere alcuni presupposti soggettivi, cioè requisiti
che riguardano la coppia:
Libertà di stato: nessuno dei due partner deve essere già coniugato (legato in altro matrimonio)
✅
o unito civilmente con un’altra persona.
Piena capacità di agire: entrambi devono essere maggiorenni e legalmente capaci.
✅ Assenza di vincoli di parentela, affinità o adozione: non possono unirsi civilmente persone legate da
✅
rapporti di parentela, affinità o adozione che costituirebbero un impedimento al matrimonio.
Assenza di condanne definitive per omicidio: non può contrarre un’unione civile chi è stato
✅
condannato in via definitiva per omicidio consumato o tentato nei confronti del coniuge o dell’unito
civilmente dell’altra parte.
Parallelismo tra matrimonio e unione civile
Dal punto di vista degli impedimenti, l’unione civile presenta forti analogie con il matrimonio: entrambe
le istituzioni prevedono limitazioni volte a garantire la legittimità dell’unione e la tutela degli interessi delle
parti.
Le unioni civili: definizione e procedimento di costituzione
Il legislatore non fornisce una definizione espressa di unione civile, ma si limita a disciplinarne la
costituzione e gli effetti. Tuttavia, è possibile considerarle una formazione sociale ai sensi degli artt. 2 e
3 della Costituzione, in quanto rappresentano uno strumento di tutela e realizzazione della
personalità per le persone dello stesso sesso che desiderano formalizzare legalmente la loro unione.
Procedimento di costituzione dell’unione civile
La Legge Cirinnà disciplina le modalità di costituzione dell’unione civile all’art. 1, commi 2 e 3, della
legge 76/2016. Possono costituire un’unione civile due persone dello stesso sesso, entrambe maggiorenni
mediante una dichiarazione resa di fronte all’ufficiale di stato civile, alla presenza di due testimoni.
L’ufficiale di stato civile registra l’atto di unione civile tra persone dello stesso sesso nell’archivio dello
stato civile, conferendo all’unione piena validità giuridica
Diritti e doveri reciproci delle persone unite civilmente
✨ ✨
A differenza del matrimonio, che prevede quattro doveri reciproci (art. 143 c.c.), la Legge Cirinnà ne
contempla solo due:
Assistenza morale e materiale: le parti si supportano reciprocamente sia dal punto di
vista affettivo che economico.
Coabitazione: le parti unite civilmente concordano insieme l’indirizzo della vita familiare e
la residenza comune, e ciascuno ha il potere di attuare indirizzo concordato.
Unione civile vs matrimonio Diritto di famiglia
Cosa manca rispetto al matrimonio?
Non è previsto il dovere di fedeltà
❌
Non è previsto il dovere di collaborazione nell’interesse della famiglia
❌ Nel matrimonio, ciascun coniuge conserva il proprio cognome e può decidere quale cognome
❤️
identificherà la famiglia. Inoltre, i figli possono ereditare entrambi i cognomi dei genitori.
Nell’unione civile, invece, le parti possono scegliere un cognome comune tra i propri, con cui
identificare la loro unione agli occhi della società (art. 1, comma 10, L. 76/2016), ma non vi è una
disciplina specifica per il cognome dei figli.
Perché non è previsto il dovere di fedeltà?
L’unione civile è considerata dall’ordinamento meno “importante” rispetto al matrimonio. La
Costituzione riconosce il matrimonio (art. 29 Cost.) come istituzione primaria, mentre l’unione civile ne
è una forma alternativa.
La scelta di non prevedere il dovere di fedeltà implica che, in caso di tradimento, l’ordinamento non
lo considera rilevante come nel matrimonio. Alcuni ritengono che questa differenza di trattamento possa
essere sospetta di incostituzionalità, in quanto crea una distinzione tra le due forme di unione che potrebbe
risultare ingiustificata. Il regime patrimoniale nelle unioni civili
✨
L’unione civile prevede un regime patrimoniale simile a quello del matrimonio. Infatti, in assenza di diversa
scelta, il regime patrimoniale ordinario è quello della comunione dei beni✨, proprio come accade
per i coniugi, a meno che le parti non sottoscrivano una convenzione patrimoniale per scegliere
la separazione dei beni ⚖️.
Oltre alla comunione dei beni, alle unioni civili si applicano anche le norme sul fondo patrimoniale e
quelle relative all'impresa familiare ️.
Il rimando alle disposizioni contenenti i termini "coniuge" e "coniugi"
La Legge Cirinnà stabilisce che, in generale, le disposizioni che contengono i
termini "coniuge" o "coniugi" (ovvero termini equivalenti) si estendono anche alle unioni civili ️.
Ovunque ricorrano:
In tutte le leggi
✅ Negli atti aventi forza di legge
✅ Nei regolamenti
✅ Negli atti amministrativi
✅ Nei contratti collettivi
✅ Il rimando ex art. 1, comma 20, L. 76/2016 non riguarda:
Norme del Codice Civile non espressamente richiamate dalla Legge Cirinnà.
Diritto di famiglia
Le disposizioni di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184 (disciplina dell'adozione e
dell'affidamento dei minori). La questione della stepchild adoption ️
Una delle questioni più dibattute riguarda la possibilità di adozione del figlio del partner all’interno di
una coppia omosessuale (stepchild adoption).
La stepchild adoption è l'ipotesi in cui, all’interno di una coppia omosessuale, il partner
possa adottare il figlio biologico o adottivo dell’altro, con cui la coppia convive, instaurando così
un rapporto di genitorialità giuridica con il minore.<
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