In pratica, sono fonti che hanno funzioni specifiche e operano in settori delimitati, senza modificare
il quadro generale dell’ordinamento, ma comunque vincolanti per i soggetti coinvolti.
2. Fonti del diritto dell’Unione europea
Il diritto dell’Unione europea si articola in due grandi categorie:
1. Fonti primarie:
Trattati istitutivi dell’UE (Trattato sull’Unione Europea, Trattato sul
o Funzionamento dell’Unione Europea).
Carta dei diritti fondamentali dell’UE.
o Queste fonti costituiscono il quadro fondamentale dell’ordinamento europeo e
prevalgono sulle leggi nazionali in caso di conflitto.
2. Fonti secondarie: atti adottati dagli organi dell’UE per disciplinare in dettaglio le materie
previste dai Trattati, come:
Regolamenti: hanno effetto diretto e sono vincolanti in tutti gli Stati membri senza
o bisogno di recepimento.
Direttive: vincolano gli Stati membri circa il risultato da raggiungere, lasciando
o libertà sui mezzi per realizzarlo.
Decisioni: vincolanti per destinatari specifici (Stati o individui).
o Raccomandazioni e pareri: non vincolanti, ma indicano indirizzi o interpretazioni.
o
In sintesi, le fonti UE creano un ordinamento sovranazionale, che ha prevalenza sul diritto
nazionale nei settori di competenza dell’Unione.
1. Concetto di riserva di legge e tipologie
La riserva di legge è un principio costituzionale secondo cui alcune materie possono essere
regolate solo da una legge formale dello Stato, cioè approvata dal Parlamento secondo la
procedura legislativa ordinaria.
Le principali tipologie di riserva di legge sono:
Riserve assolute: solo la legge può disciplinare la materia, senza possibilità di delegare ad
atti secondari o regolamenti.
Riserve relative: la legge stabilisce i principi e lascia agli atti normativi secondari (come i
regolamenti) il compito di dettagliare le modalità applicative.
Riserve rinforzate: richiedono una legge speciale, ad esempio con maggioranza qualificata,
perché la materia è considerata particolarmente rilevante.
2. Finalità delle riserve di legge
Le riserve di legge servono a:
Garantire il rispetto dei principi costituzionali, riservando al Parlamento materie delicate.
Assicurare certezza e trasparenza del diritto, evitando regolamentazioni arbitrarie da
parte dell’esecutivo o di autorità amministrative.
Salvaguardare diritti fondamentali e libertà dei cittadini, perché solo organi
democraticamente eletti possono intervenire.
3. Esistono riserve ad atti diversi dalla legge?
Sì. Alcune materie possono essere riservate non solo alla legge, ma anche a atti normativi con
specifica rilevanza, come:
Regolamenti parlamentari o ministeriali (per materie di organizzazione interna).
Atti amministrativi vincolanti in materie tecniche o di emergenza, purché previsti dalla
legge.
4. Differenza tra riserva assoluta, relativa e rinforzata
Assoluta: solo la legge può disciplinare, senza alcun intervento di regolamenti o atti
secondari.
Relativa: la legge definisce i principi, ma delega ad atti normativi secondari la disciplina
dettagliata.
Rinforzata: richiede una procedura legislativa più rigorosa (es. maggioranza qualificata),
perché riguarda materie particolarmente delicate.
5. Tecniche di rinvio a norme prodotte da altri ordinamenti
Esistono due tecniche principali:
Rinvio interno: la legge italiana richiama altre norme italiane, ad esempio di un altro
articolo o codice.
Rinvio esterno: la legge italiana richiama norme provenienti da ordinamenti stranieri o
sovranazionali, come regolamenti dell’UE o trattati internazionali.
Queste tecniche permettono di integrare e coordinare il diritto nazionale con norme esterne,
evitando duplicazioni e garantendo uniformità nelle discipline complesse.
1. Significato e funzione dell’interpretazione del diritto
Interpretare il diritto significa chiarire il significato e il contenuto di una norma giuridica, per
applicarla correttamente ai casi concreti. La funzione principale dell’interpretazione è quella di
risolvere dubbi sull’applicazione della norma, garantendo coerenza, certezza e giustizia
nell’ordinamento.
2. Interpreti del diritto e tipologie di interpretazione
Gli interpreti del diritto sono tutti coloro che applicano o spiegano le norme, come:
Giudici, che devono applicare la legge ai casi concreti.
Autorità amministrative, nel rispetto delle norme di loro competenza.
Avvocati e studiosi, che contribuiscono alla comprensione del diritto.
In base all’autore, distinguiamo:
Interpretazione giurisdizionale: effettuata dai giudici, vincolante per le parti del processo.
Interpretazione dottrinale: compiuta dagli studiosi, ha funzione persuasiva e orientativa.
Interpretazione amministrativa: svolta dalla pubblica amministrazione per applicare le
norme.
3. Interpretazione analogica
L’interpretazione analogica consiste nel riconoscere che una norma applicabile a un caso
specifico può valere anche per casi simili non espressamente previsti dalla legge. Si basa sul
principio di similitudine e serve a colmare lacune normative.
4. Limiti del ricorso all’analogia
Non sempre è possibile usare l’analogia:
Consentita in materie civili e amministrative, quando la legge non vieta espressamente
l’uso dell’analogia.
Proibita in materia penale, perché sarebbe contrario al principio di legalità (nullum crimen,
nulla poena sine lege), evitando che qualcuno sia punito per un fatto non previsto dalla
legge.
5. Significato del principio «iura novit curia»
Questo principio significa che il giudice conosce il diritto: le parti devono indicare i fatti, ma non
devono spiegare la norma applicabile; il giudice valuta autonomamente quale norma è pertinente al
caso concreto.
6. Criteri di interpretazione
I principali criteri sono:
Criterio letterale: interpretare secondo il significato delle parole della norma.
Criterio logico-sistematico: considerare la norma nel contesto dell’ordinamento e delle
altre norme.
Criterio storico: analizzare l’intento del legislatore al momento della redazione della legge.
Criterio teleologico: interpretare la norma in base alla finalità che il legislatore voleva
raggiungere.
7. Efficacia delle norme giuridiche nel tempo e nello spazio
Nel tempo: una norma entra in vigore secondo quanto stabilito dalla legge e può essere
abrogata o modificata. Alcune norme possono avere effetti retroattivi solo se la legge lo
prevede espressamente.
Nello spazio: una norma è generalmente vincolante solo nel territorio dello Stato che l’ha
emanata, salvo eccezioni come il diritto internazionale o le norme dell’Unione Europea, che
possono avere effetto diretto negli Stati membri.
1. Criteri per la risoluzione delle antinomie normative
Le antinomie normative si verificano quando due norme entrano in conflitto, imponendo
comportamenti incompatibili. L’ordinamento prevede alcuni criteri per risolverle:
Criterio della gerarchia: prevale la norma di grado superiore (ad esempio, la legge prevale
sul regolamento).
Criterio della specialità: prevale la norma speciale su quella generale.
Criterio della cronologia: prevale la norma più recente, a meno che non sia incompatibile
con norme di rango superiore.
Questi criteri servono a garantire coerenza e certezza del diritto, evitando conflitti pratici tra
norme.
2. Chi risolve le antinomie normative
In generale, sono i giudici a risolvere le antinomie nel caso concreto, applicando i criteri sopra
indicati. In alcuni casi, organi legislativi o amministrativi possono chiarire le norme, ma la
funzione principale di risoluzione pratica spetta al potere giudiziario.
3. Differenza tra abrogazione e annullamento
Abrogazione: consiste nella cessazione di efficacia di una norma valida, decisa da un
organo competente (di solito il legislatore) per ragioni politiche o legislative. È un effetto
prospectivo, cioè la norma cessa di produrre effetti dal momento dell’abrogazione in poi.
Annullamento: riguarda una norma viziata fin dall’inizio, ad esempio perché
incostituzionale o illegittima. Ha effetto retroattivo, come se la norma non fosse mai
esistita. L’annullamento può essere deciso da organi giurisdizionali (es. Corte
Costituzionale).
4. Differenza tra abrogazione e deroga
Abrogazione: la norma cessa di esistere e non può più essere applicata.
Deroga: la norma continua a esistere, ma temporaneamente o limitatamente viene sospesa
o modificata nella sua applicazione da un’altra norma successiva, senza eliminarla
definitivamente.
1. Rapporto tra Costituzioni moderne e diritti umani
Le Costituzioni moderne sono profondamente influenzate dal concetto di diritti umani, poiché
pongono al centro della loro organizzazione il rispetto della dignità, della libertà e dell’uguaglianza
di ogni individuo. In particolare:
Stabilendo diritti inviolabili (come la libertà personale, la libertà di espressione, il diritto
alla salute e all’istruzione), le Costituzioni garantiscono una protezione fondamentale contro
abusi di potere.
La Costituzione non si limita a riconoscere questi diritti, ma spesso ne disciplina anche le
garanzie, prevedendo strumenti di tutela giurisdizionale, come il ricorso ai tribunali o alle
corti costituzionali.
Le Costituzioni moderne integrano anche il diritto internazionale e sovranazionale,
riconoscendo la validità dei trattati sui diritti umani, che possono avere efficacia diretta o
essere utilizzati come parametro interpretativo per le norme interne.
In sostanza, i diritti umani costituiscono il fondamento dei principi costituzionali, orientando la
creazione e l’applicazione delle leggi.
2. Condizione giuridica dello straniero
La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge, tenendo conto della sovranità dello
Stato e dei principi costituzionali:
Lo straniero gode dei diritti fondamentali riconosciuti a tutti gli individui, come la tutela
della vita, della libertà e della dignità.
Tuttavia, alcuni diritti possono essere limitati in base alla cittadinanza, ad esempio il diritto
di voto o l’accesso a determinate cariche pubbliche.
La legge disciplina anche l’ingresso, il soggiorno e l’espulsione dello straniero, rispettando
però i limiti costituzionali e i trattati internazionali.
In Italia, la Costituzione garantisce l’uguaglianza formale tra cittadini e stranieri, ma la
disciplina specifica è affidata a leggi ordinarie e regolamenti amministrativi.
In sintesi, lo straniero ha una tutela giuridica pie
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