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LA SOCIETÀ SEMPLICE E LA SOCIETÀ IN NOME COLLETTIVO (II PARTE)

La società semplice e la s.n.c.

Amministrare la società significa compiere tutti gli atti strumentali per il conseguimento dell’oggetto

sociale. 28

Nelle società personali, in base all’art. 2257, in mancanza di una diversa clausola dell’atto costitutivo,

«l’amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri».

Questa regola deve essere coordinata con l’art. 2267, con la conseguenza che, nel silenzio dell’atto

costitutivo, tutti i soci illimitatamente responsabili hanno anche il potere di amministrare la società.

→Tuttavia, l’atto costitutivo potrebbe riservare tale potere soltanto ad alcuni soci.

Ogni socio può amministrare la società disgiuntamente dagli altri.

Amministrazione disgiunta (o disgiuntiva) vuol dire che ogni socio amministratore può, da solo,

decidere e compiere con terzi gli atti di amministrazione.

La legge, però, consente a ciascun amministratore di «opporsi all’operazione che un altro voglia

compiere, prima che sia compiuta» (art. 2257, c. 2).

L’opposizione, quindi, deve essere esercitata tempestivamente, altrimenti essa sarebbe inutile.

Nel caso di opposizione tempestiva, si determina un conflitto.

Il codice civile richiede che tale conflitto sia risolto da tutti i soci, compresi quelli non investiti del

potere di amministrare.

Infatti, l’art. 2257, c. 3, stabilisce che «la maggioranza dei soci, determinata secondo la parte

attribuita a ciascun socio negli utili, decide sull’opposizione».

Se l’opposizione è respinta, il socio amministratore potrà concludere l’operazione; altrimenti, egli

dovrà rinunziare.

Accanto all’amministrazione disgiunta, la legge disciplina l’amministrazione congiunta (art. 2258).

Di regola, l’amministrazione congiunta è all’unanimità: ciò implica che sia «necessario il consenso di

tutti i soci amministratori per il compimento delle operazioni sociali».

→Tuttavia, la società potrebbe adottare il modello dell’amministrazione congiunta a maggioranza.

L’art. 2258, c. 3, stabilisce un correttivo, consentendo al singolo socio amministratore di compiere —

da solo — atti di amministrazione, quando «vi sia urgenza di evitare un danno alla società».

Il potere di rappresentanza spetta ai soci amministratori in modo disgiunto o congiunto, a seconda

del modello di amministrazione prescelto, e concerne tutti gli atti che rientrano nell’oggetto sociale

(art. 2266, c. 2).

La società può limitare i poteri di rappresentanza degli amministratori: ad es., prevedendo che per

alcune tipologie di operazioni sia necessaria la c.d. firma congiunta.

La legge stabilisce (art. 2298, c. 2) che «le limitazioni non sono opponibili ai terzi, se non sono iscritte

nel registro delle imprese o se non si prova che i terzi ne hanno avuto conoscenza».

La nomina di nuovi amministratori è decisa dai soci a maggioranza, in base alle quote di

partecipazione agli utili.

La revoca di un amministratore designato nell’atto costitutivo richiede la presenza di una giusta

causa, senza la quale la revoca è inefficace (art. 2259).

La revoca di un amministratore nominato con atto separato produce effetto, ma l’amministratore

revocato senza giusta causa ha diritto al risarcimento del danno.

Nel caso di amministratore nominato nell’atto costitutivo, la revoca esige il consenso di tutti i soci.

Nell’ipotesi dell’amministratore designato con atto separato, invece, la decisione di revoca può essere

assunta a maggioranza.

Tra i diritti degli amministratori si pone, in primo luogo, quello al compenso: vale la presunzione di

onerosità stabilita dall’art. 1709.

Gli obblighi degli amministratori emergono dal richiamo delle norme sul mandato fatto dall’art. 2260.

Ciò vale, in primo luogo, per la diligenza da impiegare nello svolgimento dell’incarico di

amministrazione.

Il criterio della diligenza ha rilievo soprattutto ai fini della responsabilità degli amministratori. 29

«Gli amministratori sono solidalmente responsabili verso la società per l’adempimento degli obblighi

ad essi imposti dalla legge e dal contratto sociale» (art. 2260, c. 2). «La responsabilità non si estende

a quelli che dimostrino di essere esenti da colpa».

I soci non amministratori possono richiedere dai soci amministratori informazioni sullo «svolgimento

degli affari sociali».

In secondo luogo, i soci non amministratori hanno diritto di «consultare i documenti relativi

all’amministrazione.

Infine, i soci non amministratori hanno diritto di ottenere «il rendiconto quando gli affari per cui fu

costituita la società sono stati compiuti», ovvero al termine di ogni anno, qualora «il compimento degli

affari sociali duri oltre un anno».

È dubbio, invece, se i soci non amministratori possano impartire direttive vincolanti ai soci

amministratori.

La società in accomandita semplice

La caratteristica della s.a.s. è la presenza di due categorie di soci, gli accomandatari e gli

accomandanti.

Gli accomandatari «hanno i diritti e gli obblighi dei soci della società in nome collettivo» (art. 2318, c.

1): essi rispondono solidalmente ed illimitatamente per le obbligazioni sociali e possono amministrare

la società.

Gli accomandanti «rispondono limitatamente alla quota conferita» (art. 2313, c. 1), e non possono

assumere la posizione di amministratori.

L’atto costitutivo deve indicare in modo specifico quali sono i soci accomandatari e quali gli

accomandanti (art. 2316).

Gli accomandanti «rispondono limitatamente alla quota conferita».

I creditori sociali non possono chiedere il pagamento del proprio credito all’accomandante neppure

dopo aver escusso infruttuosamente il patrimonio sociale.

→L’unico obbligo patrimoniale dell’accomandante riguarda il conferimento.

Quello della responsabilità limitata rappresenta un beneficio: l’accomandante esercita attività

d’impresa rischiando di perdere solo i valori conferiti.

L’accomandante non può essere nominato amministratore né può compiere atti di

amministrazione.

Si parla, in proposito, di divieto di immistione (o di ingerenza).

Il codice instaura un nesso tra responsabilità illimitata e potere di amministrazione (si pensi alla regola

inderogabile dettata dall’art. 2267, c. 1, con riferimento alla s.s.).

→Soltanto chi rischia tutto il proprio patrimonio può amministrare

La posizione dell’accomandante è particolare nell’ambito delle società di persone.

Esistono situazioni in cui la s.a.s. può risultare il tipo sociale più vantaggioso per soggetti con

esigenze diverse: alcuni intenzionati ad esercitare direttamente l’impresa, rischiando tutto il

patrimonio, altri interessati soltanto a finanziarla, senza assumere rischi ulteriori.

→Si pensi, ad es., ad una società a base familiare, in cui il genitore riveste la qualifica di

accomandatario, ed i figli quella di accomandanti.

Quanto alla disciplina applicabile al tipo s.a.s., l’art. 2314 dispone che «la società agisce sotto una

ragione sociale costituita dal nome di almeno uno dei soci accomandatari, con l’indicazione di società

in accomandita semplice».

La legge vuole che i terzi possano individuare, già leggendo la ragione sociale, il socio sulla cui

responsabilità illimitata fare affidamento. 30

Tale esigenza sarebbe frustrata se nella ragione sociale fosse menzionato il nome di un socio a

responsabilità limitata, qual è l’accomandante.

L’art. 2314 stabilisce anche che «l’accomandante, il quale consente che il suo nome sia compreso

nella ragione sociale, risponde di fronte ai terzi illimitatamente e solidalmente con i soci

accomandatari per le obbligazioni sociali».

L’accomandante il cui nome figura nella ragione sociale perde il beneficio della responsabilità

limitata.

→Risponde pertanto anche per le obbligazioni che non sono scaturite dall’atto che egli compie

con il terzo.

L’art. 2318, c. 2, prevede che «l’amministrazione della società può essere conferita soltanto a soci

accomandatari».

Ciò non significa che tutti gli accomandatari siano anche amministratori della società.

Se nominati nell’atto costitutivo, per la loro revoca sarà necessario il consenso di tutti i soci

(accomandanti e accomandatari).

Qualora, invece, gli amministratori debbano essere nominati con atto separato, l’art. 2319 dispone

che sia per la nomina che per la revoca «sono necessari il consenso dei soci accomandatari e

l’approvazione di tanti soci accomandanti che rappresentino la maggioranza del capitale da essi

sottoscritto».

L’art. 2320 c.c. stabilisce il divieto di immistione (o di ingerenza):

«i soci accomandanti non possono compiere atti di amministrazione, né trattare o concludere affari in

nome della società, se non in forza di procura speciale per singoli affari».

Il divieto di ingerenza è assoluto sul piano dell’amministrazione interna, mentre è più flessibile sul

terreno dell’attività esterna.

Sul piano interno, «i soci accomandanti possono…, se l’atto costitutivo lo consente, dare

autorizzazioni e pareri per determinate operazioni e compiere atti di ispezione e di sorveglianza».

Sul piano esterno, l’art. 2320 permette all’accomandante di concludere affari spendendo il nome della

società.

Tuttavia, questo potere spetta all’accomandante solo in presenza di «una procura speciale per singoli

affari» rilasciata dagli amministratori.

Le conseguenze della violazione del divieto di ingerenza sono indicate dall’art. 2320, c. 1: «il socio

accomandante che contravviene a tale divieto assume responsabilità illimitata e solidale verso i terzi

per tutte le obbligazioni sociali e può essere escluso a norma dell’art. 2286».

Qual è la posizione della società, in caso di violazione del divieto di ingerenza?

In assenza di procura speciale per singoli affari, l’accomandante è privo del potere di

rappresentare la società.

Di conseguenza, l’atto dell’accomandante è un atto inefficace.

La società non sarà vincolata dall’atto compiuto dall’accomandante.

Ciò non significa che essa non possa comunque decidere di ratificarlo facendone così salvi gli effetti.

LA SOCIET&Ag

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A.A. 2024-2025
102 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher IgliShkukaa di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto commerciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara o del prof Brancati Francesco.