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DIRITTO COMMERCIALE

27.10.2021

Con l'espressione diritto commerciale si fa riferimento a una serie di discipline il cui fine conduttore è costituito dal regolare l'attività di impresa.

Nel nostro ordinamento quando si svolge un'attività di impresa colui che svolge questa attività è assoggettato a una disciplina peculiare che si affianca a quella che si applica ai soggetti del diritto privato e che in parte deroga a quella generale.

Siamo nel campo delle attività umane e concrete. Capire se una certa attività è o non è impresa serve per capire quale disciplina si applica a quella determinata attività e come essa è regolata. Se l'attività è impresa il diritto privato viene affiancato da quello commerciale, nel caso contrario.

Il diritto commerciale è un contenitore di norme che viene associato all'attività di impresa. Ad esempio, rientra nell'ambito del

dirittocommerciale la disciplina della concorrenza tra imprenditori, che si applica solo se l'impresa viene definita tale. L'attività che vincola alcuni profili del comportamento dell'imprenditore si applica solo se il soggetto esercita attività d'impresa.

Chi svolge un'impresa deve iscriversi nel registro delle imprese, tenuto dalla Camera di Commercio, e che è una sorta di "anagrafe" dell'attività imprenditoriale. I liberi professionisti, ad esempio, non sono tenuti a iscriversi.

La prima domanda che ci dobbiamo porre come apertura del diritto è: come faccio a sapere se una certa attività umana è o non è commerciale? Qualificabile come attività di impresa? Qual è il criterio che mi consente di stabilire quando c'è impresa o no?

La nozione di impresa però non è unitaria. Nell'unione europea il concetto è diverso da quello previsto dal Codice civile.

dell'attività economica si riferisce al fatto che l'attività deve avere come scopo principale la produzione o lo scambio di beni o servizi. In altre parole, deve essere finalizzata a generare un profitto attraverso l'offerta di prodotti o servizi sul mercato. - Il requisito dell'organizzazione si riferisce alla necessità che l'attività sia strutturata in modo tale da poter essere gestita in maniera ordinata e coerente. Ciò implica la presenza di una pianificazione delle attività, di una divisione dei compiti e di una gestione delle risorse. In sintesi, per essere considerata impresa, un'attività deve essere svolta in modo stabile e non occasionale, deve avere come obiettivo principale la produzione o lo scambio di beni o servizi e deve essere organizzata in maniera ordinata. Fonte: Codice Civile Italiano, Art. 2082

La economicità deve avere come fine la produzione di ricchezza. L'economicità lambisce lo scopo di lucro soggettivo, cioè l'arricchimento del soggetto che svolge l'attività. Per essere concreto un lucro è necessario che ci siano ricavi. Essa non si riferisce solamente a questo. L'economicità, infatti, non è riferita al risultato concretamente perseguito, ma ha a che fare con la programmazione di costi e ricavi da parte del soggetto che esercita l'attività, con l'obiettivo di fare in modo che i ricavi superino i costi. Se l'attività è pianificata per far sì che i ricavi superino i costi allora l'attività si autoalimenta dal punto di vista finanziario, al fine di produrre ricchezza. Autosufficiente/autoalimentarsi significa che il ciclo produttivo è tale da consentire a questa attività di stare sul mercato in autonomia grazie ai risultati ottenuti da esso.

Ciò è possibile solo programmando questo ciclo, tenendo conto del fatto che i ricavi devono sempre superare i costi (autofinanziamento).

Una attività ha scopo di lucro oggettivo se pianificata in funzione della realizzazione di ricavi superiori ai costi. Invece, il lucro soggettivo fa riferimento invece alla destinazione dell'utile prodotto dall'attività al detentore dell'attività stessa. Non tutte le attività finalizzate al lucro oggettivo prevedono la realizzazione di un lucro soggettivo: vi può essere anche un lucro oggettivo separato dal lucro soggettivo. Ad esempio, se io faccio il docente e il libero professionista, come docente sono pagato, senza avere costi produttivi per fare l'attività, quindi il saldo finale è positivo. Quindi ho lucro oggettivo, in quanto la mia attività è pensata per avere un lucro positivo a fine anno. L'utile che ricavo potrei destinarlo interamente ad

attività benefiche, non lo metto via quindi, non lo tengo per me, non c'è quindi lucro soggettivo, perché lo destino ad altre attività rispetto alle quali non ho un ritorno immediato. Svolgo l'attività di docente con finalità di lucro oggettivo ma senza quelle di lucro soggettivo. (ricordiamoci che è solo un esempio perché fare il docente non è attività d'impresa).

Ristoratore, proprietario di impianto balneare, ecc. in tutti questi casi si realizza l'utile ma questo non viene intascato ma viene devoluto ad enti benefici. Non c'è lucro soggettivo ma solo oggettivo. Non interessa che fine fanno i soldi prodotti, interessa che l'attività sia programmata per realizzare soldi. Per questo molte attività non profit sono attività di impresa, in quanto svolgono attività con scopo di lucro oggettivo ma il ricavato non viene destinato ai titolari.

dell'attività per il loro interesse patrimoniale, viene devoluto ad altre attività benefiche che costituiscono lo scopo dell'ente. - L'organizzazione, invece, ha a che fare con l'impiego dei fattori produttivi. L'attività deve compiere investimenti soprattutto in questo ambito. Diverso è il caso in cui viene fatto un investimento in un fattore produttivo, ovvero forza lavoro, macchinari e immobili. In questo caso si diventa organizzati e quindi si diventa imprenditori. Si può anche prescindere dall'investimento di materiali e investire in capitale umano. La legge italiana, secondo il Codice civile, afferma che le professioni intellettuali (quelle per le quali è necessaria l'iscrizione in un albo, ad esempio avvocati, commercialisti, ingegneri, architetti, etc.) non sono qualificate come attività di impresa (per ragioni storiche), ancorché possiedano tutti i servizi elencati dall'art. 2082. Tuttavia,

esse sono considerate tali secondo il diritto europeo. 03.11.2021

La legge dopo avere fornito la fattispecie generale impresa-imprenditore con l'art. 2082, opera una serie di distinzioni tra varie categorie di imprenditori. Quindi, quando ci si trova di fronte ad un'attività di impresa, bisogna poi capire di che tipo di impresa si tratta, questo perché la disciplina applicabile cambia a seconda del tipo di impresa in questione.

Es.: l'allevamento del bestiame e l'attività di ristorazione sono entrambe imprese, ma dal punto di vista giuridico sono diverse: la prima è un'impresa agricola, la seconda commerciale. Ciò è importante da sapere perché la disciplina applicabile non è la stessa; in particolare, alcune norme che si applicano all'impresa commerciale, non si applicano a quella agricola.

Per sapere il tipo di impresa di cui stiamo trattando, il discrimine è rappresentato dall'art. 2135.

Art. 2135.

( ).1

Imprenditore agricolo

È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.

Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine.

Chi non è imprenditore agricolo secondo quanto sopraccitato, è imprenditore commerciale.

Se le attività di produzione e di vendita (o di trasformazione) sono poste in essere dallo stesso produttore agricolo, esse non sono attività per loro natura agricole (attività per loro essenza agricole), ma essendo esercitate dallo stesso produttore, con l’utilizzo di materie prime ricavate dall’attività agricola, vengono considerate

dalla legge, comunque, attività agricole (attività agricole per connessione). Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano a oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge. Pertanto, una prima distinzione tra i vari tipi di impresa si basa sull'oggetto dell'attività esercitata. Chi può essere imprenditore? Nella maggior parte dei casi, ormai.

L'imprenditore non è più una persona fisica, ma un soggetto diverso da essa (ad esempio enti come associazioni, fondazioni, società, etc.). Questi soggetti possono essere imprenditori purché esercitino le attività rappresentate dall'art. 2082. Nella maggior parte dei casi la categoria degli imprenditori oggi è rappresentata dalle società, ovvero attività progettate per questo fine e con scopo di lucro soggettivo. È imprenditore colui il quale nome è espresso nell'esercizio dell'attività, ovvero quello utilizzato quando si stipulano gli atti attraverso cui si attua e si esercita l'attività. Giuridicamente parlando, esercitare un'attività vuol dire compiere tutta una serie di atti collegati l'un l'altro da uno scopo, che è quello, appunto, dell'esercizio dell'

Dettagli
Publisher
A.A. 2021-2022
77 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Scaud23 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto commerciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Centonze Michele.