Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
SEGNALAZIONE CERTIFICATA
DI INIZIO ATTIVITÀ
segnalazione certificata di inizio attività denuncia di attività,
La nasce con il nome di art.19
legge 241 del 1990. È uno degli strumenti principali di semplificazione del controllo pubblico
sull’attività economica privata e uno degli strumenti principali a rovescio dell’esercizio dell’attività
economica privata a fronte della PA.
I due istituti sono:
• art.19: legge sul procedimento amministrativo
• Art.20: silenzio assenso
hanno una loro logica, nascono affiancati
Art.19
Il legislatore sceglie di eliminare il potere autorizzatorio vincolato sull’esercizio dell’attività
economica privata ad esclusione di una serie di materie. Il ragionamento è che nel tempo si è
diffuso il controllo della PA su qualsiasi attività economica privata, anche quando queste attività non
comportano alcun rischio per gli interessi pubblici, ma la logica politica del tempo aveva portato a
questo controllo diffuso. A un certo punto il legislatore arriva a dire che ci sono una serie di attività
sottoposte all’autorizzazione, ma sono attività rispetto alle quali la PA non ha margine di scelta,
sono attività assoggettate ai requisiti che esistono o non esistono, quindi l’attività è un potere
vincolato, perché nel momento in cui i requisiti sono così dettagliati e suscettibili di accertamento
senza che ci sia margine di scelta e di valutazione autonoma in capo alla PA: siamo di fronte ad
attività risposto alle quali non c’è spazio per una valutazione autonoma, i cui requisiti per il cui
esercizio sono suscettibili di un semplice accertamento senza che si possa arrivare a conclusioni
diverse.
Ecco che il legislatore dice che non c’è ragione di gravare oltre misura sul privato facendogli
attendere tempi di rilascio del potere autorizzatorio, della burocrazia, siccome questi requisiti sono
suscettibili di un semplice accertamento, si fa fare:
• un passo avanti al privato che viene responsabilizzato: deve accertare da sé la sussistenza dei
presupposti;
• arretrare il controllo della PA: si elimina il consenso preventivo e si trasforma il potere di controllo
preventivo in un controllo successivo all’esercizio dell’attività.
Questa disciplina dei poteri di controllo successivi è mutata infinite volte nel tempo, così come è
aumentato lo spazio lasciato al privato quanto all’ambito delle attività che potevano essere
realizzate con la segnalazione.
Questo ha complicato molto il sistema a partire dal fatto che il legislatore del 1990, per sistemare in
modo logico e organico le cose dettate dalla norma generale “ogni atto di autorizzazione è, licenza
e autorizzazione, il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento di requisiti e presupposto
richiesti dalla legge, è sostituto dalla segnalazione dell’interessato”. Però poi affida a un
regolamento del governo il compito di individuare voce per voce le attività che potevano essere
esercitate con la semplice segnalazione, da la certezza ai privati che si trovano di fonte alla norma
generale accompagnata da una specifica azione importante e alle amministrazioni che devono
sapere se il provvedimento vincolante è stato eliminato o no (se non è stato eliminato l’attività del
privato è abusiva e va punita).
Abbiamo norme che hanno un contenuto generale, in prima battuta il legislatore si rende conto della
delicatezza della norma, perché una norma di questo genere facilita il privato ma gli rovescia la
responsabilità di capire se è dentro o fuori, quindi individua con un regolamento una tabella di
attività che ha creato problemi anche agli stessi organi detentori del potere regolamentare, i quali
dovevano cercare tutti i provvedimenti per sistematizzarli, questi erano lievitati nel tempo.
Passano tre anni e, in un periodo di crisi strutturale, nel 1993 legislatore si trova in situazione in cui
deve premere sull’attività privata e dice che non si può accontentare della tabella, per cui liberalizza
formalmente, cioè non fa più dipendere la presentazione della scia dal fatto che l’attività sia nella
tabella. Elimina le tabelle e resta solo la norma generale, questo amplia e favorisce l’esercizio di
attività economiche ma genera responsabilità maggiori per i privati e per la PA.
Succede che questo istituito viene usato da chi conta sul fatto che le PA poi non controllino,
approfittandone. Questo istituto non prende piede, l’obiettivo che il legislatore aveva di dare respiro
alla libertà di iniziativa economica non viene raggiunto: il legislatore capisce che se vuole che ci sia
un cambio di passo deve offrire delle certezze.
C’è il problema della certezza del diritto nell’individuazione delle fattispecie e di certezza dei risultati
raggiunti attraverso l’applicazione di questi istituti.
Il legislatore sceglie di dettare tante discipline speciali dell’inizio di attività nei vari settori economici
cruciali, in cui la disciplina è passibile di maggiore applicazione. Questi interventi speciali trovano
applicazione con pregi e difetti, in questo modo riesce a rispondere alla domanda di certezza,
questo però non sostituisce la norma generale (art.19) che resta vigente e applicabile, ad essa si
affiancano le norme speciali.
Abbiamo delle normative speciali che disciplinano l’inizio di attività in diversi settori e la norma
generale che liberalizza l’esercizio dell’attività economica salvo alcune materie.
Il problema della certezza del diritto continua a sussistere perché i privati che devono essere
affiancati da professionisti, temono le conseguenze del fatto che un errore sull’individuazione della
fattispecie, temono di non svolgere i compiti ai quali sono tenuti perché c’è un altro problema
costituito dalle attività realizzate con la scia, in cui non ci sono tutti gli elementi richiesti per
l’accertamento.
Scia
scia
La è un atto del privato, non più un provvedimento della PA, così si facilita l’attività privata ma
diminuisce la tutela del contro interessato.
Una disposizione che viene introdotta detta una serie di norme volte a facilitare l’esercizio
dell’attività privata a partire da questo modello.
Fatto è che con questi problemi arriviamo al 2016 in cui c’è una riforma generale che tocca gli art.19
e 20 l.241, in cui si cerca di ideare la disciplina generale sulla base della normativa europea.
Alla fine il legislatore, dopo aver dettato le norme che riguardano l’esercizio dell’attività in vari settori
cruciali dell’economia, accompagna la normativa generale con un allegato che contiene le tabelle
con l’indicazione del regime degli interventi privati in 3 materie: edilizia, commercio, ambiente.
Oggi l’applicazione di questo istituto è molto ampia ma il bisogno di certezza non riesce a venire
meno.
La semplificazione dell’esercizio dell’attività economica privata non significa certezza di risultati ma
sicuramente aggrava la responsabilità.
Con il tempo il legislatore preme su questi istituti per dare respiro all’economia e stabilisce che la
segnalazione è corredata dalle dichiarazioni sostitutive, che quando previsto debbano esserci le
attestazioni da parte dei tecnici… questo non toglie responsabilità ai privati, li appesantisce se non
c’è chiarezza della disciplina. Se invece la disciplina è chiara allora l’economia prende il volo. Il
privato si assume responsabilità maggiore quindi necessita di maggior assistenza da parte dei
professionisti, quindi ciò che sembra una semplificazione si manifesta in realtà come
un’appesantimento. È questa la ragione per cui ancora nel 2016 il legislatore applica le tabelle,
perché capisce che è l’unico modo per dare certezza, nonostante questo si ha comunque a che fare
con valutazioni tecniche da parte dei professionisti.
Il principio dovrebbe essere che i provvedimenti autorizzatori e vincolati sono emanati dal
legislatore, il quale mantiene la disciplina sostanziale dell’intervento ma ne affida la realizzazione al
privato, che si assume la responsabilità di verificare che i requisiti sussistano escludendo da questo
bacino generale le materie che coinvolgono gli interessi sensibili. Se non ho le tabelle mi devo
assumere responsabilità di dichiarate che si esercita una certa attività perché il provvedimento
autorizzatorio è stato eliminato in via generale dall’art.19, quindi devo accertare di non trovarmi nei
casi esclusi. Con questa aggravante che deriva dal fatto che nel corso del tempo il legislatore ha
gonfiato la norma facendo rientrare anche le attività i cui requisiti sono suscettibili di valutazione
tecnica.
Il privato se non ha le tabelle si muove nell’art.19, alla PA spettano i poteri successivi alla
presentazione della scia.
Poteri della PA successivi alla scia
controllo successivi
I poteri della PA sono di che hanno ad oggetto la sussistenza dei requisiti e il
presupposto per la realizzazione di quell’intervento, questi poteri sono stati modificati molto in
modo finalizzato a facilitare l’azione del privato e ridurre i tempi di controllo pubblico.
Oggi la disciplina è dettata da disposizioni di difficile interpretazione e conoscono molte variabili,
perché il legislatore con la legge del 2015 ha cercato di bilanciare gli interessi privati e pubblici con
un occhio di riguardo al principio stabilito del risultato ottenuto con la presentazione della scia.
Questo bilanciamento in cui si intende assicurare e rispondere alla domanda di stabilità dei risultati
ottenuti, porta a modulare i poteri che spettano alla PA a seconda del tempo in cui vengono
esercitati e abbiamo una distinzione generale tra:
1. Potere inibitorio vincolato
2. Potere inibitorio discrezionale
Potere inibitorio vincolato
1.
Primo periodo di 60g dalla presentazione della scia (ridotto a 30g per scia edilizia) in cui il potere
inibitorio di esercizio della PA è un potere vincolato, vuol dire che se PA nei 60g successivi alla
presentazione accerta l’insussistenza dei requisiti e\o dei presupposti, è tenuta a vietare l’attività, ad
emettere un provvedimento motivato di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli
effetti dannosi. Però, questo provvedimento motivato, non viene adottato se PA ritiene che sia
conformare l’attività,
possibile che significa assicurare in un secondo momento la presenza di quei
requisiti richiesti. Decorso il termine l&rsquo