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CAPELLI (MATRICE CHERATINICA)
I capelli sono composti al 65-95% di cheratina. Per il resto figurano acqua,
pigmenti, lipidi ed oligoelementi. La cheratina è una proteina ricca di cisteine,
che presentano gruppi SH, che a loro volta formano i ponti disolfuro. Questi ponti
vengono rotti ogni qualvolta si fa utilizzo di piastre o phon; poi lentamente si
ricostituiscono.
Si impiegano per indagare l’uso pregresso. Ma come arriva la sostanza nel capello? La sostanza assunta
raggiunge il sangue, si distribuisce, arriva ai capillari del cuoio capelluto, dove il flusso sanguigno cede
sostanze nutritive alle cellule del bulbo che costituiscono il capello. Tra le sostanze nutritive (proteine,
amminoacidi, …) figurano anche eventualmente quelle stupefacenti, che quindi entrano a far parte della
matrice del capello. Ma la sostanza può arrivare anche dal sudore o dal sebo e per contaminazione esterna.
In quest’ultimo caso si troverà sulla superficie del capello e non penetrerà nella matrice. Quando poi il capello
cresce, il segmento che portava con sé la sostanza esce dal cuoio capelluto; si ha quindi una sorta di
registrazione del consumo. E finché quel segmento è attaccato al cuoio capelluto, vi si può sempre accedere
per le analisi di interesse.
Il capello è una matrice nella quale una sostanza viene stoccata. Quindi anche in questo caso la sostanza non
è capace di distribuirsi e produrre un effetto. Pertanto non si può valutare una persistenza d’effetto né un
uso recente.
Si tratta di una matrice nella quale una sostanza viene stoccata, per cui può dare un’idea del consumo cronico
di tale sostanza. Questa verrà ritrovata su tutta la lunghezza del capello o comunque per il periodo
dell’assunzione. In alternativa il capello si può impiegare per valutare un consumo pregresso, quindi si
rileverà la sostanza nel segmento relativo al periodo di assunzione da parte del soggetto.
Il segmento prossimale è quello più vicino al cuoio capelluto ed anche quello più giovane/recente, mentre il
segmento distale è quello più lontano dal cuoio capelluto. Quindi, sapendo che in media il capello cresce di
1 cm al mese, se viene richiesto di valutare l’assunzione di una sostanza negli ultimi 3 mesi, si andrà a
prelevare un segmento prossimale della matrice lungo circa 3 cm. Il capello si può tagliare (il taglio deve
essere effettuato il più prossimo possibile al cuoio capelluto), non è necessario strapparlo poiché il bulbo non
è utile ai fini dell’analisi. Il resto del capello (dai 3 cm in poi) lo si può conservare per un certo periodo per
sicurezza, poi verrà smaltito.
Se il soggetto ha fatto uso recente (o è stato esposto) ad una certa sostanza 4 mesi fa, si analizza il segmento
che si trova ad una distanza dai 3 ai 4 cm, iniziando a misurare dalla porzione prossimale. In realtà anche 4-5
cm va bene, questo perché la crescita di 1 cm al mese è una misura media, che può non valere per tutti gli
individui. Perciò alla fine è meglio prelevare entrambi i segmenti.
Questo risulta importante ad esempio nel caso di una violenza sessuale, se il soggetto ha assunto o gli è stata
somministrata una sostanza. Se l’individuo si presenta dopo un periodo di tempo superiore ai 10-15 giorni,
quando i test su sangue e urina non sono più validi, si può procedere con l’analisi del capello.
Quindi, per riassumere, quando si utilizzano i capelli?
- In caso di valutazione di un consumo/esposizione pregressa (art. 119 CdS);
- In caso di valutazione di un consumo cronico (art. 119 CdS).
Quelle appena descritte sono analisi classiche. Talvolta però si
può procedere con un’analisi segmentale. In questo caso si valuta
il capello per piccoli segmenti (1-3 mm), per ottenere una
migliore accuratezza nei risultati. Questo può servire per
costruire un grafico (riportato a lato) con le varie lunghezze e le
concentrazioni della sostanza nel tempo. Ciò risulta utile per
sostanze che, oltre ad essere stupefacenti sono anche endogene, ad esempio il GHB; per cui si osserverà un
eventuale picco (curva gaussiana) che corrisponde al momento dell’assunzione di una sostanza
verosimilmente esogena.
Per il prelievo dei capelli, si deve tenere conto dei seguenti punti:
- Verificare della lunghezza dei capelli; ad esempio se viene richiesto di indagare l’assunzione di una
sostanza negli ultimi 3 mesi e il soggetto ha i capelli lunghi 2 cm, allora non si potrà procedere con il
prelievo oppure questo lo si effettua comunque, ma diventa importante segnalare il fatto;
- È preferibile la zona del vertice posteriore del capo, dove la crescita è più regolare; quindi non è una
questione estetica;
- In seguito al prelievo è importante riportare un’inequivocabile indicazione dell’estremità prossimale
della ciocca, per capire quale porzione impiegare per le successive analisi; generalmente la porzione
distale è più fine, ma ciò non è sempre vero (es. se ci si è appena tagliati i capelli), pertanto è
essenziale indicare con chiarezza quella prossimale;
- Annotare trattamenti visibili e riferiti dal soggetto, ad esempio le colorazioni e le decolorazioni; alcuni
trattamenti, in particolare le decolorazioni, possono alterare le concentrazioni della sostanza,
diminuendole fino a “negativizzare” il capello.
I capelli devono essere conservati in luoghi asciutti e bui.
ALTRE MATRICI CHERATINICHE
Oltre alle unghie, in assenza di capelli si può analizzare il pilizio. In particolare si possono indagare i peli
toracici (che sono la matrice più affidabile, poiché più regolare nella crescita e meno soggetta ad altri
fenomeni che si manifestano per altre), quelli ascellari, quelli pubici, delle gambe e della barba. Per lo più si
prelevano i primi tre. Infatti non tutti i peli sono uguali, anzi variano a seconda del distretto corporeo in cui
si trovano, in termini di morfologia, di crescita, … Inoltre, a differenza dei capelli, i pilizi hanno una crescita
ed un turn over irregolare; non crescono di 1 cm al mese, c’è un ricambio più veloce rispetto a quello dei
capelli. Pertanto non si analizzano determinati segmenti, bensì l’intera lunghezza. Per di più non si possono
effettuare l’analisi classica né quella segmentale, quindi il campione viene analizzato in pool, ovvero nella sua
lunghezza totale.
Il pilizio pubico risulta suscettibile a contaminazione urinaria. Si può quindi ottenere una sovrastima del
contenuto della sostanza nella matrice, poiché non è possibile distinguere fra quella interna al pelo e quella
depositata dall’urina nel tempo, che poi è stata inglobata dal pilizio. La sovrastima è data dal fatto che
nell’urina la sostanza è maggiormente concentrata (ng/mg) e pertanto si rileverà una quantità di tale sostanza
di molto superiore a quella presente all’interno del pelo (pochi ng/ml, a volte anche pg/mg).
Il pilizio ascellare invece risulta suscettibile a contaminazione batterica, sudorazione, deodoranti a base
alcolica, lavaggi frequenti, ... Si avrà in questo caso una possibile sovrastima o anche una sottostima del
contenuto di sostanza nella matrice, a seconda dei fenomeni che si manifestano.
Se dall’analisi del pilizio pubico, il risultato è positivo, si può dire che il soggetto ha fatto uso di quella
sostanza? Sì perché, a prescindere dal fatto che vi sia stata contaminazione urinaria o meno. la sostanza è
stata trovata. Tuttavia non si può dire se la quantità è compatibile con un uso cronico, eccessivo o moderato,
in quanto tale quantità potrebbe anche derivare dall’urina. Perciò da un punto di vista quantitativo non è
utile, ma da un punto di vista qualitativo sì.
Se invece il risultato delle analisi condotte su pilizio pubico è negativo, vuol dire che il soggetto non ha fatto
uso di una determinata sostanza. In particolare questo vale per l’alcol, dove il marker del consumo alcolico è
l’EtG (etilglucuronide), che figura anche nell’urina. Perciò può facilmente depositarsi sul pelo e, nel tempo,
essere incorporato oppure riassorbito dalla cute ed immesso nel pelo. Quindi il quantitativo di EtG può essere
falsato in caso di test positivo. Ma se il test è negativo, si può essere sicuri del non consumo della sostanza:
sicuramente non c’è stata contaminazione urinaria oppure, se c’è stata, l’urina non conteneva EtG; inoltre
non c’è stato incorporamento nel pilizio del metabolita.
Secondo il Consensus della Society of Hair Testing (SoHT), un risultato negativo all’EtG nel pilizio pubico è
utile (ed è la matrice più sensibile) per la determinazione dell’astinenza, in quanto anche un singolo uso di
alcol risulta positivo, proprio in virtù della contaminazione urinaria. Invece il pilizio ascellare (con gli stessi
valori di cut-off, ossia di valori soglia) non è utilizzabile per la determinazione dell’astinenza, in quanto l’EtG
può derivare anche dalla metabolizzazione dell’alcol dei deodoranti o dall’attività batterica o ancora dalla
produzione di sudore (favorisce la positivizzazione del test) o dai lavaggi frequenti, eccessivi (favorisce la
negativizzazione).
Inoltre nessuno dei due è utilizzabile per la determinazione del consumo cronico eccessivo (> 60 g/die). Difatti
in presenza di una quantità pari a 50 pg/mg di una sostanza rilevata nel pilizio pubico, si sarebbe indotti a
pensare che, trattandosi di un valore superiore a quello di cut-off (30 pg/mg), il soggetto assume in maniera
cronica alcol. Tuttavia non è così. Di quei 50 pg/mg non si sa esattamente quanti derivano dal pilizio e quanti
dall’urina, quindi sicuramente il soggetto ha bevuto ma non si può dire con quali frequenza e modalità.
Per quanto riguarda la contaminazione esterna del capello, come si fa ad escluderla? Uno dei metodi
impiegati per eliminare la contaminazione esterna è quello di lavare il capello con dei solventi (metanolo,
diclorometano, …) prima di analizzarlo, in modo da ripulirlo esternamente. È importante selezionare con cura
il solvente adatto, che deve pulire il capello e non estrarre la sostanza interna al campione. Un altro metodo
è quello di ricercare l’eventuale metabolita all’interno del capello, ad esempio l’EtG o la benzoilecgonina, in
quanto la sostanza, dopo essere stata assunta, è entrata in circolo, si è distribuita, si è metabolizzata ed infine
il metabolita è arrivato al capello. Si analizzano quindi i vari metaboliti e in particolar