CARATTERISTICHE
La banda tesa in cui i TP si trovano si contrae se la si sfiora con un dito ed è rigida, ma
normalmente non fibrotica poiché si ammorbidisce e si rilassa se si adotta il trattamento
appropriato, una modificazione che il tessuto fibrotico non può subire.
I muscoli che contengono i TP sono spesso dolorosi quando si contraggono e quasi
sempre dolenti se sottoposti a stretching. I muscoli che ospitano i TP vanno rapidamente
incontro ad affaticamento → si tratta quindi di muscoli accorciati ed affaticati che hanno
poca riserva energetica, quindi possono fare uno sforzo ma sarà molto breve.
SINTOMI
Il dolore miofasciale è proiettato dai TP in distribuzioni topografiche specifiche (area
bersaglio), caratteristiche di ogni muscolo.
AREA BERSAGLIO: schemi fissi, ma distribuzione casuale (non associata a SN) → non
sono riconducibili ai dermatomeri: non c’è un motivo per cui il dolore si irradia in quel
modo.
Il sintomo principale è il DOLORE. I TP innescano un circolo vizioso (dolore → aumento
di tono → altro dolore) e quasi mai si disattivano se non vengono trattati adeguatamente.
Il modo in cui un TP trasmette il dolore in un punto distante potrebbe comprendere
meccanismi neurologici; Langevin e Yandow ipotizzano che le strutture fasciali siano il
mezzo di trasmissione di tali sensazioni. L’esordio del dolore può essere brusco (sforzo eccessivo) o graduale (sovraccarico
cronico). 20
Il dolore è aumentato da:
• •
Uso intenso del muscolo. Infezioni virali e periodi di marcata tensione
nervosa.
• Allungamento passivo del muscolo. • Esposizione ad una corrente fredda (st. con
• Pressione sul TP. muscolo affaticato).
• Posizionamento del muscolo affetto in • Applicazioni fredde continuamente poste sull’area
accorciamento per un periodo prolungato del TP.
• Contrazione protratta o ripetuta.
• Clima freddo e umido.
Il dolore è diminuito da:
• Breve periodo di riposo.
• Lento, continuo allungamento passivo dei muscoli coinvolti: anche se fa male si è visto che in realtà serve.
• Calore umido applicato al TP (doccia o bagno): tutto ciò che è caldo fa bene al paziente (sono consigliati un bagno/la
doccia).
• Brevi periodi di attività leggera con movimento (non dalla contrazione isometrica).
• Una specifica terapia miofasciale: inizialmente il massaggio terapeutico e poi l’autotrattamento, ma anche gli
aggiustamenti posturali.
Sintomi+segni:
• •
Vasocostrizione localizzata. Limitata ampiezza del movimento (> al mattino e
dopo periodi di iperattività o immobilità durante il
• Sudorazione. giorno).
• Lacrimazione. • Disturbi del sonno (pressione su TP).
• Salivazione ed attività pilomotoria. • Depressione (quando il dolore è cronico).
• Disturbi propriocettivi.
• Rigidità e debolezza dei muscoli coinvolti.
DIAGNOSI
La diagnosi è posta se sono soddisfatti i 5 criteri maggiori ed almeno uno dei minori.
CRITERI MAGGIORI:
• Sintomo riferito di dolore muscolare loco-regionale.
• Limitazione dell’ampiezza del movimento muscolare.
• Fascio di fibre muscolari contratte e dolenti (bandelletta o nodulo palpabile) in un muscolo accessibile.
• Punto di grande dolorabilità all’interno del fascio di fibre contratte (trigger point).
• Dolore riferito a distanza, evocato dalla palpazione del punto trigger o del fascio di fibre contratte.
CRITERI MINORI:
• Comparsa di una risposta di contrazione locale (segno dello scatto) a seguito della palpazione del punto trigger o
dell’infissione di un ago nel fascio di fibre contratte.
• Fascia tesa palpabile e dolente del muscolo accessibile.
• Alleviamento del dolore allungando il muscolo.
VALUTAZIONE
• Mobilità e postura del paziente.
• Segni cutanei.
• Test di compressione: in paziente che si presenta con dolore miofasciale percepito solo durante i movimenti (non a
riposo), la compressione del muscolo che effettua tale movimento, durante il movimento stesso, previene la
proiezione del dolore.
• Adeguata palpazione con distensione ottimale del muscolo per palparvi le bandelette contratte → il paziente deve
avere il muscolo che viene valutato in posizione rilassata.
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Il test di palpazione può essere:
• A PIATTO: è usata quando il muscolo può essere premuto sotto l’osso
sottostante.
• PINCER: è utilizzata quando entrambi i lati del muscolo sono accessibili;
in questo modo il ventre del muscolo può essere preso tra le dita.
• A SCATTO: è utilizzata in presenza di TP sotto forma di molteplici
cordoncini (corde di violino).
La PPT (Pressure Pain Threshold) è la minima forza applicata che induce dolore.
Questa misura è la più utile nella valutazione dei sintomi dei TP.
Applicare il ragionamento clinico per identificare:
• Schemi di uso scorretto, uso eccessivo. • Cambiamenti locali nei muscoli e altri tessuti
• Squilibri posturali. molli.
• Muscoli posturali accorciati. • Limitazioni articolari.
• Muscoli indeboliti. • Squilibri muscolari nella deambulazione,
• Quadri di coordinazione scorretta. respirazione.
Controindicazioni per il trattamento manuale:
• •
Trauma acuto del muscolo con ematoma. Infezione.
• •
Problemi circolatori locali e sistemici (ulcere, Lesioni cutanee.
trombosi). • Paziente non collaborante.
• •
Ridotta coagulazione. Colpo di frusta in fase acuta.
• Tumore.
TRATTAMENTO
TRATTAMENTO MULTIMODALE:
• Massaggio, compressione ischemica, “release” da pressione, ed altri interventi sui tessuti molli. L’evidenza per un
sollievo immediato dal dolore è moderata/elevata.
• Uso di ago a secco nei TP (dry needling). Ha mostrato benefici clinici, ma sono necessari ulteriori studi di conferma.
• Terapia con laser, che ha mostrato una forte evidenza di efficacia per il sollievo dal dolore.
• Elettrostimolazione transcutanea e magnetoterapia, con evidenza moderata di effetti immediati.
• Esercizio terapeutico, che ha mostrato un beneficio moderato (es, stretching, potenziamento, resistenza o
coordinamento).
• Terapia con ultrasuoni, con debole evidenza.
TECNICHE MANUALI:
• COMPRESSIONE ISCHEMICA: compressione fatta con un dito in modo da essere più specifico possibile; arrivo
all’intensità di dolore che il paziente riesce a tollerare e man mano che il dolore cala aumento la pressione il tutto
massimo per 2 minuti. Eseguo pressione sul TP aumentando gradualmente la pressione fino a trovare la barriera
tissutale; la pressione viene mantenuta fino a quando non sento un rilasciamento della barriera e a questo punto
aumento la pressione. Di solito si accompagna a una diminuzione di dolore da parte del paziente (“sta spingendo meno
di prima?”). Questo avviene grazie a due effetti:
- Meccanico: la pressione del dito allunga il sarcomero, facendo tornare alla posizione normale la struttura del
sarcomero, che dalla pallina diventa allungata.
- Chimico: la pressione ischemica crea un’area di ischemia (microlesioni tissutali), quando rilascio il dito il flusso
sanguigno che arriva rimuove i cataboliti e porta ossigeno alle fibre → proprio perché sono microlesioni tissutali, il
giorno dopo il paziente ha spesso dolore.
• STRETCHING LOCALE: movimento minuscolo delle mie dita, a malapena si vede il movimento (porto prima il muscolo
in allungamento).
• STRETCHING TERAPEUTICO: stretching di tutto il muscolo.
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• MET: contrazioni isometriche che producono un rilassamento per influenza degli Organi tendinei del Golgi e poi faccio
stretching. Quando un muscolo viene contratto isometricamente, il suo antagonista sarà inibito e mostrerà un tono
ridotto immediatamente dopo questo → pertanto, l'antagonista di un muscolo accorciato, o gruppo di muscoli, può
essere contratto isometricamente per ottenere un grado di facilità e un potenziale di movimento aggiuntivo nei tessuti
accorciati.
Esempio di utilizzo del MET su una cervicalgia classica:
- Trapezio superiore: SB (side-bend) controlaterale, flessione e rotazione omolaterale.
- Mi fermo appena prima di trovare la barriera tale per cui non riesco più andare avanti → il paziente non deve sentire
dolore, solo una leggera tensione.
- Il paziente spinge con circa il 20% della forza (no dolore).
- Questa contrazione isometrica viene mantenuta per 7-10 s, poi nel rilassamento aumento passivamente il SB e
mantengo questa nuova posizione di stretching per 30 s.
- Il tutto ripetuto per 3-5 volte.
• SCS (rilasciamento posizionale): tecnica manuale passiva per far diminuire il dolore e la disfunzione; pressione sul
TP fino a quando non produco una risposta nocicettiva, a questo punto porto il muscolo in una posizione di
detensionamento. In questa posizione si deve avere una riduzione del dolore di almeno 70%. Posizione mantenuta
circa 30-60 s e ripetuta 3-5 volte.
• INIT (tecnica di inibizione integrata neuromuscolare): MET + IC + SCS. Associando i metodi di inibizione diretta
(pressione applicata moderatamente, in modo continuo o intermittente) con il concetto di SCS e MET, si dovrebbe
ottenere uno specifico bersagliamento dei tessuti molli disfunzionali. Si esegue compressione, seguita da
rilasciamento posizionale locale e contrazione isometrica e infine stretching.
• RELEASE MIOFASCIALE: manipolando la fascia quando questa perde elasticità (può essere un generatore di dolore)
piuttosto che il TP stesso.
• MANIPOLAZIONE: la manipolazione di un segmento provoca rilassamento nel muscolo innervato da quella radice (ad
esempio la manipolazione C3-C4 diminuisce la PPT del trapezio superiore).
• SPRAY AND STRETCH: anestesia locale e poi stretching.
DRY NEEDLING:
Secondo Wall e Melzac (1989), quasi l’80% dei TP si trova esattamente nelle stesse posizioni dei punti noti dell’agopuntura
impiegati dalla medicina tradizionale cinese. Il dry needling (puntura con ago a secco) è una terapia «alternativa» che prevede
l’inserimento di aghi per agopuntura nella cute e nei muscoli allo scopo di trovare i punti di attivazione miofasciale → si inserisce
l’ago nella zona trigger e si deve andare con movimenti perpendicolari (no movimenti rotatori) su e giù con l’ago. Questa è una
delle metodiche che viene applicata quando il dolore non passa in altri modi. L’ultima legge che è uscita in Italia afferma che
su suolo italiano i fisioterapisti non possono effettuarla, siccome viene vista come una terapia invasiva e quindi deve essere
effettuata dal medico.
AUTO-TRATTAMENTO:
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