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PIER BOURDIEU – HABITUS, APPARTENENZA DI CLASSE,
DISTINZIONE SOCIALE E PRATICHE DI CONSUMO
PIER BOURDIEU è un sociologo contemporaneo nato in Francia nel 1930. Fu importante perché creo una
divisione tra i sociologi (filone bourdiesiani e non bourdiesani). Studia filosofia in Francia e ultimata
l’università parte per l’Algeria (colonia francese). Svolge in Algeria il suo impegno militare e proprio questa
parte (rivoluzione degli algerini e parte militare) risulterà fondamentale per i suoi studi e si rivolgerà così agli
studi sulle scienze sociali. Approdato ad Algeri come secondo alla cattedra di francese nell’università della
città, inizierà poi a studiare in modo sociologico una piccola regione, ovvero la Cabilia. È una regione molto
povera e arretrata, con un’economia agraria ai limiti della sussistenza. Tornato in Francia, diventa poi un
noto intellettuale. Muore nel 2002. La ricezione (come il mondo intellettuale recepisce l’opera di un autore)
del suo lavoro ha avuto varie vicende, a seconda di quali testi sono stati tradotti per primi. In Italia i primi
testi tradotti riguardavano l’educazione, quindi dagli intellettuali italiani, Bourdieu è stato accolto come un
sociologo dell’educazione. In Inghilterra, il primo testo tradotto era “La distinzione. Critica sociale del
gusto”, quindi Bourdieu è stato accolto come un sociologo della cultura.
In realtà Boudieu è un grande classico nel senso che è stato un grande teorico. Si è preoccupato di affrontare
i problemi più profondi e radicali della sociologia.
Prospettiva della realtà sociale di Bourdieu:
Il punto di partenza è come funziona la nostra attenzione, la coscienza umana.
Per esempio, ci chiediamo cosa stiamo facendo adesso. La risposta è “prendere gli appunti”. Poi ci
chiediamo il perché. La risposta è che ci servono informazioni per studiare. Perché? Per passare l’esame, ecc.
Mentre ci facciamo queste domande non siamo più in grado di prendere gli appunti perché siamo distratti da
un’altra questione.
Quello che ci dice Bourdieu è che quando cerchiamo di fare teoria/osservare qualcosa, per come è fatto
l’umano, dobbiamo tirarci fuori da quel qualcosa. Se vogliamo riflettere su un oggetto, noi dobbiamo
prendere le distanze da quest’oggetto, ovvero dobbiamo chiederci lo scopo di quell’oggetto, ecc. come
nell’esempio. Ma se ci tiriamo fuori da quell’oggetto/azione, non facciamo più quell’azione. Bourdieu
definisce questa azione con “atteggiamento scolastico”, che è l’atteggiamento di colui che produce teoria,
che rivolge uno sguardo teorico/scolastico ad aspetti reali. Nel momento in cui assumiamo un atteggiamento
scolastico, noi smettiamo di agire (es. ragionarci a bocce ferme. Le bocce devono fermarsi).
Bourdieu prende questo concetto di atteggiamento scolastico da un filosofo del linguaggio inglese, Austin.
Egli parlava dell’atteggiamento scolastico dei linguisti. Se prendiamo un dizionario e scegliamo un termine,
ad esempio “campo”, troviamo una serie di significati possibili che può prendere una parola. Se impariamo a
memoria il dizionario francese e le regole grammaticali della lingua, quando andiamo in Francia è probabile
che non riusciamo a parlare correttamente perché non impieghiamo il senso dei termini nel modo corretto
con cui vengono impiegati in quella lingua (es. un inglese che parla italiano spesso sbaglia parole perché
possono avere più significati e il modo in cui parliamo in italiano è diverso).
Generalmente, quindi, accade che l’atteggiamento scolastico e il tirarsi fuori osservando dall’esterno
permette si di raccogliere analiticamente degli elementi/caratteristiche dell’oggetto che stiamo osservando,
però, al contempo, ci fa perdere qualcos’altro. Ci fa perdere la natura pratica/senso pratico con cui le presone
che agiscono concretamente portano avanti determinate azioni. L’atteggiamento scolastico ci fa osservare
delle cose, ma queste cose non ci restituiscono il senso pratico collegato ad esse. Ad esempio, possiamo
studiare libri di teoria del tennis, ma poi quando ci troviamo sul campo non sappiamo giocare. 48
Il problema, secondo Bourdieu, è che per operare l’allontanamento scolastico, del soggetto dal proprio
oggetto di studio, c’è bisogno di soddisfare alcune condizioni. Bisogna agire a “bocce ferme”, bisogna
ragionare con calma e tirarci fuori. Per fare teoria bisogna toglierci e spostarci di lato. Questo spostamento a
lato spesso viene scordato dal teorico. Il teorico è uno che è portato a rimuovere il suo atteggiamento
scolastico (rimuovere = rimozione psicanalitica, viene messo nell’inconscio e se ne scorda) e non si rende
conto che si è spostato a lato. Questa rimozione dell’atteggiamento scolastico nei teorici è un problema per
Bourdieu ed è causa di vizi/difetti della teoria. Scordarsi dell’essersi spostati a lato dell’oggetto di studio è un
problema perché tendiamo a considerare il “dizionario” (tornando all’esempio) come la lingua parlata,
tendiamo a considerare il lavoro teorico come la realtà. Dimentichiamo il fatto che il “dizionario” è una
rappresentazione puramente teorica e che in essa viene a smarrirsi l’elemento pratico, in questo caso, della
lingua parlata.
In sintesi: per osservare un qualsiasi oggetto dal punto di vista teorico non possiamo fare altro che
distanziarci da esso (spostarci a lato, esempio del riflettere su cosa stiamo facendo, problema dell’attenzione
dell’uomo). Per fare teoria bisogna tirarsi fuori dall’oggetto di studio. Il mettersi a lato, osservare dall’alto e
tirarsi fuori, che viene chiamato atteggiamento scolastico, viene rimosso (dimenticato) e seppellito
nell’inconscio del teorico e, quindi, il teorico è portato a pensare che la descrizione che lui produce sia in
realtà coincidente con l’oggetto stesso. Ma non si accorge che in realtà ha perso e gli è sfuggita la
dimensione essenziale dell’oggetto di studio che è la sua dimensione pratica. Il teorico ha una grande
conoscenza analitica, geografica (sa tutti gli elementi di un oggetto e li combina) ma nella sua descrizione
sparisce l’elemento pratico.
Secondo Bourdieu, in tutta la sociologia prima di lui era stata rimossa la condizione scolastica dei teorici
sociali. Questi teorici hanno fatto una produzione incredibile su tanti aspetti della realtà sociale, ma hanno
dimenticato l’aspetto pratico.
L’esito di questa rimozione (dell’essersi scordati di trovarsi in una condizione scolastica) è il fatto che la
teoria sociale si trova per Bourdieu in una situazione dualistica, ovvero la teoria sociale si trova spaccata in
due, oscilla incessantemente tra due poli:
- Da un lato, si dice che la realtà sociale è il prodotto di un’azione individuale. Esistono gli
individui, quindi la realtà sociale non può che essere prodotta dalla loro azione libera. Questo polo
(realtà sociale costituita e prodotta dagli individui), quindi, si chiama polo soggettivista. Vuol dire
che il mondo sociale, così come lo conosciamo (leggi, linguaggi, consuetudini, …), è libera azione
individuale. Combinandosi, poi, creano la realtà sociale. Queste teorie soggettiviste ritengono che la
realtà sociale sia frutto di libere azioni individuali (libertà e creatività degli individui).
- Dall’altro lato, vi è il polo oggettivista (ad esempio Durkheim che ci dice che la nostra azione è
condizionata, noi siamo costretti da strutture sociali che vengono prima di noi e ci influenzano,
come istruzione, leggi e regole. Funzione coercitiva nei confronti dell’individuo).
Secondo Bourdieu, quindi, tutta la realtà sociale, tutti gli approcci sviluppati a partire dai classici, continuano
ad oscillare tra questi due poli: soggettivismo e oggettivismo. A seconda che vengano introdotti elementi
soggettivisti oppure oggettivisti, la realtà oscilla tra questi due poli (oscillazione tra chi è nato prima tra gli
individui e le strutture sociali).
L’idea di Bourdieu è che questa situazione di stallo (soggettivismo – oggettivismo) dipende dalla rimozione
dell’atteggiamento scolastico. La rimozione di questo atteggiamento smarrisce la natura pratica dell’oggetto
di studio, ma in cosa consiste questa natura pratica del sociale? La natura pratica del sociale consiste
nell’essere al contempo libertà e condizionamento. L’elemento pratico che viene rimosso
dall’atteggiamento scolastico è sia un elemento di libertà di decisione degli individui che un elemento di
coercizione degli individui stessi. Sociale per Bourdieu è un termine che include questi due termini
antinomici: nel sociale ci sono al contempo libertà e condizionamento. (Un esempio è: il prof insegna
sociologia a Verona nel corso di servizio sociale per diventare assistenti sociali. Gli iscritti sono quasi tutte
donne ogni anno, che provengono da scienze umane. È una certa regolarità. Ci deve essere un elemento che
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spinge quella categoria di persone a iscriversi a servizio sociale, ma la scelta è libera. Nessuno costringe a
iscriversi queste ragazze. La cosa curiosa, quindi, è che coloro che si iscrivono sono sempre ragazze con lo
stesso background sociale e scolastico. C’è un misto di libertà (nessuno le ha costrette) ma c’è un elemento
che le spinge a farlo). È quindi tipico del sociale combinare libertà e coercizione.
“Habitus” di Bourdieu:
Il problema di Bourdieu è, quindi, elaborare una teoria sociale che non sia dualistica, ovvero una teoria
sociale che permetta di andare oltre ai due poli (soggettivista e oggettivista) con cui l’atteggiamento
scolastico aveva condotta la teoria sociale. La sua proposta è di liberarci dall’oscillazione e di capire che il
sociale sia composto da questa contrapposizione. Questo problema rappresenta l’inizio del ragionamento
dell’opera di Bourdieu, che inizia già in Algeria.
Il termine con cui Bourdieu cerca di risolvere il problema della compresenza tra libertà e condizionamento è
HABITUS. Secondo lui, la sociologia non si occupa di individui e persone in carne ed ossa, ma il pensiero
sociale deve studiare l’habitus. L’habitus è qualcosa che abbiamo dentro di noi e fa parte della nostra natura.
Essere individui sociali vuol dire possedere un proprio habitus.
Definizione di habitus = è un capitale disposizionale. È un capitale, un insieme di disposizioni. Essere
disposti è un termine felice e chiaro, perché se si di