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L’abbattimento di boschi e foreste per disporre di nuovi terreni
coltivabili (e per il pascolo) ha gravi effetti sul clima del pianeta
(in primis la riduzione di ossigeno). Esistono dei limiti naturali
allo sfruttamento delle risorse oltre i quali l’ecosistema non è
più in grado di stabilizzarsi; tuttavia non è facile calcolare la
capacità di carico degli ecosistemi, di molti dei quali non è nota
la soglia di non ritorno. È stata formulata una nuova teoria
basata sul concetto di impronta ecologica (Wackernagel):
“Superficie di territorio ecologicamente produttivo – terra e acqua –, nelle sue diverse categorie, che è necessaria per
fornire tutte le risorse di energia e materia consumate da una popolazione e per assorbirne gli scarti, data la sua attuale
tecnologia, indipendentemente da dove il territorio è situato”. L’impronta ecologica dell’umanità, come evidenziato
dal grafico, ha superato la capacità di carico della Terra. Come al solito, ciò è dovuto principalmente all’utilizzo
eccessivo dei Paesi industrializzati (un canadese utilizza mediamente un’impronta ecologica di 5 ettari, mentre
la superficie pro‐capite terrestre disponibile è di 1.5 ettari; un italiano ne consuma 4,2 ettari).
Un’altra causa del degradamento del suolo sono i rifiuti. Per certe categorie di organismi questi diventano cibo
(microorganismi decompositori). In un ecosistema non esiste materia che non venga riutilizzata. L’uomo è
l’unica specie che altera l’equilibrio tra organismi produttori e distruttori di rifiuti, creandone di difficilmente
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degradabili (prodotti non esistenti in natura come la plastica), che prevedono tempi di decomposizione
lunghissimi. I rifiuti da noi prodotti costituiscono una vera e propria minaccia per gli ecosistemi naturali. Per
questo la gestione integrata dei rifiuti rappresenta una delle più importanti attività nella tutela dell’ambiente
e delle risorse disponibili. Il consumismo conduce a un parallelo aumento dei rifiuti. L’Europa, per coniugare
una gestione sostenibile, utilizza una strategia nota come “Le 5 R”:
1. Raccolta: effettuata dal cittadino separando i rifiuti per categorie.
2. Riciclo: le industrie e i canali di distribuzione trasformano i rifiuti in risorse.
3. Riuso: atteggiamento mentale e culturale che prevede la capacità di ricollocare beni ancora utilizzabili.
4. Riduzione: effetto globale delle fasi precedenti.
5. Recupero: in alternativa all’uso della discarica, attraverso la combustione dei rifiuti, si può produrre energia
termica ed elettrica.
Per ecosistema s’intende “un complesso dinamico di comunità di piante, animali e microorganismi e il loro ambiente
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non vivente, che interagiscono come un’unità funzionale”. Le innumerevoli forme e quantità di forme di vita
presenti in tutti gli ecosistemi costituiscono la biodiversità. L’uomo deve la propria sopravvivenza e il proprio
benessere ai servizi che naturalmente vengono forniti dagli ecosistemi. La diversità biologica è sottoposta
continuamente ad un processo di erosione. Le cause di tale depauperamento sono principalmente la
devastazione degli habitat naturali (in conseguenza a megaprogetti, opere pubbliche, miniere, etc) e
l’invadenza tecnologica ed economica protesa a sostituire la diversità con l’omogeneità in agricoltura,
silvicoltura, allevamento degli animali e pesca. La diffusione delle monocolture è un aspetto distintivo
dell’attuale globalizzazione del commercio. Il progressivo impoverimento della biodiversità determina una
sequenza di reazioni a catena: la fine di una specie determina la scomparsa di altre con cui è collegata tramite
catene alimentari. La tutela della biodiversità garantisce all’uomo benefici immediati legati ad un valore diretto
della natura (risorse quali legna, cibo, piante medicinali, acqua, etc.) e ad un valore indiretto (mantenimento
degli equilibri climatici locali e planetari e degli equilibri idrici e gassosi, fonte di materiale di studio per i
diversi meccanismi biologici, valori ricreativi e culturali). È vero che fino ai giorni nostri l’homo sapiens
sapiens selezionava piante e animali in maniera artificiale, forzando la natura, tuttavia ciò veniva fatto
seguendo le logiche della natura stessa (accoppiamento di animali o piante della stessa specie e successiva
selezione dei discendenti più promettenti). Oggi però, con le biotecnologie, si è giunti alla realizzazione di
varianti che in natura sono impossibili. Per esempio si può inserire in una pianta un carattere presente in un
batterio, che la rende resistente ad un fungo o ad un insetto.
È complessivamente aumentato nel mondo il divario di reddito tra i Paesi ricchi (Nord) e i Paesi poveri (Sud).
1/5 della popolazione mondiale vive al di sotto della soglia di povertà. Inoltre si è registrata una crescita del
divario all’interno degli stessi Paesi ricchi. La percentuale di popolazione che “soffre la fame” è diminuita
leggermente ma non tanto da compensare gli aumenti di popolazione (in Africa 1/3 della popolazione è
denutrita). Modesti progressi si sono registrati anche per quanto riguarda l’istruzione primaria e
l’alfabetizzazione nei Pvs. Per quanto riguarda la mortalità infantile (sino ad un anno di età) i progressi
compiuti sono ben lontani da quelli auspicati (tassi prossimi al 63%). Discorso analogo vale per la mortalità al
di sotto dei 5 anni (intorno al 90% nei Pvs); le principali cause sono la diarrea, le infezioni respiratorie acute e
il morbillo. La mortalità dovuta a tali cause nei Paesi industrializzati è 300 volte minore e pertanto la colpa
risiede nel sistema sanitario. Nei Paesi in via di sviluppo sono ancora numerose le morti causate da Aids,
malaria (principalmente nell’Africa sub‐sahariana) e tubercolosi. La globalizzazione economica sta però
permettendo rapidi sviluppi in molti Paesi arretrati: nonostante i problemi sociali ed etici ad essa connessi, la
crescita esponenziale della Cina e dell’India a partire dagli anni ’90 è innegabile e dipende in buona parte dal
commercio internazionale e dall’arrivo di investimenti esteri. Le popolazioni più povere sono invece
sostanzialmente escluse dai processi di globalizzazione. Negli ultimi due secoli la produzione economica
mondiale è incredibilmente aumentata: chi pone realmente dei limiti oggi è l’ambiente. Una crescita globale è
ancora possibile, ma deve prevedere investimenti nella sostenibilità, che permettano di utilizzare tecnologie e
pratiche in grado di conciliare ricchezza e tutela dell’ambiente. 7
2 Definizione di ecosistema nella Convenzione sulla Biodiversità Biologica approvata all’Earth Summit del ’92.
L’efficienza energetica può essere considerata come una nuova forma di energia. L’abbattimento complessivo
delle emissioni di gas alteranti può essere conseguito attraverso il ricorso a misure di efficienza energetica. Nei
Paesi europei in cui sono stati introdotti obiettivi vincolanti si sono avuti risultati promettenti. Va inoltre
sottolineata la totale assenza di monitoraggio e valutazione. Vi è una necessità di potenziare le risorse dedicate
all’attività di ricerca e sviluppo tecnologico. Anche per l’Italia gli scenari energetici attribuiscono al settore
dell’efficienza energetica un ruolo centrale nel contenimento della domanda energetica, nell’attenuazione
della dipendenza energetica e nella riduzione degli impatti ambientali. Il piano d’azione italiano per
l’efficienza energetica del 2007 prevede una serie di interventi coinvolgenti i principali settori e quantifica i
corrispondenti risparmi energetici al 2016. Gli obiettivi del piano sono stati estesi al 2020. Per il settore
residenziale le misure di miglioramento si riferiscono a edifici e apparecchi. Nel settore dell’industria le misure
riguardano l’illuminazione degli edifici e dei luoghi di lavoro, gli azionamenti elettrici. Per il 2020 si
aggiungono interventi specifici per la riduzione dei consumi dei forni elettrici in siderurgia e i risparmi di
calore nei settori della chimica, del vetro, della ceramica e della carta. Nel settore dei trasporti le azioni
riguardano l’introduzione di limiti di consumo per i nuovi autoveicoli e per il trasporto pesante, pneumatici
a bassa resistenza di rotolamento, lubrificanti a bassa viscosità e altro.
La popolazione dell’Africa ha ormai sorpassato il miliardo di abitanti. Secondo i dati presenti nelle tabelle
dell’ultimo rapporto del Population Reference Bureau, potrebbe giungere a 2 miliardi e 399 milioni entro il
2050. Certamente l’Africa rappresenta un vero e proprio mix Trend della popolazione mondiale
delle tantissime preoccupazioni che incombono sul futuro
dell’intera umanità e il quadro che emerge dalla lettura dei
dati riguardanti le previsioni demografiche aiuta a
comprendere l’impronta antropogenica sui sistemi naturali e
gli effetti che essa produce, rispetto alla vivibilità e
praticabilità del nostro stesso futuro. Anche Cina e India
presentano alti tassi di incremento demografico. In poche
parole: stiamo diventando troppi. Questo comporta un
aumento della domanda (e quindi dei consumi) spropositata.
La domanda di carne, uova e prodotti caseari è andata
significativamente incrementandosi nei Paesi in via di
sviluppo, particolarmente in quelli di nuova industrializzazione, come, per esempio, la Cina. Questo porta ad
una intensificazione della zootecnia: la zootecnia intensiva produce un alto livello di rifiuti, uno straordinario
utilizzo di acqua e di terra, gioca un ruolo significativo nella perdita di biodiversità, contribuisce al
cambiamento climatico con le emissioni del 18% dei gas serra globali; inoltre l’allevamento del bestiame
costituisce una delle maggiori cause di deforestazione. Purtroppo la zootecnia è solo una delle tante attività
antiambientaliste che si intensificano a causa del complessivo aumento demografico. Le sfide che un futuro
sostenibile ci pone sono veramente enormi e, purtroppo, gli andamenti attuali, come abbiamo visto nel caso
specifico del consumo di carne a livello mondiale, stanno andando stock
Collasso degli di
nelle direzioni opposte a quelle ragionevoli e logiche. È
indispensabile dichiarare apertamente una serrata lotta allo
spreco e al consumismo che incrementano le nostre “impronte”
sul pianeta creando gravissimi problemi ambientali e di
ingiustizia sociale. Molti dei problemi alimentari che incombono
sul nostro futuro potrebbero essere in gran parte risolti attraverso
questa battaglia. Non è solo l’attuale situazione alimentare che si
va deteriorando, ma anche lo stesso