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Tempo della pena: tra attesa e routine, come si vive in carcere?
De nire le temporalità della detenzione:
Ci sono duo momenti che costituiscono la temporalità del carcere:
- Attesa:
Attendere è un supplemento della pena, perche restituisce le dinamiche di potere nel carcere.
L’attesa comunica una gerarchia di potere, in quel momento io che entro subisco unadegradazione di stato, divento oggetto nelle mani dell’istituzione che mi gestisce, mi daindicazioni e mi impone delle pratiche (è un istituzione totale come dice Go man).
L’attesa è cio che viviamo nel momento in cui il detenuto viene arrestato. L’arresto: signi cafermare, interrompere tutte le relazioni e la quotidianità. C’è un passaggio alla routine del carcere.
#Quale teorico associate l’espressione “prigionizzazione”? Klenner
Istituzione totale, Go man
Concetto di prigionizzazione, Klenner
Go man e KlennerChi entra in carcere per un evento viene indirizzato nelle sale polivalenti, spazi destinati ad eventi collettivi, spettacoli teatrali in carcere, cene (cene galeotte). Hai accesso a uno spazio (una parte), che però scelgono loro, mostrano solo quello che vogliono. Potrai vedere solo i detenuti che sono stati scelti, quelli più collaborativi e meritevoli.
Il dato quantitativo mi dice che in carcere ci sono partite di calcio, il dato qualitativo mi dice come si svolgono le partite, cosa avviene, come vengono gestite le dinamiche con i tifosi, come esultano i detenuti…
L'ingresso in carcere: ci parla di attesa. Già dall'ingresso noi percepiamo il non senso dell'esperienza di detenzione. All'ingresso c'è una camera detentiva per i detenuti che ancora non sono stati schedati che potrebbero anche essere innocenti (è una camera di passaggio, di attesa).
E le sezioni più dolorose in carcere sono proprio le sezioni giudiziarie.
ovvero luogo dove vengono collocati i detenuti in attesa di giudizio. L'attesa e la routine hanno una funzione, ma non una funzione rieducativa. L'attesa comunica chi ha potere in carcere. Se per esempio il detenuto ha un colloquio con il professore, il detenuto si mette in attesa, la quale diventa progettazione, cosa gli dirò quando verrà qui per quei pochi minuti? Quel tempo che da atro al tempo di detenzione. Pagina 38 di 51 -Routine: Pensando al tempo pensiamo al passato, presente e futuro. Il passato è il reato che il detenuto ha commesso, ma per il detenuto il passato è la normalità relazionale. Perché il passato viene cancellato, il futuro è ocato e la mente centra l'attenzione sul presente. L'esperienza di detenzione non consente una rielaborazione critica del passato né una proiezione sul futuro, ma schiaccia la persona sul presente, sulla pena. -Ritorno: Art 27 della costituzione: il carcere dovrebbeTendere alla risocializzazione del condannato. Questo è il senso del ritorno. Rieducare in parte è sbagliato perché il 60% dei detenuti ha ottenuto al massimo la licenza elementare, quindi parlare di rieducazione non ha molto senso. In qualche modo ci fa carpire che il carcere è contenitore di marginalità, una discarica sociale di persone che non hanno avuto opportunità educative. Bisogna offrire opportunità a queste persone che le sono state negate in contesti sociali svantaggiati. Il problema si pone quando abbiamo una precoce fuoriuscita dai percorsi scolastici, questo significa contrastare le carriere criminali. È importante dare un senso al tempo della detenzione, perché spesso la persona fuori viveva un tempo privo di significato. Da operatore sociale interessa la persona che avvia un percorso di responsabilizzazione che riflette sul suo agire ed è in grado di progettare un futuro. Resistere all'effetto devastante del lento.
scorrere del tempo:
Ho iniziato a studiare spinto dalla voglia più che altro di non buttare via il tempo, non è che avessi una motivazione forte all'obiettivo laurea... secondo me in buona parte dei casi i ragazzi che decidono di iscriversi all'università lo fanno soprattutto per tenersi impegnati, poi in alcuni casi subentra il piacere per lo studio e quel desiderio di migliorarsi. E se qui dentro si riesce a migliorare, in buona parte si migliora nonostante il carcere e non grazie al carcere.
Penso che senza studiare sarei impazzito... io sono un attivo, ho sempre lavorato. A tenere dentro un detenuto senza dargli altri strumenti, si ha solo una bestia in gabbia che si incattivisce... Ho paura della depressione, che il mio cervello si fermi, studio anche per questo: perché ci sia "cibo" per la mente.
Ogni esame ti dà più forza ed il tempo ti vola. Ogni volta che davo un esame erano passati due mesi, la mia giornata era piena, non avevo tempo.
per niente altro. E poi era un modo per restare ancorato alla realtà esterna... vedendo professori, studiando, restando aggiornato su ciò che avveniva fuori.
Lo studio crea un ponte tra il dentro e il fuori.
Lo studio agisce sul detenuto e lo trasforma. Una persona decide di intraprendere il percorso universitario per vantaggi, ma al tempo stesso notiamo un cambiamento in questa persona. Lo studio, l'informazione produce cambiamento. Lo studio può svolgere una funzione di azzeramento dell'istinto aggressivo.
Lo studio produce un passaggio di status (da detenuto a studente), dallo strato sociale più basso a più alto.
Lo studio come relazione: con se stesso, con i docenti, con il tutor, con le istituzioni, con la società: la libertà.
Si esperiscono, in tal modo, momenti di libertà in anticipo rispetto ai tempi della pena. È del pensiero che inizia a recuperare l'uomo e lo restituisce alla società nella sua nuova veste di
studente. Questo fa recuperare la distanza tra il carcere e la società. Detenuto come studente. Queste cose l'assistente sociale deve saperle perché fa cambiare le relazioni. Le persone che rimane ancorato col suo essere detenuto si relazionerà con altri detenuti fuori e dentro il carcere. Se agisco sulle reti relazionali gli offro delle possibilità di fuoriuscita dalla vita deviate, interrompo la carriera deviante. Studiando, mi sono preparato ad uscire. In questi anni, per non avere gap tra fuori e dentro. Ho cercato di mantenere rapporti con i professori, li sento quando sono in permesso. Questo mi ha tenuto un legame tra l'illogicità del carcere e la logicità dell'esterno. Ho sempre lottato perché il legame non si spezzasse. Naturalmente ho avuto momenti di scoramento, ma sono stato supportato (sempre dall'esterno) e li ho superati. Per noi detenuti sono importanti le piccole cose, noi ampli.
Chiamo tutto e diamo importanza a tanti piccoli dettagli. Questa conversazione è piacevole perché rompe la monotonia e mi dà un contatto con l'esterno, mantiene il legame con la realtà esterna, tanto meglio se può essere di aiuto a conoscere. Dire che in carcere c'è tanto tempo è sbagliato perché quando il detenuto entra in carcere il suo tempo si ferma. Entra nel tempo dell'istituzione. Quando esce una persona non sa più cosa è un cellulare. Questo ritardo alimenta i tassi di recidiva, perché la persona non è pronta a ritornare in società e il compito dell'assistente sociale è quello di ridurre la distanza tra il dentro e il fuori, promuovendo un servizio di inclusione sociale (ad esempio con lo studio universitario). Ripartire da questa "relazione" per a rancarsi da quella cultura patibolare che continua ad essere elemento distintivo del carcere.
• Capitolo 7: Formazione, comunità e
carcere: un nuovo orizzonte per la rieducazione. "Educare non riempire un secchio, ma accendere un fuoco." Partiamo dal contesto: la mancata riforma e il nuovo sovra ollamento. Che cosa sono gli stati generali dell’esecuzione penale? Nel primo paragrafo parla della mancata riforma e il nuovo sovra ollamento, ovvero la riforma degli stati generali dell’esecuzione penale del 2016. È un tentativo di riforma, nessun istituzione ha subito cosi tante riforme come il carcere, per continuare a non funzionare e non svolgere una funzione di rinserimento sociale. Gli stati generali dell’esecuzione penale hanno fatto una radiogra a del contesto penitenziario, coinvolgendo un numero di esperti (come decenti universitari, garanti comunali..) per ri ettere sullo stato dei penitenziari. È una ri essione articolata in tavoli (18). Si sono messi in evidenza i limiti e i de cit del penitenziario, e dall’altro delle possibilità trasformative, ma quello cheè mancato è lo sforzo attuativo. Individuato limiti e soluzioni che peronon sono stati attuati.Si sono prese in esame tutte le dimensioni della vita penitenziaria. C'è la volontà di davvero cambiare la cultura della pena ed aprirsi alla cultura della riparazione, rieducazione, responsabilizzazione del soggetto.Cosa ha portato a questa mancata riforma? L'assenza di una volontà politica che vada nella direzione, ridefinizione della pena detentiva, non interessa.Stati generali dell'esecuzione penale:- Tavolo 1:...- Tavolo 18:L'orizzonte della rieducazione dopo gli Stati generali- ducia incontro giustiziaPer poter davvero attivare una nuova cultura della pena va messo al centro il penitenziario come oggetto di studio, ma andando oltre una prospettiva carcero centrica.• Capitolo 9:#Che cosa significa fare trattamento penitenziario? Quali sono gli elementi che compongono il trattamento penitenziario? Gli elementi sono:La s daeducativa in un'istituzione totale:
- attività risocializzanti e di osservazione
- il lavoro in ambito detentivo
- la formazione culturale e professionale
Pagina 40 di 51fi fi fi fi fifi fi fl ff fi ff ff fi fl
Liberata Di Lorenzo ci parla anche di:
- il detenuto: utente suo malgrado:
Spesso il detenuto non iscritti in percorsi di trattamento, subisce gli effetti di oggettivazione, quindi una piena esplorazione del sé.
- la motivazione al cambiamento:
Fare in modo che la persona diventi artece e attore del cambiamento. Superi questa schiacciatura sul presente e si apra al futuro, progetti.
- la cura delle relazioni: è fondamentale quindi curare le relazioni. Attivare dall'interno delle relazioni significative che possono proiettare la persona detenuta nella società.
- sicurezza e trattamento:
GOT: gruppo di osservazione e trattamento: l'assistente sociale fa parte di questo gruppo e l'osservazione è molto importante nel penitenziario, a vo