SPASTICITÀ
La più comune definizione di SPASTICITÀ fu avanzata da Lance (1980): la spasticità è un disordine motorio caratterizzato da
un aumento velocità dipendente dei riflessi tonici da stiramento (tono muscolare) con riflessi tendinei esagerati, risultante da
un’ipereccitabilità del riflesso da stiramento come una componente della sindrome del motoneurone superiore. Presenta
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molti punti critici che sono stati ampiamente discussi in letteratura e tra questi consideriamo: disordine motorio e velocità
dipendente.
Una nuova definizione venne data da Pandyan nel 2005: disordine del controllo sensori-motorio, risultante da una lesione del
motoneurone superiore (primo motoneurone), che si presenta come una intermittente o sostenuta attivazione involontaria del
muscolo → una definizione più clinica.
La spasticità è il prodotto dell’attivazione sbilanciata dei sistemi discendenti. La spasticità non compare all'inizio ma tra la
prima e la sesta settimana non in tutti i pazienti. Si ritiene che la sindrome spastica nell’uomo sia un insieme complesso di
condizioni cliniche, tra cui un tono muscolare eccessivo (ipertono), alterazioni della proprietà dei muscoli, un’eccessiva
attività riflessa e oscillazioni muscolari → la spasticità non è solo l’ipereccitabilità del riflesso da stiramento ma è un insieme di
processi che non ci permette di svolgere quel tipo di movimento. Lesioni a livello di insula, talamo, nuclei della base e tratti
della sostanza bianca adiacente (capsula interna, corona radiata, capsula esterna e fascicolo longitudinale superiore) sono
significativamente associati a spasticità dell’arto superiore dopo stroke.
Segni e sintomi che possiamo trovare in un paziente con spasticità elevata:
• Aumento dell’intensità del riflesso da stiramento.
• Aumento del tono a riposo: la resistenza alla mobilizzazione passiva aumenta progressivamente con l’aumentare dello
stiramento, e l’arto riprende la posizione iniziale appena viene lasciato libero.
• Abnorme irradiazione: strategia a cui il malato deve ricorrere quando gli viene richiesta una prestazione a cui non è in
grado di far fronte in quel momento.
• Eccesso di co-contrazioni.
• Alterazioni del timing di attivazione muscolare.
• Presenza dominante o prepotente di schemi di movimento primitivi, più o meno stereotipati e scarsamente efficienti
(sinergie patologiche).
In seguito alla lesione cerebrale viene sostanzialmente a mancare il controllo centrale sul nostro corpo: emergono riflessi
patologici e involontari che ostacoleranno il recupero funzionale che, se non adeguatamente trattati, i pazienti impareranno a
muoversi solo attraverso questi movimenti stereotipati (cioè non modulabili in base all’attività, sempre uguali a se stessi) e
globalizzati (che interessano cioè tutte le parti del corpo coinvolte dal riflesso, e non solo quelle funzionali all’attività).
Semplificando, gli schemi di movimento patologici sono:
• In flessione per quanto riguarda l’arto superiore: mano chiusa a pugno, gomito flesso, spalla retratta.
• In estensione per quanto riguarda l’arto inferiore: piede in flessione plantare, ginocchio esteso.
PRINCIPALI PATTERN DI SPASTICITÀ:
• Capo: flesso lateralmente in direzione del lato plegico e ruotato in modo che la faccia sia rivolta verso il lato sano.
Spesso nelle fasi acute il capo è in iperestensione che spinge sul lettino.
• Arto superiore: scapola è retratta e il cingolo scapolare depresso. La spalla è addotta e intraruotata. Il gomito è flesso
con pronazione dell’avambraccio. Il polso è flesso con deviazione ulnare. Le dita sono flesse e addotte. Il pollice è
flesso e addotto.
• Arto Inferiore: l’anca è estesa e addotta. Il ginocchio è esteso. Il piede è flesso plantarmente in inversione. Le dita dei
piedi flesse e addotte. 15
Fisioterapisti e i pazienti hanno due concezioni diverse della spasticità, i primi sono spesso favorevoli alla sua comparsa
mentre i pazienti sono più propensi a interpretarla come un problema da curare. Ma entrambi si trovano estremamente
d’accordo nel concordare che la spasticità è meglio della flaccidità.
ASWORTH MODIFICATA:
• 0: nessun aumento del tono muscolare.
• 1: lieve aumento del tono muscolare, con blocco (sensazione di resistenza) alla fine del ROM in flessione o estensione.
• 1+: lieve aumento del tono con blocco minore del 50% dell’arco di movimento.
• 2: modesto aumento del tono muscolare, con blocco maggiore del 50% con ROM completo.
• 3: notevole aumento del tono muscolare ROM ancora completo estremamente difficile e con notevole impiego nel
tempo.
• 4: segmento rigido in flessione o in estensione.
Buono strumento clinico soprattutto per le misurazioni ripetute dallo stesso operatore, ma ha diverse limitazioni perché è
operatore-dipendente, c’è scarsa affidabilità ed è poco sensibile. Usata dal 75% dei clinici.
TARDIEU:
• 0: assenza di riflesso da stiramento.
• 1: leggera resistenza per tutta la durata del movimento passivo, con nessuna chiara “cattura” in nessun angolo
specifico.
• 2: il movimento passivo è interrotto ad uno specifico angolo da una chiara “cattura” seguita da rilasciamento.
• 3: clono esauribile entro 10 secondi, quando viene mantenuta la tensione che comare ad uno specifico angolo.
• 4: clono non esauribile (durata superiore ai 10 secondi), quando viene mantenuta la tensione che compare ad un
angolo specifico.
• 5: rigidità articolare.
L’Indice di Tardieu è una scala di valutazione soggettiva. La qualità della scala è tuttora in discussione. Usata dal 15% dei
clinici. In questa scala si fanno tre diversi movimenti a tre diverse velocità: lenta rispetto alla gravità, uguale alla gravità, più
veloce rispetto alla gravità.
Studio: La maggior parte dei partecipanti ha riferito che l'utilizzo di misure di esito valide e affidabili per valutare la spasticità
era importante (91,1%). Tutti ritenevano che la spasticità dovesse essere valutata da professionisti della riabilitazione e l a
maggior parte ha indicato che dovesse essere valutata da più di un professionista. La maggior parte dei rispondenti (92,2%) ha
riferito di utilizzare più modalità di trattamento per la spasticità.
Il terapista dovrebbe:
• Formulare ipotesi sulla reazione causale tra problema principale del paziente e reazione associate attraverso
l’osservazione e la manipolazione.
• Scegliere un compito appropriato e pertinente per il conseguimento dell’obiettivo.
• Riconoscere quali componenti cambiano e rendere possibile il conseguimento dell’obiettivo.
• Creare un ambiente idoneo.
• Manipolare il paziente per correggere l’allineamento.
• Informare il paziente in modo da prevenire le reazioni associate imparando controllare i loro inneschi attraverso
un’attenzione focalizzata.
EFFETTI DEL BOTULINO:
• I risultati del nostro studio confermano che la struttura muscolare cambia dopo iniezione di tossina botulinica e che
gli effetti a lungo termine devono essere meglio definiti.
• La tossina botulinica non può essere utilizzata in fase acuta o subacuta: se c’è ancora via di uscita non si fa il botulino
se no quel muscolo non lo recuperiamo più.
• Effetti avversi correlati all’iniezione ripetuta di tossina botulinica sono l’atrofia muscolare e la degradazione ossea.
Poco è scritto su queste conseguenze, a volte erroneamente attribuite alla natura involutiva della patologia.
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• Il nostro esperimento dimostra che 2 iniezioni di tossina botulinica a distanza di 3 mesi causano una profonda e
persistente perdita della funzione muscolare e alterano la struttura muscolare apportando modificazioni quali la
transizione del tipo di fibre e l’accumulo di grasso.
• Tra il primo e il sesto mese, la forza dei muscoli trattati con tossina BTX-A (vasto laterale, retto femorale, vasto mediale)
riducono la loro forza dell’88 %, 89 %, 95 %, così come si riduce la massa muscolare del 50 %, 42 %, 31 %. La perdita
della componente contrattile è sostituita da grasso. Risultati simili di indebolimento si sono riscontrati nel quadricipite
controlaterale e in muscoli distanti dalla sede di iniezione.
Valutazione del tono muscolare dopo stroke: https://youtu.be/KnEaBGNjH7w?si=8YTz_17aVxuzDMzt
EMIPLEGIA
I segni a cui bisogna stare attenti sono: faccia tendente verso il basso da un lato, uno degli arti non funziona bene → si devono
subito chiamare i soccorsi perché “time is brain”: minore è il tempo di ricovero in una stroke unit e maggiore sarà l’autonomia
successiva del paziente. Il paziente con stroke viene ricoverato nelle stroke unit, delle unità in cui è presente un equipe
multidisciplinare specializzata nel trattare un paziente con stroke → inizialmente il paziente deve essere trattato
farmacologicamente: se c’è stato un trombo si deve effettuare un trattamento di trombolisi e successivamente deve essere
stabile dal punto di vista clinico, prima che noi iniziamo il nostro trattamento.
Per EMIPLEGIA si intende una sindrome caratterizzata dalla paralisi più o meno completa di metà del corpo. L’emiplegia è una
sindrome caratterizzata clinicamente da deficit dell’attività motoria volontaria di una metà del corpo che sopravvive in seguito
ad una lesione situata generalmente nell’emisfero cerebrale opposto all’emisoma plegico, oppure nel tronco dell’encefalo
sempre controlateralmente. Quasi mai l’emiplegia si presenta allo stadio di pura invalidità motoria. La lesione del SNC in grado
di determinare un quadro di emiplegia può essere localizzata:
• Nella zona corticale dell’emisfero, con eventuale estensione ad una porzione sottocorticale.
• Nella capsula interna.
• Nel tronco dell’encefalo.
Tipologie di emiplegia:
• Emiplegia da lesione cortico-sottocorticale: l’emiplegia compare nell’emicorpo opposto al lato della lesione
emisferica, dato che le fibre del fascio piramidale si incrociano all’altezza dei piedi del ponte.
• Emiplegia da lesione capsulare: senz’altro è la forma più frequente di emiplegia ed ha quasi sempre una base
vascolare. In questa struttura di transito le fibre si addensano notevolmente, per questo in caso di lesione anche
minima è in grado di produrre un’emiplegia invalidante.
• Emiplegia da lesione del tronco dell’encefalo: l’emiplegia controlaterale rispetto alla se
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